Rosato: “Da noi troppa burocrazia, ma Stellantis ha già deciso, e su Renzi…”

Parlare in mezzo a chi urla: la mission non facile di Ettore Rosato, che ce la spiega in esclusiva. E che si rammarica per la fine del Grande Centro.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Narra una leggenda rock che una volta ad un concerto del sulfureo Alice Cooper arrivò come ospite Sammy Hagar. E che l’ex front man di Montrose e Van Halen II riuscì in poche battute a far capire una cosa molto importante. Che il rock non deve essere necessariamente glam, gotico-abbaiante o trucidone per far presa sulla gente e far battere i piedi a terra. Anzi, a volte la sua bellezza e spendibilità sta tutta nella sua essenzialità urbana. Insomma, il rock è roba concreta per gente di base.

Ecco, tolti villone a Cabo, ricci biondi e Les Paul, Ettore Rosato vuole fare alla politica quello che Sammy Hagar fece ai metallari da make up. Cioè buttarla più sul concreto e meno in caciara. Ci aveva provato con Italia Viva e come sensei di Matteo Renzi, ma in quel caso era stato come far capire a Madonna che il palco era anche dei coristi: una cosa lodevole ma inutile.

L’interludio ed il passaggio ad Azione

Matteo Renzi e Ettore Rosato (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Perciò il deputato centrista padre dell’attuale legge elettorale aveva mollato l’ex premier. E si era tenuto funambolo senziente in un mezzo interludio d’area, questo prima di passare con Azione di Carlo Calenda. “Mezzo” perché che sarebbe passato con Calenda era evidente anche quando non lo aveva confermato. Poi, nel partito dell’ex socio-amico di Renzi per costruire un Grande Centro abortito in zona Leopolda e danè in comune, Rosato ci è arrivato assieme ad Elena Bonetti. E con il vigore dell’uomo che sa trainare i temi chiave.

Del politico quindi che ha tutti i numeri per essere vice del leader con delega specifica al voto europeo di giugno ed agli enti locali, il che non è ossimoro ma endiade, per chi mastica di politica in verticale. Come Rosato sia arrivato alla decisione di mettere la sua idea di centro al centro esatto della ricetta politica ed empirica di Calenda glielo abbiamo chiesto direttamente. Semplicemente per capire meglio e senza filtri di media terzi.

Il mantra: in Italia c’è tanta voglia di centro ma poca voglia di considerarlo punto di convergenza collegiale di tutti i partiti che lo hanno come mission. Conferma o smentisce?

C’è un fondo di verità. L’elettorato moderato è silenziosamente maggioritario nel nostro Paese, ma l’agenda politica è spesso in balia di questo bipolarismo esasperato. Dove anziché cercare intese e mediazioni, si acuiscono le distanze, nel quale ognuno inasprisce i toni per cercare un consenso simile al tifo da stadio da parte propri sostenitori”.

“In questo quadro, costruire un’alternativa di centro appare certamente un lavoro faticoso, ma è un lavoro che secondo me merita di essere portato avanti. Vedo molte convergenze con colleghi che trovano oggi collocazione in una delle due coalizioni. Spero realizzino presto che non è quella la casa giusta per portare avanti le loro istanze”.

Da sensei posato di Matteo Renzi a vice di Carlo Calenda e master della strategia per le Europee passando per gli enti locali. Mi ricordi cosa non le è piaciuto più di Italia Viva.
Carlo Calenda (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

“Semplicemente non ho condiviso le ultime scelte di Matteo Renzi che ha deciso di far fallire il progetto del Terzo Polo. In Azione ho trovato invece una sincera disponibilità a costruire una casa nuova per quegli elettori che ci hanno dato fiducia alle elezioni del 2022. E per quegli elettori che non si riconoscono negli estremismi”.

Per rompere il bipolarismo quando è bipolarismo di pancia serve una straordinaria efficacia di lessico, oltre che di settaggio dei temi. Stiamo tornando alla politica delle slow-words?

“Per me non è un ritorno. Ho sempre fatto una politica dove si stringono le mani, non si scrivono tweet. Certo la comunicazione, specialmente in questa era così digitale, ha la sua importanza ma deve essere un mezzo, non condizionare le idee. C’è chi si è piegato agli slogan facili che si sono poi dimostrati irrealizzabili. E chi invece si attiene ad una politica più concreta che, sul lungo periodo, sono certo sia quella più apprezzata. I like spariscono con la stessa facilità con cui sono arrivati, le relazioni e il consenso costruito sul territorio rimangono”.

Due scenari: Azione da sola per le Europee ed Azione che fa massa critica magari con +Europa. Le piace l’idea? La seconda, intendevo. E a Calenda crede piaccia?
Emma Bonino (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

“Azione ha l’ambizione di costruire un soggetto plurale in vista delle elezioni europee. Dialoghiamo non solo con Più Europa ma anche con diverse realtà di ispirazione popolare, socialista, liberale, repubblicana. Le famiglie politiche che hanno governato per decenni l’Italia e che in Europa sostengono la maggioranza di Ursula Von Der Leyen”.

Come li trasformi i tifosi da curva in elettori senzienti dopo gli ultimi 15 anni di politica da spleen?

“È un effetto che si sgonfierà da solo. Ormai tutte le forze politiche che hanno costruito il proprio consenso sulla rabbia sociale e sulle promesse miracolose si sono alternate al governo con i risultati che conosciamo. Gli elettori hanno capito che non è quella la strada. A noi il compito di recuperare anche quei cittadini delusi che si sono allontanati dalle istituzioni e dal voto”.

In Regione Lazio Azione ha in Alessio D’Amato una figura cardinale e l’impressione è che il vostro denominatore comune sia il problem solving in purezza: ma una botta di logorrea ideologica non vi viene mai, a voi? Esiste un “riformismo emozionale?”

“Per me è emozionale poter aiutare le persone. Ma anche al centro ci sono delle parole chiave, principi, valori imprescindibili. Quelli della Costituzione, per esempio o per la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, per restare sul tema delle prossime elezioni europee”.

Elena Bonetti è andata a convergere sulla sua medesima scelta e partendo dalla stessa decisione: cosa si sentirebbe di rispondere a chi per questo l’ha attaccata sui social?

“Che in politica si dovrebbe essere avversari, mai nemici. Mi aspetterei più rispetto. Soprattutto da parte di chi per anni ha denunciato la gogna mediatica, ma poi non si è fatto scrupoli a replicare lo stesso modus operandi con chi ha preso strade diverse“.

Amarcord: ma di quel Grande Centro là in vetrina per mesi cosa resta? Rammarico perché non si è fatto o sollievo perché alla fine lo farete con partner meno pelosi?
Elena Bonetti

“Rammarico perché è fallito un percorso che avevamo iniziato e sul quale avevamo raccolto la fiducia di oltre 2 milioni di cittadini. Ma non si può piangere su ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, ci si rialza e si riparte con chi vuole costruire sul serio questo progetto”.

Salvini avrebbe sponsorizzato la formazione del gruppo Udc alla Camera per prendere voti al Sud. C’è un limite al funzionalismo in politica?

“I voti nel Mezzogiorno non si ottengono con gli escamotage elettorali. L’unica cosa che Matteo Salvini sta facendo per il Sud, è parlare del ponte sullo Stretto, una grande operazione di distrazione di massa”.

La Provincia di Frosinone e la deindustrializzazione, con il caso Stellantis che a Cassino pesa e tanto, specie con l’esclusione dalle Zes. Colpa solo dell’imprenditoria mannara o anche di territori che pagano pegno alla burocrazia?
Carlos Tavares (Foto: Stellantis)

“La burocrazia pesa ma non è questo il caso. Stellantis semplicemente non è più interessata al nostro Paese. Ci vede solo come un mercato di vendita e non un posto dove investire e produrre. Certo, paghiamo l’assenza oggi di una politica industriale. Avevamo adottato Industria 4.0 quando Carlo Calenda era ministro e ha funzionato, chiediamo che il governo lo rifinanzi, se vuole cambi pure il nome, ma copi quel modello che ha dato i suoi frutti”.

Dica la verità: cosa le ha detto Matteo Renzi quando ha capito che lei avrebbe lasciato Italia Viva?

“Tendo a mantenere riservate le conversazioni private, ma posso dire che abbiamo parlato più volte e ci siamo capiti”.