Politica sui social, ecco chi la spunta davvero tra Ciociaria e Paese

La "nuova" frontiera del consenso, per rafforzarlo e crearne di nuovo: come stanno messi i partiti, i leader, le coalizioni... e Frosinone

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Dalle nostre parti svettano Pasquale Ciacciarelli e Mario Abbruzzese che contrappuntano ogni step di vita politica con un post “a cecio”. Sono presenti, hanno slogan secchi e contornati da giga di foto. Molto più istituzionali gli esponenti del Pd, che ad esempio con Sara Battisti e Luca Fantini tendono più a surfare l’onda dei momenti politici interni al Partito proiettandoli su una dimensione esterna.

Quello di Fratelli d’Italia in Provincia di Frosinone sembra essere invece un loop più “lipizzano da dressage”. Nel senso che gli esponenti del Partito di maggioranza all’interno della maggioranza sono molto propensi a saltare in arcione alle “card” istituzionali di Giorgia Meloni. E lo fanno seguendone le figure, condividendole e guarnendole con post di rafforzamento dei concetti espressi dalla leader.

“A sentimento” la situazione è così, ma qui si parla di “sentiment”, che è un’altra cosa, molto più tecnica e settata sui nuovi scenari che i social offrono alla politica per rafforzare il proprio consenso. O per confutare chi, nel gioco delle parti, mirasse ad indebolire lo stesso ma con mezzo identico. Il comune denominatore è una figura mitologica che ormai ha dignità biologica a sé: l’utente-elettore. Vale a dire il cittadino che matura o rafforza le proprie convinzioni politiche anche in base a ciò che legge dei suoi “beniamini” sui social network.

L’utente-elettore, sentimento e “sentiment”

Il senatore Lino Diana

Qui si gioca su due piani tecnici e la questione si fa sottile, roba che agli esponenti della Prima Repubblica sarebbe apparsa come la puntata pilota di Spazio 1999. La politica sui social non solo produce adepti di area, ma stimola un rapporto “immediato” con il politico che ne facesse uso, rapporto di cui si era persa traccia dopo la morte del proporzionale e l’agonia della carta.

Spieghiamola: fino a una manciata di anni fa “l’onore” tutto italiano e un po’ fariseo di interagire direttamente con il proprio rappresentante politico era delegato a momenti precisi. Si facevano comizi, c’era il porta a porta per chiedere il voto rapportato al territorio (chi non ricorda il micidiale Lino Diana, mister preferenze in Provincia di Frosinone?) e molti avevano l’occasione di dire di persona un “bravo” al proprio beniamino.

Poi magari di spuntare una sussurrata veloce a lui stesso o all’immancabile portaborse, magari per far fare il militare al figlio in zona Cassino-Sora dopo un Car dipinto come come la battaglia di Dien Bien Phu. Oggi è cambiato tutto e la sola speranza di sentirsi moralmente intruppati in un’idea o nel politico che la incarna è quella di commentare sotto ai post. A volte elogiando untuosamente, altre offendendo gratuitamente, quasi mai argomentando serenamente e con cognizione di causa.

Il nuovo consenso-commento: vince il M5S

La manifestazione del M5S quando chiedeva di tagliare i vitalizi (Foto: Alvaro Padilla © Imagoeconomica)

Ma come stanno messi quelli dei “piani alti”, i politici di massimo cabotaggio che oggi pasturano i social con i loro slogan? Partiamo subito da una sorpresa: il primo partito per follower complessivi è e resta il Movimento Cinquestelle. Chi lo dice? Una accurata analisi dell’Osservatorio Digitale che ha analizzato le attività di Social Media Marketing.

E che ha provveduto poi a stilare una classifica “per numero di follower, Engagement totale ed Engagement medio per post degli ultimi 3 mesi”. Dove? E dove sennò? Esattamente dove si prende la temperatura agli umori dell’elettore-smanettone e sbirciatore medio, vale a dire su Facebook, Instagram, Twitter e TikTok.

Sotto la lente ci sono finire le “14 maggiori forze politiche italiane, che hanno offerto un quadro del rapporto tra consenso reale nel Paese e performance sui social”. Lo scopo infatti era quello: comparare quanto i Partiti pesano nel Paese Reale e quanto contino in quello fatto di pixel, pollici alzati ed emoticon. In quel metaverso cioè dove la mediazione di una tastiera ci fa tutti felini da savana anche se poi siamo macachi da ramo basso. Le interazioni degli ultimi tre mesi dicono ad esempio che sui social “il centrodestra ne produce 24 milioni, il centrosinistra 1,7 milioni”.

Meloni svetta su tutti in engagement

Giorgia Meloni con i granchi nella foto del ministro Lollobrigida

E Giorgia Meloni? Lei è donna di vetta anche dove svetta l’enter con l’indice: è “al top per engagement, come pure Elly Schlein cresce in utenti attivi, vero termometro della performance sui social”. I partiti offrono un quadro per certi versi “capovolto”.

L’osservatorio fondato da Sandro Giorgetti spiega che “per numero di followers (sommando tutti i social), è il Movimento 5 Stelle a mantenere la leadership solida da anni tra le forze politiche”.

Lo fa con oltre 2milioni e 700mila follower, seguito da Lega e Fratelli d’Italia. E la principale forza di opposizione con battage partitico “in purezza”? “Sfiora 1milione il numero di seguaci raccolti dal Pd, con un notevole aumento di FdI rispetto ad un anno fa (+32,9%) mentre sono sostanzialmente stabili il Movimento 5 Stelle (+1,1%), la Lega di Matteo Salvini (+3,1%) ed il PD (+4,2%)”.

Il social match tra le coalizioni

Veniamo al confronto “muscolare” tra coalizioni, quello che piace tanto all’Italia polarizzata di sempre e più polarizzata che mai di questi ultimi tempi. “Se aggreghiamo il dato in coalizioni, il Centrodestra viaggia oltre i 3 milioni 500mila, il Centrosinistra a meno della metà (1 milione e 600mila senza 5 Stelle e Terzo polo)”.

Giorgetti ha spiegato cose che sembrano ovvie ad un’utenza che si proclama “studiata” sul tema, ma che in realtà nella broda social ci sta come gli ippopotami di Bud Spencer buonanima: a mollo ma senza sapere perché. “L’engagement, che somma le interazioni dell’utente ed attesta il reale valore di un’attività di social media marketing, ci restituisce una più chiara fotografia del consenso che oggi raccolgono le forze politiche.

Ecco, in ordine a quel consenso c’è FdI con 3.700 interazioni a post contro le 1.500 del PD e le 432 della Lega che in passato raccoglieva ben altro consenso sui social”. Piccolo dato di scarrocciamento analitico: se perfino uno come Matteo Salvini paga pegno al calo di consenso del suo Partito sul suo terreno di elezione che è quello social allora il dato di base è certificato. Cioè quello per cui adesione reale ed appeal sul web sono collegati ma con precise dinamiche di circostanza. Non si spiegherebbe altrimenti la performance dei 5stelle.

La “solida community” di Giuseppe

Giuseppe Conte (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Per il Partito di Giuseppe Conte resta solida una “radicale e community abituata al confronto digitale”. C’è un aspetto sottovalutato ed è quello della “qualità” del lessico social: ecco, lì a vincere è +Europa, “che per grammatica di canale, toni di voce e scelte editoriali ha una strategia e una qualità di contenuti oggettivamente di grande valore.

Giorgetti prosegue segnalando un dato ulteriore. Cioè “come il numero dei post pubblicati (oltre 17 al giorno per la Lega) non incida sulla singola performance del contenuto ma, nel caso del PD (meno di 2 al giorno), indichi un diverso approccio all’attività sui social media come mezzo per incidere sul consenso”. Che significa? Che il Partito di Salvini e segnatamente Salvini giocano su un tavolo virtuale “grezzo”. Attenzione: qui si parla di media e la Lega non ha solo sodali social “di pancia”, sia chiaro.

Lo fanno puntando alla giugulare un elettorato che per molti versi è ancora viscerale. Mentre i dem sono molto più settoriali e puntano a sviluppare temi di background reciproco, dove cioè l’utente-elettore-iscritto-simpatizzante sia già skillato di suo ma in profondità. In Provincia di Frosinone e nel Lazio ad esempio uno come Mauro Buschini tende a stare molto “sul pezzo” dell’ambiente e delle politiche green. E lo fa nel merito, oltre una “forma” che da 12 ore non gli appartiene più. (Leggi qui: “Io ho dato”: Buschini si dimette da Egaf).

Buschini e la domanda su FB dell’amico

(Foto © Stefano Strani)

Il dem è stato assessore all’Ambiente alla Pisana ed è presidente auto dimissionario di Egato, un ente territoriale che si occupa di ottimizzazione delle politiche ambientali con focus sulla razionalizzazione del ciclo rifiuti e del cambiamento climatico. Buschini lo ha specificato qualche giorno fa proprio in chiave social, il senso del suo mandato, ed in una circostanza in cui la sua ragione ha preso il sapore amaro delle cose terribili, della cronaca che fa arrabbiare: un rogo nella sua terra. Lo ha fatto quando aveva già deciso di lasciare Egato e di non essere lui il “discrimine” fra l’ottimizzazione di ciò a cui ha dato start ed il reset di quello a cui poteva aspirare in punto di diritto e skill.

“Un amico sorridendo qualche giorno fa mi ha detto che, a suo parere, sto esagerando con i post sul cambiamento climatico. Mi chiedo, però, e vi chiedo se, davanti ad scena come quella dell’incendio di oggi a Tecchiena non c’è da restare allibiti. Siamo a metà ottobre ed il fuoco distrugge le nostre montagne”.

Sapeva già che non sarebbe stato più alla guida di una cosa per cui si insinuava bonariamente che facesse lo “studiato tattico”, ma ha tenuto la barra dritta su un punto chiave della rotta ambientalista. Perché quella prescinde chi la impugna ed abbraccia tutti noi. Cosa dimostra il caso Buschini? Che i social possono essere anche cartina tornasole di intenti genuini e battaglie buone. E che possono passare in un attimo da goffi contenitori pubblicistici a spunti per sinceri input di crescita. Il discrimine è chi li usa.

Elly che piace poco, anzi, moltissimo

Elly Schlein (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

L’Osservatorio digitale ha anche preso in esame i leader nazionali dei partiti, e lo ha fatto con una divisione preventiva. Quella tra dati quantitativi (followers) e qualitativi (engagement). “Se la somma dei followers vede rispettivamente Salvini, Meloni, Conte e Renzi distintamente sopra a tutti gli altri”, l’engagement per singolo post ci chiarisce altro.

Vale a dire “come la Meloni raccolga molti più utenti attivi di quanto riescano a farlo altri. Registra un buon anche consenso la segreteria del Pd Elly Schlein, con risultati migliori sui social rispetto al suo partito”.

Eccolo, il dato su cui tornare a riflettere ma a clessidra capovolta: Schlein “piace poco” agli analisti ma piace molto agli utenti. Il che è quasi specchio fedele del suo percorso fino al vertice del Nazareno a mezzo primarie: bocciata rispetto a Stefano Bonaccini dall’elettorato con tessera ma promossa da chi vota a sinistra. La performance della Schein è comunque marcatamente inferiore a quelle dei leader del CDx e del Movimento 5 Stelle. Il che porta ad un sunto tecnico “L’aggregazione del dato per coalizioni ci restituisce una fotografia chiara, non casualmente molto simile al consenso elettorale.

Interazioni: Il Cdx è schiacciasassi

Dove il destra centro produce “oltre 24milioni di interazioni, negli ultimi 90 giorni, contro 1milione e 700mila del Csx”. E il sunto di costume? Oggi la politica la fai talmente tanto sui social che è germinata una politica “dei social”. Un non luogo dove tutto sembra essere uguale a come vanno le cose nella vita reale, ma che ha un difetto grosso.

FOTO © BURST / PEXELS

Mette il consenso a traino di situazioni che spesso l’utente medio (non si incazzino le lodevoli, numerose ma non maggioritarie eccezioni) non capisce o capisce poco. Contesti in cui il consenso si autoalimenta per sovraesposizione e non per maturazione di un concetto.

E rimanda il disegno di un’Italia moderna e primitiva, in cui più che mai si decide “per partito preso”. Con un de profundis per la riflessione che sa di resa del pensiero. Definitiva.