Cosa resta dell’Abruzzo e cosa sarà utile ad Abruzzese per andare a meta

Voto regionale archiviato con i Partiti che tirano le loro somme. E con la Lega che mai come ora ha bisogno di uomini dei territori.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il voto regionale in Abruzzo ha dato indicazioni precise, non se ne esce. Il campo largo è ancora tutto da settare in quanto ad omologazione e quindi vince solo dove non ha contro candidati “forti” del destracentro. E l’alleanza di governo FdI-FI-Lega può ancora calare briscole di continuità vittoriosa sia pur in un contesto già da “luna di miele attenuata”. Su un piano più settato sui Partiti ma comunque inserito in uno scenario di contesto i dati chiave sono stati due.

Giuseppe Conte deve fare i conti con la scarsa propensione alla territorialità di un Partito ex Movimento che però in logistica capillare tanto ex non lo è. Perciò ha pagato pegno. E Matteo Salvini ha rallentato l’asfissia di un Partito, la sua Lega, che invece inizia a pagare pegno ad una leadership non più così salda. Non esistono uomini buoni per tutte le stagioni: Salvini è l’uomo che ha salvato la Lega ormai al collasso dopo gli scandali del trota e dei diamanti, ora la situazione richiede un uomo di manovra e di amministrazione.

Il dato è che la Lega sta benino, è la Lega salviniana che traballa e che pare attorniata dai tipi rabbiosi del Bounty alla Fletcher.

Carroccio sbilenco ma non fermo

Marco Marsilio

Ma in Abruzzo il Carroccio questo salto all’indietro non lo ha fatto al punto a offrire il varco definitivo ad un rovesciamento di potere. In Sardegna era arrivato nei paraggi di un lugubre 3%, nella regione che guiderà ancora Marco Marsilio ci si è fermati ad uno sciapo ma non agonizzante 8%. Per il resto siamo sull’ovvio: Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni fa man bassa ma non più bassissima, il Pd perde ma cresce perché ha avuto uno sparring debole e perché Elly Schlein è più orientata sulla lotta nella polvere rispetto a quelle da salotto zen.

Forza Italia invece si conferma in piena e fulgida reanissance, con Antonio Tajani che benedice il berlusconismo proprio perché è riuscito a superarlo. I centristi di Azione ed Italia Viva poi si contendono briciole da training alla “comunque malemale non è andata”, ma sanno benissimo che la spallata al centro azzurro ed ex arcoriano non è arrivata. Il Italia i liberal moderati del centro sono rimasti forzisti, e crescono pure.

Le Europee per tastare i muscoli ai Partiti

Matteo Salvini a Firenze

A questo punto ed archiviato un voto fatto assurgere a livello di test nazionale per palpare i bicipiti dei partiti lo scenario si fa ampio. E serio, perché le Elezioni Europee, quelle che qualcuno ha definito “il girone di ritorno della Politiche”, sono alle porte. Lo sono per dinamiche da campagna elettorale attiva e lo sono nelle caselle concettuali di una griglia di partenza delle segreterie così come il voto abruzzese le ha lasciate. E sono caselle che potranno/dovranno fare cose multiple.

Cioè confermare/sovvertire/cesellare i rapporti di forza tra i partiti italiani, tra quelli coi cerotti e quelli con il serto. In particolare tra quelli che fanno capo alla “solitudine dei numeri secondi”, come li ha definiti Francesca Schianchi su La Stampa di oggi. Vale a dire il Movimento Cinquestelle di Giuseppe Conte e soprattutto la Lega targata Matteo Salvini. Lo scenario si allarga e si restringe al contempo, quindi, perché se è vero che la sfida che conta è per l’Europa è anche vero che per contare in Europa bisogna prima arrivarci.

E per arrivarci servono briscole di consenso tutte giocate sull’idoneità, più che sull’aura del partito di riferimento. Questo paradigma funziona benissimo per quei candidati che hanno dalla loro uno spessore personale ampio ed una precisa identità territoriale. Ma che in corso d’opera hanno visto magari i loro partiti perdere grip proprio con i territori.

Verso dove corre la “Supermario car”

Mario Abbruzzese a Montecatini Terme con l’assessore Alberto La Penna e molti amministratori

Perciò, nel salto concettuale dall’Abruzzo a Bruxelles si inserisce a pieno titolo il salto lunghissimo che sta facendo Mario Abbruzzese per provare ad agguantare un’elezione al Parlamento europeo in quota Lega. L’ex Presidente del Consiglio Regionale del Lazio sta manovrando proprio in questo senso. Quello per cui è necessario essere e rappresentarsi come molto di più delle astenie del Partito sotto la cui egida si corre. Uno insomma che di quelle percentuali bassine e di quel clima da lunghi coltelli è parte della soluzione, non fetta costretta a subire il problema.

Abbruzzese, che correrà nella circoscrizione dell’Italia Centrale, aveva avviato giusto alla vigilia del voto che ha il suo stesso cognome ma con una “b” di meno il suo tour elettorale in Toscana. Perfettamente concentrato sul suo target non ha lasciato margini a condotte anche solo comunicative multitasking.

“Aggiornamenti ogni 2/3 giorni”

Mario Abbruzzese ad Arezzo in compagnia dell’assessore Alessandro Casi, il consigliere provinciale Cinzia Santoni, l’assessore Alessandro Rivi, il consigliere Piero Perticai, il vicesindaco Lucia Tanti

Questa volta vuole che si sappia che lui c’è. E c’è per rappresentare i territori. È un messaggio che si innesta su quel profondo periodo di vuoto che è cominciato alcuni anni fa quando a rappresentare i territori sono stati sistematicamente paracadutati esponenti di altre aree.

In un video social ha promesso che terrà delle riflessioni ”ogni due o tre giorni, per tenervi aggiornati lungo questo straordinario viaggio verso l’Europa. Fuori dal provincialismo stretto: la dimensione ora è tutto il Lazio, con la Toscana, l’Umbria e le Marche.

In Toscana ha toccato tappe multiple. Ad Arezzo è stato in compagnia degli assessori Alessandro Casi ed Alessandro Rivi, del consigliere Piero Perticai, della vice sindaca Lucia Tanti e della consigliera provinciale Cinzia Santoni.

A Firenze, Livorno e Siena ha bissato, incontrando altri amministratori ed interfacciandosi con i territori. Lo ha fatto perché sono quelli il segreto di un approccio elettorale che sia concreto. E che scavalchi la narrazione di una Lega in affanno ai vertici che potrebbe far tracimare affanni sulla base attiva.

La chiave di tutto: i territori e chi li conosce

I territori e l’idoneità dei candidati a rappresentarli sono la nuova chiave di lettura di un Carroccio che proprio sulla territorialità primigenia si sta giocando la sua partita più delicata.

Foto: Mathieu Cugnot © Eu Press Service

E dopo l’Abruzzo è esattamente Abbruzzese uno tra quelli che restano in griglia di speranza per agganciare ogni singola realtà. Perché le Europee sono dietro l’angolo e perché “l’Europa dei territori” è una cosa che il candidato cassinate conosce bene. E’ quella per cui sindaci, famiglie ed imprese hanno bisogno di una quinta colonna dove si decide davvero.

Talmente bene da averla fatta diventare slogan per la sua corsa verso Bruxelles. La corsa di Mario e della Lega, ma con le gambe del primo che in parte e per obiettivo comune portano la seconda.