Lombardi e la partenza di Di Maio: ciaone

Nessun rimpianto. Per Roberta Lombardi la spaccatura nel M5S "è un altro momento di passaggio nella sua evoluzione”. Stilettata a Di Maio: "narrazione personale e autoreferenziale di un singolo individuo”. Zingaretti individua un segnale per il futuro: "ennesima conferma che è finito il tempo della cultura maggioritaria”. Vuola il ritorno al Proporzionale. E la fine delle coalizioni

Una bocciatura, senza riserve. La pasionaria del Movimento 5 Stelle Roberta Lombardi non ha dubbi su quanto sta accadendo in queste ore nel suo Partito. Il Gruppo in Regione Lazio è rimasto unito intorno a lei ed al capogruppo Loreto Marcelli (come anticipato ieri da Alessioporcu.it: Frusone con Di Maio, Segneri e Fontana con Conte. Nulla cambia in Regione).

Nicola Zingaretti traccia la linea dei totali. E dice che è «finito il tempo e la cultura del Maggioritario». Rilancia così il dibattito sul cambio della legge elettorale, teorizzando un ritorno al modello proporzionale: cioè quello con il quale è stata governata quasi tutta la Prima Repubblica.

Narrazione personale

Luigi Di Maio al Bristol (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Nel mirino di Roberta Lombardi c’è Luigi Di Maio. La differenza di visione in prospettiva tra i due è antica. C’è chi sostiene che lei sia finita in Regione Lazio proprio per non essere da intralcio all’allora astro nascente.

Una punta di aspro nelle parole dell’assessora regionale si percepisce. Cerca di non drammatizzare, dicendo che quello che sta accadendo in queste ore al MoVimento 5 Stelle è «un altro momento di passaggio nella sua evoluzione». Nulla di drammatico insomma. Anche se «Dispiace soprattutto per l’addio di tanti portavoce, molti ex colleghi e alcuni anche amici».

Il veleno è nell’espressione successiva, quando rimprovera a quegli amici «che hanno scelto di credere più nella narrazione personale e autoreferenziale di un singolo individuo che nel progetto collettivo e nel nuovo percorso di costruzione del M5S sui territori guidato dal presidente Giuseppe Conte».

Se ancora non fosse chiaro «Personalmente non credo nella narrazione messa in piedi da Luigi Di Maio sulla crociata per la difesa dei valori atlantisti ed europeisti». Perché è scettica? Perché «già erano insiti nella visione 5 Stelle portata in questi anni in tutte le sedi europee e anche ieri, ancora una volta, in Parlamento».

Se ne vanno? Buon viaggio

Roberto Caligiore e Roberta Lombardi

La capogruppo del M5S a Montecitorio che azzannò ai polpacci l’allora Segretario del Pd Pier Luigi Bersani nell’unica diretta streaming di quelle promesse dal MoVimento non ha rimpianti nel vedere andar via Luigi Di Maio e le sue truppe. «Non tutti i mali vengono per nuocere: a volte alcuni incidenti di percorso servono proprio a far emergere delle disfunzioni interne. Che solo così possono essere affrontate, sanate e superate». Morti. E sepolti. In un istante.

Nemmeno un ciao ciao con il fazzoletto. «La vera priorità d’azione ora è concentrarci sulle sfide del Tempo: far ripartire l’Italia mentre la guerra in Ucraina bussa alle porte dell’Europa dopo due anni drammatici di pandemia. E con una recessione in arrivo». Sono questi i problemi concreti per Roberta Lombardi.

I numeri però non lasciano molto spazio nemmeno a lei. Alle Comunali di Frosinone il M5S ha racimolato una percentuale da prefisso telefonico, nessuna rappresentanza in Consiglio. Nessun peso nella città. Nonostante cinque anni fa avessero eletto ben due consiglieri comunali. Entrambi fuggiti a gambe levate dal Movimento. «Il M5S deve proseguire il suo percorso di costruzione della rete sul territorio per dotarsi di un’organizzazione salda e capillare, valorizzando i nostri sindaci, portavoce locali e attivisti».

Sostiene che è arrivato il momento di puntare «sulla creazione di gruppi locali riconosciuti e spendibili sui territori. Una vera e propria operazione di radicamento. Questa è la strada da percorrere, avviata con fermezza dal presidente Conte».

Regione compatta, Campidoglio in silenzio

Virginia Raggi (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

La scissione di Luigi Di Maio non ha contraccolpi sul Lazio. Tutti i 7 consiglieri regionali stanno sulle linea del presidente pentastellato, Giuseppe Conte. Una posizione rafforzata già martedì sera dalle parole del capogruppo 5S alla Pisana, Loreto Marcelli: “Il gruppo M5S alla Regione Lazio sostiene in maniera convinta il presidente Giuseppe Conte“.

Rumoroso silenzio, per ora, invece dal Campidoglio. Dall’ex sindaca Virginia Raggi (nominata recentemente da Conte nel comitato di garanzia nazionale) a Paolo Ferrara (che più di qualcuno dà in procinto di candidarsi alle prossime elezioni Regionali). In silenzio pure l’ex assessora Linda Meleo, così come Daniele Diaco. Nessuno ha espresso una posizione pubblica dopo la scissione operata l’altra sera da Luigi Di Maio.

C’è chi sostiene che questo sia un silenzio “di valutazione”. C’è chi fa presente che è ancora appesa la questione del limite del doppio mandato. Una spada di Damocle che, se confermata si abbatterebbe pesantemente sulla testa dei 3/4 dell’attuale gruppo capitolino.

Raggi, Ferrara e Diaco sono al terzo mandato (il secondo se si include il mandato zero). L’unica alla prima esperienza da consigliera è Linda Meleo. Una eventuale conferma del limite impedirebbe ai tre di ricandidarsi col Movimento dopo (o anche prima, in altre organi elettivi) il 2026.

Inoltre, Conte deve ancora nominare il delegato romano degli M5S e appare difficile pensare che la sua scelta cadrà su una personalità lontana dal progetto politico dell’ex premier, che punta a un all’allenza col centrosinistra, mentre in Campidoglio la pattuglia capitanata da Virginia Raggi è convintamente all’opposizione del Pd.

Finito il tempo del maggioritario

Il terremoto dentro il Movimento e la fuoriuscita del gruppo di parlamentari guidato da Luigi Di Maio «mi sembra l’ennesima conferma che è finito il tempo della cultura maggioritaria e che si rafforzino le identità». Vede così la situazione il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.

Da tempo sostiene che siano maturi i tempi per tornare ad un modello elettorale basato sul Proporzionale e non più sul maggioritario. «Lo lo dico da mesi – ha spiegato il governatore – e per questo da mesi chiedevo una legge proporzionale. Non come una rinuncia ma come uno strumento per riorganizzare il sistema politico, dando il giusto sfogo al diritto in democrazia di avere un’identità e una rappresentanza politica. E che questo non significhi il caos di questa legislatura».

Secondo Zingaretti «uno dei motivi delle crisi di questo quinquennio è aver avuto un Parlamento eletto con una legge maggioritaria. Ma poi, non essendoci stati vincitori, con una libertà totale: per cui maggioranze e governi diversi in pochi anni».

Ribadisce che il segnale è inequivocabile. «Per questo da anni mi sono battuto perché si prendesse atto di questo e si riorganizzasse il sistema politico con leggi che diano la giusta rappresentanza alla politica».