Zingaretti a brutto muso: il sindaco lo decidono i territori

Zingaretti bacchetta Base Riformista che aveva 'aperto' ad una candidatura di Calenda come sindaco di Roma. Nel Pd "Decidono i territori". E poi chiacchiericcio insensato su retroscena inesistenti. Nel M5S cresce la fronda anti Raggi bis. La sindaca convoca il MoVimento su Zoom. Mentre Calenda attende.

A brutto muso e senza possibilità di mediazione: Nicola Zingaretti risponde al fronte interno dei diversamente renziani di Base Riformista. Sono loro ad avere fatto un’apertura di credito a Carlo Calenda come possibile sindaco di Roma. Il Segretario nazionale del Pd risponde nel suo stile: “Voglio ringraziare Enzo Amendola, che oggi, con la saggezza che gli è riconosciuta, ha detto l’unica cosa sensata in questo delirio di chiacchiericcio e retroscena inesistenti. Il candidato sindaco di Roma lo decideranno i dirigenti e i cittadini romani nelle forme e nei modi che riterranno opportuni, in modo trasparente e autorevole”. Chiacchiericcio insensato su retroscena inesistenti: nel vocabolario di Zingaretti siamo quasi al turpiloquio. (Leggi qui Il fronte interno di Virginia. Calenda attende i numeri).

La controffensiva

Giovanni Zannola

È chiaro che quella di Base Riformista sia una manovra con cui indebolire il Segretario nazionale. Cercando di imporre un sindaco che sia estraneo al Partito, ostile al Pd su alcuni temi: come il dibattito con il M5S. Più vicino a loro che al Governatore del Lazio.

Nelle ore scorse c’erano state le sortite dei sindaci Giorgio Gori (Bergamo), Emilio Del Bono (Brescia). Sui canali social avevano scritto che “viste le condizioni in cui la città è ridotta, la prima qualità richiesta ad un candidato sindaco di Roma dovrebbe essere la capacità di gestire situazioni molto complesse. Su questa base, la disponibilità di Carlo Calenda andrebbe accolta dal Pd come un’insperata buona notizia“.

La risposta arriva da Giovanni Zannola, Consigliere capitolino del Pd. “Non si capisce perché mai Giacomo Portas, torinese, Giorgio Gori, bergamasco ed Emilio Del Bono, bresciano, vogliono spiegare a noi romani e farci la lezioncina su chi dobbiamo candidare e eleggere sindaco“.

Ma soprattutto c’è il riferimento fatto dal romano Nicola Zingaretti alla “scelta dei romani“: non è solo una difesa della romanità, è la difesa del Pd nuovo che non cala più i candidati dall’alto ma li lascia decidere ai territori. Cittadini ed organi locali del Partito.

La dottrina Zingaretti

Nicola Zingaretti Virginia Raggi Foto © Imagoeconomica / Rocco Pettini

La linea di Nicola Zingaretti sulle candidature è chiara da tempo. È esattamente l’opposto di quella che ha determinato il declino dei Ds, la nascita di fenomeni come Lega e Movimento 5 Stelle. È la strada che a suo tempo indicarono sindaci come Massimo Cacciari a Venezia, Antonio Bassolino a Napoli, Sergio Chiamparino a Torino. In pratica: un Partito a due livelli, quello nazionale detta le strategie ma poi sono i livelli locali a decidere sulle candidature e le alleanze territoriali.

Per Nicola Zingaretti l’ultima parola spetta ai territori. E tutti devono esprimersi: dai dirigenti agli iscritti, dai militanti agli elettori.

I candidati sindaci si scelgono nelle città tra gruppi dirigenti e ascoltando i bisogni dei dirigenti locali e delle persone. Mi affido alle decisioni dei dirigenti locali“, spiega il ministro Enzo Amendola. Ecco perché il Segretario nazionale lo aveva ringrazianto parlando di proposta sensata.

In questo modo si disinnesca il gioco delle correnti. È per questo che Giovanni Zannola invita i “solerti tuttologi a piantarla, immaginando cosa sarebbe accaduto al contrario. Giù le mani da Roma che non merita di essere oggetto degli interessi di corrente“.

Variabili multiple

Virginia Raggi. Foto © Leonardo Puccini / Imagoeconomica

La scelta del candidato sindaco di Roma al momento è un’equazione con troppe incognite e troppe variabili aperte.

Ad esempio, non si sa ancora se alla fine ci sarà o meno un dialogo con il Movimento 5 Stelle, all’interno del quale monta la fronda anti Raggi bis. È in atto un pressing sulla sindaca per convincerla a fare un passo indietro. Tra il M5S ed il Pd, su Roma c’è solo lei a fare da ostacolo.

Una soluzione potrebbe arrivare dal Congresso del Movimento, o come viene chiamato dal M5S gli Stati Generali dovranno eleggere una Segreteria politica che guiderà il Partito.

Il Pd non sosterrà mai Virginia Raggi. Ma su un dialogo con il MoVimento il clima è cambiato. Come conferma l’intevento fatto in queste ore dalla consigliera dem nel parlamentino del Lazio, Michela De Biase. Dice: “Virginia Raggi valuti se fare un passo indietro per favorire un’intesa tra il Pd e il M5s su Roma, in linea con quanto dichiarato da Luigi Di Maio, che per le prossime amministrative ha proposto un accordo organico delle forze di governo, senza fossilizzarsi sui nomi“.

La difesa di Virginia

Paola Taverna © Imagoeconomica, Stefano Carofei

La sindaca tenta di resistere. In serata ha riunito su Zoom l’Assemblea del M5S di Roma, con consiglieri ed attivisti. ma soprattutto con i leader dell’ala più radicale: Paola Taverna e Alessandro Di Battista.

Ma intanto il mondo del centrosinistra inizia la sua manovra. Il Segretario del Pd di Roma Andrea Casu ha convocato per mercoledì il tavolo con gli alleati. Si inizia a mettere mano al dossier candidato. Reita l’ordine del giorno “Definizione dello schema politico per il Campidoglio ed una possibile data per le eventuali primarie”.

È logico che a quel tavolo il MoVimento non ci sarà: il Pd è all’opposizione della sindaca Virginia raggi. Ma se il Congresso grillino dovesse cambiare la linea allora si potrà pensare ad una seconda riunione da tenere all’inizio del nuovo anno. Covid permettendo.

L’attesa di Calenda

I protagonisti delle Comunali di Roma

Carlo Calenda intanto osserva. Attende i risultati dei sondaggi che ha commissionato. Sono attesi per mercoledì. Sulla base di quei numeri deciderà se correre, se farlo da solo, se trovare un intesa con Italia Viva ed altri pezzi di centrosinistra.

Continua la sua battaglia identitaria. Non abbassa i toni nei connfronti del Pd. “Vari articoli e retroscena questa mattina spiegano che un appoggio alla mia eventuale candidatura da parte del Pd dipende da un mio ‘ammorbidimento dei toni verso il governo’. Penso sia bene chiarirsi prima: non esiste“,