“Mo je faccio er cucchiaio”: il Rampelli che al Congresso sceglie la tattica

La mossa del gabbiano: l'uomo forte del vice presidente della Camera arretra e spiana la strada a Marco Perissa, l'uomo di Giorgia Meloni

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Quarantamila tesserati, la Città Eterna che è anche città della “capa”. Ed un congresso romano di Fdi, quello in corso, che non è solo epos tolkeniano per la premier. No, l’appuntamento che oggi vede già eletto Marco Perissa coordinatore capitolino del partito più votato d’Italia era un match. Con un vincitore ex ante eletto praticamente per acclamazione. Una partita nervosa tra chi a Meloni è vicino e chi al partito di Meloni è “solo” iscritto. O meglio, lo era, dato che nel nome della compattezza ad ogni costo il candidato due Massimo Milani ha mollato nel bel mezzo dei lavori di oggi.

“Non c’è nessuna divisione. Per arrivare ad essere dirigente di questo partito c’è stato solo sacrificio e impegno. Tendo la mano a Perissa, affido a lui la guida”. L’uomo vicino a Fabio Rampelli ha rinunciato, magnanimo e soft, a correre da presidente del Congresso di Roma. Ed ha annunciato il ritiro della sua candidatura.

Ci sono più partite in una partita sola e quella più importante sembrava la resa dei conti tra i Gabbiani di Rabio Rampelli ed i legittimisti in purezza che, passando per Arianna Meloni, portano dritti alla presidente del Consiglio. Perché sì, di conti si tratta, conti e caselle da spuntare. Molte cose sono cambiate, da quando l’anno scorso le spigolosità tra i due, Meloni ed il vicepresidente della Camera, erano emerse in maniera forte e mainstream.

Cosa si era rotto tra i “due leader”

Francesco Rocca

Alcune iniziative del secondo spacciate per iniziative col visto di Meloni e poi la candidatura di Francesco Rocca, presente al congresso, alla Pisana avevano guastato il sangue tra i due, poi ognun per sé ma senza rotture “official”. La compattezza granitica dei “Fratelli” aveva prevalso come dogma ed una sorta di “ragion di stato” si era messa giusto in mezzo tra le lame e la carne. Fino ad oggi, quando la stessa ragion di bottega ha imposto al più debole di capitolare senza neanche correre.

Rampelli non è solo un ex nuotatore, ma più ancora è un tifoso della Roma, tifoso sfegatato come solo certi fegati giallorossi sanno essere. E l’idea di uno che ha la foto del Pupone-Totti sul comodino pareva proprio quella di emularlo.

E di fare “er cucchiahio” a chi difendeva la porta dei sodali della premier. Passando sopra le loro teste morbido e a “palombella”, ovviamente non sia mai rossa. Solo che Meloni stessa quella partita l’ha giocata tutta all’attacco, lo dicevano alcuni rumors che preannunciavano la “quaglia” odierna alla “volemose bene”. In che senso, direbbe un altro romano doc? Nel senso che tra i due candidati alla carica, Marco Perissa e Massimo Milani, già stamane il primo era in pole.

Perissa vs Milani, ma il primo resta solo

Marco Perissa (Foto: Riccardo Antimiani © Ansa)

Ed il primo non è il gabbiano, ma il meloniano. Fino all’epilogo numerico ma mezzo scontato di oggi al Palazzo dei Congressi la narrazione era stata un’altra. Cioè quella di un agonistico testa a testa tra i due candidati. Pare proprio che non sia così, e pare che le Palme di questa imminente domenica pre-pasquale non vedranno gabbiani appollaiati, non troppo in alto almeno.

I dietro le quinte del congresso sono molto di più che la trama di una narrazione tutta interna, scontata e mezza spersa nelle dinamiche intestine del partito. Sono un test, per Meloni prima che per tutti. Cioè per una premier che ha saputo fare della linea univoca un dogma di apparenza al punto tale da non aver mai lasciato trapelare sprazzi di fronda tra i suoi. E in politica l’apparenza è mezza sostanza, se è ben disegnata.

Il gioco dei Gabbiani: tutto tattico

La minoranza di Rampelli non ha mai puntato a scalzare la “capa”, sia chiaro, solo ad ottenere il massimo possibile dei risultati squadernando il massimo consentito dell’antagonismo “sportivo”. Roba che però non è brodino. A Fdi manca ancora il posto di coordinatore nazionale, lasciato libero da Guido Crosetto. Nel Lazio a governare il tutto politicamente c’è il questore cemerale Paolo Trancassini. Cioè uno che sui tovaglioli del suo ristorante ha ospitato tutte le grandi rotte, capitoline e nazionali, del melonismo.

E in ballo cosa c’è? La la presidenza dell’ente Eur “o in alternativa la promessa di una candidatura a sindaco di Roma”, spiega Il Foglio. Oppure ancora, un posto come vice responsabile dell’organizzazione di FdI: che pare toccherà proprio a Milani, come ristoro sarà il numero due di Giovanni Donzelli.

Che ha ringraziato lo scoutismo di Milani: “Ringrazio Massimo, non solo per questo gesto e anche per avere accettato di venire a collaborare, Ed a venire a fare il vice responsabile dell’organizzazione nazionale di Fratelli d’Italia. Aiuterà questo partito a diventare sempre più grande”. Dopo che da Colle Oppio erano partite le avventure di tutti, con una giovanissima Meloni che aveva in Rampelli il suo sensei, erano successe cose. Cose in crescendo incazzoso come il recente commissariamento della federazione romana ad opera della leader e per mano proprio di Donzelli.

Cosa c’è in ballo all’Eur

Fabio Rampelli (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

Quello ed il concime per un termine-realtà che a Via della Scrofa vedono come il pimento negli occhi: una corrente. E i numeri del cimento di oggi la dicono tutta sulla delicatezza di contesto ed esito. “La federazione della Capitale rappresenta circa un sesto di tutte le iscrizioni”.

Ma ancor di più “è il cuore pulsante del partito, l’area in cui si è formata la stessa presidente del Consiglio e buona parte della attuale classe dirigente di Fdi”.

Il congressismo e l’esempio di Ruspandini

Due anime per una sola realtà dunque? Non sia mai ed il “mollo” di Milani ne è prova empirica. I congressi capillari non sono una novità per Fratelli d’Italia, anzi. Nel tempo sono diventati la ceralacca figa sulle abitudini di un partito che tutti davano per ringhiosamente decisionista. Ed invece proprio la formazione più a destra dell’arco parlamentare italiano aveva messo a terra una serie di eventi con scelte democratiche in purezza.

Massimo Ruspandini

Altro che autarchia. Ne sa qualcosa Massimo Ruspandini, che responsabile provinciale per Frosinone era stato eletto quasi plebiscitariamente ma senza una sola sbavatura dirigista. Il senso era ed è duplice: offrire un’immagine moderna e tutta giocata sulla dialettica interna ma puntando su nomi difficilmente cassabili.

Perché non solo graditi alla premier, ma abbastanza skillati da generare gradimento a prescindere e quindi un endorsement ai desiderata della leader. E tuttavia con una spiccata connotazione funzionalista.

I numeri a Dire, poi la precisazione

A Roma però le cose fino a venerdì stavano un po’ diversamente e lì i non del tutto allineati avrebbero potuto non fare solo solo tinta di facciata. Nelle scorse ore Dire aveva snocciolato i primi dati. “A sostegno di Perissa si sono già espressi 20 esponenti dell’Assemblea Nazionale, due della Direzione, quattro senatori, 11 deputati”.

“Sei della Regione Lazio, cinque consiglieri comunali e ben 41 consiglieri municipali. Totale 89 per Perissa”. Mentre “a sostenere Milani ci sono 17 dell’Assemblea nazionale, uno della Direzione, due senatori, un deputato, uno della Regione Lazio, un consigliere comunale e 10 Municipali. Totale Milani: 33”.

Il responso anticipato

Giovanni Donzelli (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

A meno di clamorosi colpi di scena per oggi non pareva proprio si stesse profilando un testa a testa. E il colpo di scena c’è stato, ma in un altro senso: Marco Perissa sarà coordinatore romano di FdI per abbandono del contendente. Già ieri era arrivata la precisazione dei rampelliani, roba più di orgoglio che di polpa. Il candidato dei ‘Gabbiani’ di Rampelli “è portato, oltre che da quelli che si sono espressi dell’Assemblea nazionale e della Direzione, da 20 consiglieri municipali”.

Poi “un comunale, un assessore regionale, un consigliere regionale, più De Priamo, Scurria e Mennuni tra i senatori, e poi Mollicone e Di Giuseppe tra i deputati”.

Urne comunque aperte domenica

Le urne saranno comunque aperte domani. Questo perché, come spiega l’Ansa, “vanno votati i 13 componenti del coordinamento di Roma capitale, mentre altri 7 saranno scelti da Perissa stesso, come da regolamento. I 18 seggi, presidiati dai parlamentari, sono (stati) aperti oggi fino alle 20 e domenica dalle 9 alle 20.

Dove stesse la verità è inutile prevederlo, dato che ciò che i numeri diranno in queste ore è stato anticipato da ciò che ha detto e dettato la “ragion di stato”.

E i numeri, che hanno una grossa coda, dicono già che a Rampelli non gli è riuscito, “er cucchiaio”. O che forse gli è riuscito benissimo. E che gli è toccato fare come il Pupone odierno: cioè incoronare il nuovo mister ma assicurandosi un posto al sole a bordocampo.