Fischi e fiaschi della XLVII settimana 2022

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XLVII settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni.

Fischi e fiaschi: i fatti centrali ed i protagonisti della XLVII settimana 2022. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nei prossimi giorni.

FISCHI

RUSPANDINI – OTTAVIANI – DE ANGELIS

Hanno portato la trattativa per le elezioni Provinciali esattamente dove volevano loro. Ad una sfida a tre nella quale ognuno degli schieramenti ha la possibilità concreta di giocarsi la partita. Ma gli onorevoli Massimo Ruspandini (FdI), Nicola Ottaviani (Lega) e Francesco De Angelis sanno benissimo che la vera sfida non sarà quella tra gli aspiranti presidente Gino Germani (Sindaco di Arce), Riccardo Mastrangeli (sindaco di Frosinone) e Luca Di Stefano (sindaco di Sora). La vera sfida sarà quella per il loro futuro politico. Perché per ognuno di loro passa attraverso queste Provinciali.

Massimo Ruspandini è quello che in questa partita ha capitalizzato al massimo il suo patrimonio. Si è seduto al tavolo con due soli sindaci su 91 Comuni (Ceccano e Patrica) e si alza con un candidato presidente (Germani) che sostanzialmente ha contribuito ad individuare e non ha subito. Ma la sua vera partita è all’interno di FdI e del centrodestra: ha dimostrato la solidità del Partito e l’unità delle varie anime intorno al suo progetto. Ora si gioca la carta della leadership nella coalizione: per lui è inaccettabile che la Lega, con appena l’ì8% dei voti alle Politiche, possa avere il Capoluogo e la Provincia. Vincere le Provinciali per lui significa battere la Lega di Nicola Ottaviani che fino ad oggi ha avuto l’iniziativa. E con il 30% del consenso popolare gli è intollerabile.

Nicola Ottaviani… vedi sopra. Ma con alcune differenze sostanziali. Ha saputo piallare gli spigoli che rendevano a tratti complicato il dialogo con l’ala di Pasquale Ciacciarelli. Il che gli ha portato in dote la lunga lista di sindaci ed amministratori sulla quale può contare l’ex coordinatore azzurro ora sul Carroccio. Pure per Nicola Ottaviani la vera sfida è per il mantenimento della leadership nella coalizione. E per dimostrare ancora una volta ai livelli nazionali la sua abilità strategica. Vuole dimostrare che quel manipolo di voti gli basta per conquistare Capoluogo e Provincia, non concedendolo ad un ‘alleato’ che veleggia oltre il 30%.

Francesco De Angelis si gioca l’ennesima partita della vita. È di fronte al centesimo assedio alla sua leadership. Questa volta è il più massiccio da anni: si sono unite le spinte degli ex margheritini di Antonio Pompeo ed i sudisti di Enzo Salera. La realtà è che Francesco De Angelis voleva arrivare ad un confronto con loro, una conta sul terreno, anteprima di quanto accadrà tra un paio di mesi con le Regionali. E di quanto accadrà poi per il governo del Pd. Tutti si stanno giocando tutto: se Pompeo perde la partita sa che le Regionali saranno in salita, se la perde Salera non potrà dire nulla di fronte ad un patto civico contro di lui alle prossime Comunali di Cassino con centristi e Dem di De Angelis a barrargli la via della rielezione. Se le perde De Angelis è il crollo di un sistema.

Elezioni nelle elezioni.

MASSIMO GIUSTIZIERO

Quella che è appena trascorsa è stata la settimana con in mezzo il 25 novembre ed il 25 novembre non è solo un mese a Natale, è la giornata che l’Onu ha dedicato all’eliminazione della violenza sulla donne. Tanto bene l’abbiamo recepita noi italiani questa necessità che nei primi mesi del 2022 di donne da noi ne sono morte ammazzate oltre cento.

E il problema non sono solo i dati crudi ed orribili e lo spirito indomito ma a volte vacuo delle “Giornate contro”, il problema è la mano della società e dello Stato sulla spalla di chi la violenza su una donna l’ha vissuta, come vittima di “seconda scelta” magari.

Vittima come vittime sono stati i figli di Zsuzsanna Mailat, sventrata a coltellate dal marito del 2020 sotto gli occhi della maggiore di loro che all’epoca aveva 15 anni. Ad uccidere la donna suo marito nel solito contesto di una separazione con esito macellaio. Gianluca Lupi ammazzò a Milzano la sua quasi ex e i tre figli si ritrovarono senza madre perché morta e senza padre perché in galera.

Soli. Talmente soli che Massimo Giustiziero, sindaco di quel paesino in provincia di Brescia, da allora si è fatto carico di tutte le spese legate al loro sostentamento, della loro vita quotidiana e della loro istruzione. E’ il Comune che sta pagando ogni cosa ed è il responsabile di quel Comune che ha puntato il dito contro uno Stato ed una società che hanno fatto capolino sull’orrore di Milzano giusto il tempo di prendersi un po’ di riflettori mediatici.

Poi sono spariti tutti, tutti tranne Massimo Giustiziero e loro, i tre figli di una donna ammazzata e di un padre femminicida. E il sindaco ha puntato il dito contro quelli che si sono presi un morso di fama social giovedì scorso ma hanno dimenticato che il segreto del fare sta nella continuità e non nell’exploit.

A parte qualche raccolta fondi nei giorni successivi, nessun politico o istituzione si è fatta avanti per aiutarci. Abbiamo fatto una raccolta straordinaria in cui il paese ha risposto benissimo. Fin da subito sono intervenuti i servizi sociali”. E in chiosa: “Quando abbiamo messo subito i piccoli in comunità il Comune ha coperto tutte le spese. Abbiamo aperto un fondo anche nei mesi successivi l’omicidio ma non è servito a molto. Spenti i riflettori mediatici sul caso, sono rimasto da solo a gestire tutto. Senza nessun tipo di aiuto economico dallo Stato”.

Perché a volte in Italia lo Stato quello fa: celebra le Giornate ma non vive i giorni. E sbaglia.

Cognomen omen.

FIASCHI

CLAUDIO FAZZONE

Abilissimo. E spietatissimo. In politica nessuno gli ha regalato nulla. Ha conquistato la sua posizione al vertice di Forza Italia nel Lazio solo con la sua abilità e la sua capacità di organizzare, attrarre consenso e voti, scegliere gli uomini giusti da lanciare come sindaci di piccole e grandi città. E loro vincono. Portando altri voti ed altro consenso a quel sistema.

Il senatore Claudio Fazzone ha schierato la sua Forza Italia alle prossime Provinciali di Frosinone sul nome di Gino Germani: starà con Fratelli d’Italia. Non con la Lega, alla quale ha rimproverato la fuga in avanti compiuta da Nicola Ottaviani e Riccardo Mastrangeli. Bene, bravo coerente.

Poi però, appena girato l’angolo c’è un altro Claudio Fazzone. È quello che messo piede in provincia di Latina non sente storie e lancia la sua rivendicazione sulla candidatura a sindaco del Capoluogo. fatta con… una fuga in avanti. Tanto che nelle ore scorse sia la Lega che FdI hanno tuonato “Niente fughe in avanti”: a lui, a Claudio Fazzone, che aveva appena detto lo stesso a Frosinone a parti invertite.

Per Paolo Trancassini (FdI) «Credo sia chiaro oggi il ruolo che ha FdI. Mi pare che se si fa un ragionamento, a livello locale e nazionale, siamo la guida della coalizione. Ma questo non significa che ci si debba approcciare in termini percentuali. Latina è una piazza importante, e noi siamo convinti di poter esprimere non uno ma un ventaglio di candidati e siamo convinti che troveremo la quadra».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il coordinatore regionale della Lega, Claudio Durigon, secondo cui «non si dovrebbe partire da tocca a me o tocca a te: c’è bisogno di una persona di comprovata esperienza politica, per gestire la partita tutti insieme».

Fughe ad intermittenza.

MATTEO PIANTEDOSI

Matteo Piantedosi

L’impressione è che Matteo Salvini abbia talmente pestato i piedi in terra con Giorgia Meloni da far mettere al Viminale uno che: si chiamasse come lui, la pensasse come lui, fosse perfino più “ficcante”. Più ficcante perché alla fin fine mentre Salvini delle divise si metteva solo i berretti in testa lui, Matteo Piantedosi, dalla pubblica sicurezza ci viene davvero e non sulle card dei social.

Insomma, per dirla in vernacolo, il nostro è il degno erede dell’approccio “sbirro” che il suo mentore aveva reso famoso. E queste sue skill, sacrosante per certi versi, davvero grevi per altri, Piantedosi le ha esibite tutte nei giorni scorsi con una informativa al Senato sulla gestione dei migranti e sulle prerogative delle Ong che GI Joe scansatevi. Skill che hanno avuto riverberi anche per tutta la settimana ora agli sgoccioli.

L’esordio a Palazzo Madama è stato inattaccabile. Da specchiato esponente di un qualsiasi governo serio. Dicendo: “Non spetta ai trafficanti decidere chi può entrare“. Poi si è andati in crescendo di tigna e calando di buon senso. Su richiesta delle opposizioni dopo gli episodi al porto di Catania e le testate con la Francia sulla Ocean Viking Piantedosi ha ribadito che “noi dobbiamo governare le migrazioni, non subirle. E come ministro dell’Interno devo sempre considerare che la sostenibilità dell’accoglienza si misura anche con l’impatto della sicurezza nella nostra comunità”.

Bello, forte e di impatto, anche se quel “governare le migrazioni” sa un po’ di pungolo da bestiame. Poi la chiosa rossiniana. Piantedosi ha informato i senatori con il tono del supplente che ha trovato chi rubava i gessetti a ricreazione. Gli ha detto che la maggior parte delle persone che arrivano attraverso il Mediterraneo “sono principalmente migranti economici”. Ma va?

Come a dire che c’è una robusta fetta di migranti che, non potendo gestire dall’Africa le loro azioni Tesla, allora decidono di venire in Europa o in Italia perché da noi il wifi è più stabile e le transazioni con Wall Street si chiudono facili facili e salutamo quell’amicone matto di Elon.

Come a dire che la fame no, non è come la guerra e che il bisogno non è come la paura o che la morte è solo quella delle bombe e non quelle delle mosche sulle piaghe. Che Piantedosi ci creda o meno a quel che dice ed a quel che fa sarebbe ora che un attimo di agnosticismo se lo concedesse. Perché tenere a governo la sicurezza senza mandare ramenga la solidarietà si può e come.

Clone potenziato.

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