C'è chi è costretto ad andarsene in Friuli come Iamunno: «Spero che le mie figlie riportino Albatros in Ciociaria». E c'è chi riesce a restare nel Lazio, come Borgomeo, con un'ulteriore trasformazione di Grestone. Arriva la Zes del Sud, avvisa Ottaviani, «ma non aiuta il Basso Lazio». Marrazzo torna in tv: «Ci si dimette dalla Politica, ma non dal pensiero politico».
Un imprenditore che ha lasciato suo malgrado il Lazio per andarsene al nord. Ma che chiede alle figlie di riportare l’azienda al Sud. Sì, perché anche le province di Frosinone e Latina dovrebbero essere nel Mezzogiorno. Economicamente parlando. Soprattutto dopo aver visto il vicepresidente di Unindustria Gerardo Iamunno andarsene in Friuli. Ed essere accolto e sostenuto dalle Istituzioni locali. Nel Lazio, tipo butterfly effect si è scatenato un altro terremoto industriale. (Leggi qui Gerardo Iamunno se ne va, “In Ciociaria non si può fare industria”).
Anche il Basso Lazio è a tutti gli effetti Sud: ma non per la neonata Zes, la Zona economica speciale che dispensa contributi e sburocratizzazione in otto regioni. Ma non a favore della Ciociaria e del Pontino. Perché fanno media con la Capitale, tra l’altro bella pronta alla doppia sbornia finanziaria del Giubileo 2025 e dell’Expo 2030. Il Basso Lazio, suo malgrado non è zessato come i vicini di casa Abruzzo, Molise e Campania. E questo significa una sola cosa: che se nessuna modifica verrà introdotta durante il dibattito parlamentare, le imprese avranno tutto l’interesse a lasciare Ciociaria e Pontino per spostarsi di pochi chilometri oltre il confine. E lì usufruire di sconti e benefici.
Lo mette al centro della discussione, visto che la Zes è stata finora in sordina, Nicola Ottaviani: il due volte sindaco di Frosinone diventato Segretario della Commissione Bilancio alla Camera. Ormai volto televisivo della Lega: è lui a spiegare l’economia secondo il Carroccio a SkyTg24, TgCom24, RaiNews.
Apprezza e condivide le sue preoccupazioni, nonché le sue considerazioni generali, anche Piero Marrazzo: uno che la Politica l’ha vissuta sia da giornalista che da presidente di Regione. E la continua a vivere nel Giornalismo come nel Privato, «perché ci si dimette dalla Politica, ma non dal pensiero politico».
Grestone resta a Roccasecca
Ad accoppiarli, l’uno in studio e l’altro collegato, la prima puntata della nuova e caustica stagione di “A Porte Aperte“: spalancate dal direttore Alessio Porcu dopo quattro stagioni di disintossicazione catodica e conduzione affidata nel frattempo a Fabio Cortina. Anche con una lieta notizia: la proprietà di Saxa Grestone, nel corso della riunione con Regione, Sindacato e Lavoratori, conferma l’intenzione di restare a Roccasecca.
Non mancano nemmeno le pillole (d’idrogeno), ma neanche le bacchettate, del professor Paolo Vigo, rettore emerito dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale (Unicas). Nonché metrologo di fama mondiale: uno che ha semplicemente risolto il contenzioso Eni-Gazprom. Si è parlato di politiche industriali, investimenti e prospettive, più che altro della non-politica industriale, anche con un altro ospite collegato da Roma con gli studi di Teleuniverso: Cesare Pozzi, docente di economia applicata alla Luiss, esperto in crisi industriali ed energetiche.
Il professor Pozzi, in generale, la dirà semplice semplice: «L’Italia dovrebbe fare 2.500 miliardi di Pil, ma al 2022 ne fa 1.900 – sbotta il professor Pozzi -. Quindi siamo sotto di 600 miliardi. Dove trovarli appartiene alla visione». Dalla Regione, nel mentre, tornavano gli operai della Saxa Grestone di Roccasecca con Sandro Chiarlitti, il segretario della Filctem Cgil Frosinone e Latina. Dopo che avevano discusso del futuro della leader del sampietrino green, già Ideal Standard. C’è in ballo un’ulteriore trasformazione: per ora senza delocalizzazione. (Leggi qui Mattarella, l’asse Roma-Berlino e la Germania dei “conti truccati”).
Iamunno l’emigrante
L’apertura è stata d’impatto. Il format quest’anno prevede che il pugno nello stomaco sul quale avviare la discussione arrivi a freddo: prima della sigla. Così, si parte dal collegamento con Spilimbergo ed il nuovo ufficio occupato da Gerardo Iamunno: nocerino di nascita, trent’anni a Paliano dove ha fatto grandi la Gran Tour e la Rain Box. Andatosene via perché stanco di combattere contro la mala burocrazia del lazio mentre in Friuli le firme arrivano in orario.
«Parliamo dei lacci e laccioli della burocrazia – dice Iamunno -. L’imprenditore dovrebbe parlare di sviluppo e avere visione. Misi la mia azienda dove mi dissero e solo dopo scoprii che lì non avevamo né l’acqua potabile né le fogne. Solo pochi anni fa abbiamo avuto la linea telefonica, mentre fino a quel momento siamo andati avanti con le parabole. Un’azienda, con queste grosse difficoltà, non riesce a entrare nei nuovi mercati. Non riesce a stare al passo con i concorrenti. E oggi, con la digitalizzazione, dobbiamo combattere con il mondo».
All’imprenditore Iamunno, Ceo di Albatros, è stato contestato anche il cartello stradale con l’indicazione per il suo stabilimento. Si è preso anche una multa per inquinamento luminoso per via dei lampioni tra il verde aziendale: erano uno spettacolo architettonico quando si passava in autostrada di notte. Lecito, rigoroso, il classico pelo nell’uovo. Ma poi, quando è l’industria a dover avere, esce fuori sempre qualche problema.
Da Frosinone a Pordenone
Iamunno ha messo da tempo nel mirino il mercato globale. La Gran Tour ha partecipato alle fiere internazionali dopo aver ottenuto la garanzia del sostegno della Regione Lazio per l’internazionalizzazione. Peccato però che nelle foto portate a dimostrazione della missione non fosse inquadrato l’amministratore al suo stand. È per questo motivo infatti che il controllore regionale non gli ha liquidato il rimborso previsto.
Avrebbe potuto rifarsi con il riconoscimento degli interessi sulle somme investite nel miglioramento dell’azienda. Lo disponeva un bando regionale. Invece no. «Dalle banche mi avevano ormai dato il benestare per il credito – racconta l’ancora presidente della piccola industria di Unindustria – ma alla fine la Regione me lo ha negato facendo notare che la sede legale era nella mia città d’origine a Nocera. Ho fatto presente che l’unica mia sede produttiva era a Paliano e non ne avevo nessun’altra. Che i miei dipendenti erano tutti del Lazio, pagavo le tasse nel Lazio. Nulla da fare. Per loro la mia sede era in Campania».
È da lì che una trentina di anni fa aveva trasferito la sua azienda di mobili da bagno di design italiano. È da Paliano che ora se n’è andato a Spilimbergo. Col senno del poi, di cui sono notoriamente piene le fosse industriali, sarebbe stato meglio rimanere in campania: oggi è nella Zes.
«Ragazze, riportatela in Ciociaria»
Iamunno, quando ha tenuto la conferenza stampa pura (con i soli giornalisti), si è ritrovato seduto al suo fianco Massimiliano Fedriga, Michelangelo Agrusti, Sergio Barel, Enrico Sarcinelli e Renzo Francesconi. Ovvero il presidente della Regione Friuli venezia Giulia, di Confindustria Alto Adriatico (Gorizia, Pordenone e Trieste) e del Consorzio Industriale Ponte Rosso, nonché il sindaco nuovo e pure quello vecchio.
«Un imprenditore firmerebbe per fare azienda nel Lazio in tre anni – esterna Iamunno -. Nel Friuli, se fai una richiesta, viene vagliata al massimo entro sei mesi». Eppure ha mantenuto la residenza nella regione che lo ha adottato ed è stata ricambiata. «Sono innamorato del Lazio ed ancora vicepresidente di Unindustria. Io ho due figlie che sono innamorate del lavoro del papà. Questa scelta è stata fatta proprio per non fermare le aziende. Le ragazze mi devono promettere che le riporteranno nel Lazio».
Le Iamunno si chiamano Susanna e Rita, l’una laureata in marketing e l’altra in graphic and design. A loro la missione futura di riportare l’Albatros in Ciociaria.
Non economicamente speciali
L’onorevole Nicola Ottaviani, che ha coniato la Ciociarità, crede che «la Politica debba svolgere un ruolo proposito e non d’interdizione, per fare riferimento anche al parallelo calcistico. Ossia allenare le risorse disponibili sul territorio. Ma soprattutto deve essere capace di intercettare i cambiamenti che si vanno a prospettare di volta in volta all’orizzonte».
L’ex sindaco del Capoluogo ciociaro sfrutta volentieri il parallelo con il Frosinone sesto in Serie A, ma tifa anche per l’area vasta con Latina. Non parlategli del Decreto Zes: «Di fatto aiuta il Sud – attesta Ottaviani – ma non le nostre due province del Lazio Meridionale». Dal 2024 ci saranno sgravi burocratici e fiscali in Abruzzo, Molise e Campania, ma non nel Basso Lazio. Avezzano, Isernia e Caserta sono “speciali” e Frosinone no: a un’ora di macchina.
«Che sia un primo punto di riflessione – auspica Ottaviani – da cui partire per coinvolgere tutte le forze industriali, sindacali e professionali, anche del volontariato. E cercare di trovare un allargamento delle Zes, non semplice dal punto di vista normativo. O un nuovo strumento che sia di compensazione rispetto a due province che rimangono schiacciate tra due pressioni di carattere economico-finanziario». L’occasione, volendo, sta per arrivare. (Leggi qui: (Leggi qui Mattarella, l’asse Roma-Berlino e la Germania dei “conti truccati”).
Le porte di Marrazzo
Piero Marrazzo torna in tv… “A Porte Aperte“. E, se si parla di Lazio, non si può non parlare di Sanità. È stata lei a condizionare tutte le scelte: perché Marrazzo prima, Polverini poi, Zingaretti dopo ancora, si sono trovati a dover gestire un buco da dieci miliardi. Fino a quel momento i conti delle Asl non entravano nel Bilancio regionale; poi la riforma lo ha imposto ed il Lazio s’è trovato a dover gestire quel cratere che doveva essere fermato e poi poco alla volta riempito.
«Io ho governato insieme ai territori – ricorda Piero Marrazzo -. Facemmo sistema anche con gli industriali, gli imprenditori, i sindacati. E ho sempre pensato che Frosinone fosse una provincia con grandi originalità che potessero dettare una linea politica assieme a Roma».
«Oggi sono nel Consiglio d’amministrazione di una grande azienda napoletana che agisce sul territorio nazionale a livello di ingegneria di software – dichiara Piero Marrazzo -. Vedo scenari incredibili. Nell’Università di Cassino abbiamo la necessità di guardare a quindici anni. Si devono fare le battaglie di cui parla l’avvocato Ottaviani, ma allo stesso tempo dobbiamo capire dove va a finire il mondo».
Questione di visione
Ci sono vertenze industriali nuove e vecchie. «Penso ai lavoratori appena tornati da una battaglia sindacale – così a tal riguardo – ma bisogna guardare come potrebbe e dovrebbe essere la realtà del Lazio meridionale». È la visione che c’era all’epoca del Governo regionale Marrazzo quando venne realizzato il casello autostradale di Ferentino, da e verso la zona industriale del Frusinate e la superstrada per Sora.
Già si immaginava la Stazione dell’Alta Velocità. Si immaginava la creazione di un aeroporto che oggi sappiamo, come da sentenza della Corte d’appello di Roma, si poteva fare. In compenso però questo territorio sta per veder nascere a Cassino la prima Gigafactory del Centro Italia: anche e soprattutto grazie al polo di ricerca dell’università di Cassino. Ma anche una Valle dell’Idrogeno capace di rendere competitivo tutto il tessuto idustriale frusinate. (Leggi qui Con un piede nel futuro per cancellare il passato .
Tav, idrogeno e burocrazia
Il professor Paolo Vigo, uomo di ricerca, ricorda che era «d’accordo con Marrazzo per la fermata Tav, fondamentale, come sta dimostrando». Non si sa ancora quando, ma si farà. Come confermato dalla Giunta Rocca, di Centrodestra, dopo l’indirizzo della Giunta Zingaretti, di Centrosinistra.
«Ora la chiave di volta è l’idrogeno, facilmente producibili attraverso elettrolisi dell’acqua – somma il Rettore emerito dell’Unicas -. Si aggiunge al metano con due vantaggi: dal punto di vista energetico, superiore al 50%, e ambientale, producendo vapore acqueo». (Leggi qui Tav, Rfi conferma alla Regione: “È tutto vero” e poi qui Una Hydrogen Valley per le industrie di Frosinone).
Il professor Cesare Pozzi, uno che confronta scientemente teoria, pratica e costi-benefici, non ci ha girato troppo intorno: «È paradossale il legame instaurato tra un certo modo di fare politica e la burocrazia, perché si pensa alla politica come un mercato e alla burocrazia non come strumento per la comunità ma gruppo di persone autoreferenziali».
«Pnrr? Fondi presi solo da Italia»
Il nostro problema gigantesco? Lo spiega così: «I fondi del Pnrr sono importanti, ma pur sempre 190 miliardi rispetto ai mille di spesa pubblica. Ci accorgiamo che quei soldi li ha presi solo l’Italia. Siamo gli unici furbi? L’Europa è una locomotiva che si pensava anni fa dietro a una Germania da far diventare primo paese al mondo. Ma dal 2017 è un crollo: non dal Covid, non dalla guerra».
La struttura è cambiata e bisognerebbe rivedere l’Europa. «L’Italia, grazie alla sua storica ingegnosità, stava nei mercati internazionali – mette in parallelo, senza troppi veli, Pozzi -. Oggi è diventata un Paese di terzisti, una comunità che produce componentistica di ottima qualità a un prezzo basso fondamentalmente per la Germania, l’unico paese esportatore. Il deficit commerciale dell’area euro è un problema immenso».
Verso la Germania, che si faceva un po’ i conti come le pareva, è partita la stilettata del deputato Nicola Ottaviani: «Su tutta la stampa internazionale passa in secondo piano anche la notizia che la Corte dei Conti tedesca ha detto i conti della Germania sono stati falsificati. Quella stessa Germania che per anni ha portato avanti il mantra del patto di stabilità, che rischia di terminare il primo gennaio, e verificava i conti degli altri».
Prestato al giornalismo, non alla politica
Piero Marrazzo si toglie qualsiasi maschera: «Non sono mai stato prestato alla politica, perché il grande giornalista era mio padre Giuseppe, morto di malattia altrimenti sarebbe stato ucciso dalla mafia, come testimoniato da Brusca al Processo Pecorelli – tiene a precisare -. Sono stato formato per fare politica, nella Giovanile socialista. E ho fatto tanto Politica con una piccola componente di un grande politico».
Si è dimesso dalla Politica, ma non dal pensiero politico. «In Israele c’è un numero di start up pari a quelle in tutta Europa – taglia corto -. Il professor Pozzi ha fotografato una situazione fortemente condizionante, ma c’è un convitato di pietra. Ci sono momenti in cui non basta fermarsi a essere solamente notai e ragionieri, ma la politica deve avere la visione e cercare di guardare anche qualcos’altro in più».
C’è anche il contributo del professor Vincenzo Formisano, economista dell’Università di Cassino, presidente della Banca Popolare del Cassinate e vicepresidente di Assopopolari: l’associazione nazionale che unisce la sua Popolare alle altre. «Stanno passando in silenzio alcune delocalizzazioni della componentistica dell’automotive – allerta -. Quindi non preoccupiamoci solo dell’assemblaggio dei modelli, ma anche di tutto quello che c’è dietro un’automobile, delle sue diecimila componenti e dove vengono prodotte».
Lanciare i componenti a Jeeg Robot
Nel Cassinate, che storicamente lancia i componenti a Jeeg Robot (Fiat-Fca-Stellantis), inizia a smontare tra le altre anche una storica azienda della componentistica. Renato Clemente, proprietario dell’ultraventennale Laziale Interni Auto (Lia), lavora nell’automotive da ormai quarant’anni. Con altre aziende fino al 2000 e poi la creazione di Lia: con stabilimenti anche a Villa Santa Lucia, sempre nel Cassinate, ma anche inVal di Sangro. Per l’esattezza a Paglieta, in provincia di Chieti: quella, sì, nella Zes.
«Abbiamo cento dipendenti tra tutte e tre le aziende, ma stiamo pensando di andare all’estero perché qui la manodopera ha un costo elevato e non riusciamo più a sostenerlo – racconta l’imprenditore di Cervaro -. Siamo costretti a pensare a qualcosa di diverso dalla nostra azienda madre. Abbiamo preso contatti in Africa, ma non lasciamo l’Italia. Sono nato nella provincia di Frosinone e non voglio assolutamente perderla. L’estero ci consente di prendere la manovalanza, non la specializzazione e la professionalità». Sempre a proposito dell’ingegnosità dell’Italia che un tempo pagava e oggi fa le valigie.
Un altro imprenditore, come tanti, che non se ne vorrebbe ma non riesce più a sopportare gli extracosti e le scarse incentivazioni statali. La Lia non allarga nel Lazio, ma raggiunge lidi più convenienti: dopo l’est Europa, ora va tanto l’Africa.
Grestone: piano da 70 milioni
Vorrebbero continuare a lavorare nella provincia di Frosinone anche i lavoratori della Grestone di Roccasecca.
C’è un piano industriale da ben 70 milioni di euro per la riconversione, ma la cassa integrazione scadrà tra poco. Il sindacalista Sandro Chiarlitti lo mette in chiaro: «Non c’è nessuna intenzione di abbandonare questo stabilimento ed è l’obiettivo di tutti – annuncia in anteprima -. La volontà della proprietà, emersa durante l’importante vertice in Regione, è il completamento del progetto industriale su Roccasecca». L’imprenditore Francesco Borgomeo, presidente di Unindustria Cassino, ha assicurato una rivoluzione consentita dall’ingresso di un’azienda partner.
«Darà nuovo vigore allo stabilimento e questo scenario dovrà concludersi entro la fine dell’anno – riporta Chiarlitti, segretario della federazione per il comparto manifatturiero della Cgil -. Probabilmente lo stabilimento riprenderà la definizione degli investimenti già dal gennaio 2024». Sulla cassa integrazione, intanto, si lavorerà nei prossimi giorni. C’è tempo fino al prossimo 22 novembre: mancano ormai solo due mesi.
«Abbiamo interessato sia la Regione che il Ministero – aggiunge Chiarlitti a tal proposito -. Ci sarà una riunione tecnica nelle prossime settimane per il percorso degli ammortizzatori sociali. Ma quello che ci interessava di più era il completamento del progetto RoccaSexa, che ora passerà per un fondo finanziario dentro Saxa Gres. Verso la fine di ottobre si dovrebbe sapere il nome, visto che c’è stata già la manifestazione di interesse».