“Non ci hanno visti pagare”: i morosi Ater del Pd e l’ultima polemica romana

La tegola nei giorni di Gubbio: su 21 sedi Dem in edifici delle Case Popolari ben 18 non avrebbero pagato il fitto da tempo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

La stilettata da sicario saggio l’aveva già lanciata Massimo Ruspandini dalla sua pagina Facebook. Il deputato meloniano e responsabile provinciale di Fratelli d’Italia aveva colto al volo l’usta di un vecchio “claim” che però pare non tramontare mai. Cioè quello di una sinistra che è costretta, più per protocollo che per bieca indole, a sconfessare molti dei suoi totem primevi, specie in campo residenziale.

E di un Partito Democratico che paga pegno a quella parte di sé che non è più proletaria, semmai pop: ma in senso molto “british”, come i loft di Bowie falso-cenciosi che costavano più della Trump Tower.

Ruspandini e la frecciata ai dem “extralusso”

Ruspandini aveva scritto sardonicamente, alludendo al conclave umbro del Pd in un hotel “a 5 stelle con spa” del 18 e 19 gennaio: “Sempre dalla parte dei lavoratori e delle classi meno abbienti”. L’allusione è evidente: a Gubbio, terra iconica di “poverelli”, è in scena un serrate i ranghi con presunzioni di spiritualità che però ha una patente di opulenza su cui non lanciarsi è da fessi.

E tutto questo con il paradosso di un’altra questione, che dai sacelli extralusso egubini porta invece all’universo Ater di Roma. Cioè alla case popolari, quindi a quello che una volta era “l’habitat” di azione della sinistra o, più cinicamente, il bacino di pescaggio. Cosa accade? Ai media si sta sperticando per farlo sapere Federico Rocca, che Il Foglio indica come “consigliere comunale in quota Fratelli d’Italia e presidente della commissione trasparenza del comune di Roma”.

Uno insomma che su certi temi è skillato assai. Le sue parole sono mezzo macigno e richiamano un ossimoro molto caro alla destra: quello che noi terragni di qua, a sud della Capitale, chiamiamo il “chiagni e fotti”. Ecco dove sta il tema: “È inaccettabile che alcuni Partiti di centrosinistra che hanno avuto la fortuna di poter aver in locazione degli immobili dell’Ater risultino morosi per oltre il 90%”. La polemica ha quindi un cardine grosso, che però necessita di una premessa: va da sé che i Partiti che maggiormente si sono capillarizzati all’interno dei tessuti urbani sono quelli che in punto di statistica risentono di più di eventuali “tare”.

Le bordate de Il Giornale di Sallusti

Alessandro Sallusti (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

E negli ultimi 10 anni il Pd ha provato più volte a fare di Roma una “città imbevuta di prog”. Perciò ha colonizzato i suoi spot più di Leopoldo in Congo. La denuncia di Rocca era stata riportata da Il Giornale di Alessandro Sallusti. Ma su cosa? Sul fatto che “su 54 immobili Ater dati in locazione a Roma ai partiti politici, solo uno è occupato da Fratelli d’Italia e uno dall’ormai vecchia Udc. Bene, questo è il preambolo statistico però, non è certo una colpa. “Gli altri corrispondono a tutte le sedi del Partito Democratico e dei partiti del centrosinistra. Sulla totalità degli immobili a disposizione, infatti addirittura 21 sono sedi Pd.

Ok, qui si è affinata la mira e la tacca ha puntato dritta sulle magioni in testa al Nazareno. Embè? “La maggior parte di queste realtà sono morose”. Eccola, la (presunta) magagna che, ove non fosse presunta, sarebbe invero grossa. Da un punto di vista formale e soprattutto da un punto di vista ideologico, a contare che chiama in causa la più “poppeggiante” delle formazioni politiche di rango. E ancora: “L’ultimo aggiornamento sui danni erariali per il comune di Roma è del gennaio 2021 e ammontava alla somma di poco più di 2 milioni di euro di arretrati.

Ovviamente, secondo il quotidiano che fu diretto da Montanelli, si tratta di un “cifra che oggi sarà salita considerando le nuove realtà abusive ma che, nonostante la legge suddetta impone una relazione trimestrale della situazione, né Ater, né il Comune di Roma hanno più pubblicato. Che significa? Che il Campidoglio e l’Ater hanno delle urgenze da sbrigare a farebbero bene a farlo, posto che quanto sostiene Il Giornale sia vero.

Campo che scende in campo, ma da poco

E se Roma ha dal 2021 un sindaco dem come Roberto Gualtieri, abbastanza datato da poter essere additato in mood sornione in forbice di responsabilità, l’Ater invece ha in Orazio Campo il suo nuovo master and commander.

L’architetto e docente è presidente nominato da settembre 2023, quanto basta per essere legittimamente incluso nel novero dei nocchieri che stanno ancora ispezionando la tolda. Campo venne nominato con decreto del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. E su proposta dell’assessore all’Urbanistica, alle Politiche abitative, alle Case popolari e alle Politiche del mare, il sangiorgese in quota Lega Pasquale Ciacciarelli. In quello stesso giorno Antonello Iannarilli di FdI venne scelto come commissario dell’Ater di Frosinone.

Dunque, il Pd e la case popolari, dicevamo. Le attività dem in odor di morosità sono state elencate in questo modo: “Al Pd spettano ben 21 sedi su 54, di cui 18 morose”. Poi, “a Rifondazione Comunista 13 locali di cui 10 morosi. Gli altri locali sono divisi tra movimenti e partiti appartenenti sempre alla sinistra come Sinistra Ecologica che, nel 2021, aveva un debito di circa 261mila euro.

“Situazione ormai intollerabile”

Insomma, a seguire il loop a Roma ci sarebbe una sinistra idolatra del “non ti pago” e Rocca, stavolta il consigliere, ha tuonato in più fiate.

L’ultima durissima: “La situazione non è più tollerabile, i cittadini romani non possono pagare le sedi del Pd e di altre forze politiche del centrosinistra. Visto che già ogni giorno sono costretti a pagare i disagi del loro malgoverno della città”. C’è un episodio a margine che risale a poco prima di Natale. In quei giorni festosi me non tutti festivi erano partite migliaia di lettere.

Le aveva spedite la società di recupero crediti Aequa Roma agli inquilini Erp della Capitale per sollecitare i pagamenti. Il Dem Yuri Trombetti aveva convocato la commissione comunale ed aveva deprecato il metodo.

Trombetti contro gli uffici, poi il boomerang

Yuri Trombetti

“Quando ci siamo insediati ci siamo resi conto che la precedente amministrazione non aveva ultimato alcun censimento. Ci siamo resi conto che era impossibile pretendere cifre riferite ai redditi del 2015. Perché in otto anni i redditi cambiano, diminuiscono o aumentano, cambia la composizione del nucleo familiare. Al momento abbiamo concordato di fare il censimento del 2021 e del 2023 insieme, per abbreviare i tempi e rimetterci a pari.

E ancora: “Non si possono trattare allo stesso modo famiglie che in tre anni hanno accumulato 500 euro di arretrati e i morosi seriali. Quelli che non pagano mai e hanno accumulato migliaia di euro consapevolmente. Gli uffici sbagliano, commettono errori, bisognerebbe prima vedere come facciamo le cose noi prima di andare a chiedere agli altri”. Una sorta autocritica giusta e puntuale, che però oggi rischia di tramutarsi in un boomerang politico. E in uno sfratto del Pd, l’ulteriore, dai luoghi naturali della sua polpa ideologica.