Va via dal Partito l'uomo che aveva provato ad equalizzare il sogno del Terzo Polo con le personalità forti dei "sognatori"
Fin dai tempi di quella “grande visione” riformista del Pd finita poi nel massacro del Referendum costituzionale Matteo Renzi aveva potuto contare su un braccio destro di provata fedeltà. Ettore Rosato era Renzi quando Renzi non c’era e molto più di Renzi quando Renzi c’era ma non era troppo equalizzato con se stesso.
Quel “Matteo” al quadrato che Matteo non era aveva permesso in diverse occasioni al politico di Rignano di fare una cosa che in politica è necessaria almeno quanto dire le cose giuste. E cioè tamponare gli urti che dire quelle cose comporta quando a capo di un Partito c’è un personaggio in cui l’ego vince, sempre e comunque.
Sarebbe azzardato dire che Ettore Rosato per Renzi fosse il “Grillo Parlante” di collodiana memoria solo perché Renzi, pur discolo, non è certo un fregnone come il burattino di cui sopra. E’ toscano come lui e magari struscia le “c”, ma non ci va nei campi dei Miracoli a seppellire soldi sperando che figlino come fagioli. Semmai lui per campi ci manda gli altri.
Cosa c’è stato alla base del “lascio”
E forse proprio questa propensione del senatore e leader di Italia Viva a seminare pezzi di sé con più foga di quanto non semini progetti politici è stata alla base del “lascio” di Rosato con cui si è aperta questa settimana. Il deputato triestino ha fatto come Alessio D’Amato con il Pd e, dopo essersi creato una meritoria nomea di eccellenza nel suo ambito, ha iniziato a guardarsi intorno. In cerca di cosa?
Rosato ha spiegato tutto (o quasi) a Repubblica: “Vado via e per motivi politici, non personali. Lo sa bene anche Matteo, che ho incontrato la scorsa settimana e poi di nuovo questa”. Nessun addio sul filo della lama quindi, ma solo sul filo di lana di una coabitazione politica che ormai stava stretta ad entrambi, c’è da giurare a Renzi per primo. I due non sono più in sintonia da quando era fallito il progetto del Terzo Polo con Azione di Carlo Calenda. Cioè più o meno da quando, a marzo di quest’anno, i due leader riformisti avevano iniziato a duellare sui conti.
Calenda premeva e Renzi pure, ma il primo voleva Italia Viva sciolta e poi il congresso con cassa comune e il secondo voleva Italia Viva portata alla Leopolda e con cassa a parte per tener botta in un soggetto complementare ancora per un po’.
“Con Matteo di siamo parlati ed abbracciati”
Ci sono in giro nel mondo solutori di rebus che si sono liquefatte le meningi per stabilire chi abbia silurato chi, ma il dato in politica non è mai figlio delle cause.
Il dato sta negli effetti, e l’effetto era stato che Calenda e Renzi avevano rotto e che i rispettivi Partiti avevano giocato a vampirizzarsi vicendevolmente senza che nessuno ammettesse di avere i canini sfoderati. E Rosato?
Ecco, lui ci tiene a precisare di non essere il frutto di alcuna “succhiata” ma ammette che qualche flusso magnetico lo sente. Non sarebbero riformisti e moderati altrimenti, se costoro non sfoderassero diplomazia allo stato dell’arte anche quando in punto di target ci sono loro stessi. Rosato ha proseguito parlando del suo addio a Renzi e lo ha fatto passando da Collodi a De Amicis: “Ci siamo parlati, ci siamo abbracciati. Ma la distanza in questi mesi si era sempre più ampliata. Quando non ci si capisce più inutile proseguire”.
E chi ha deciso di rompere? Renzi che ha fatto fuori Rosato o Rosato che si è tirato fuori prima che lo facesse Renzi? Anche qui aleggia un fumus, ma poco cale. “È una mia decisione”. Poi il capolavoro che in altri ambiti più manichei sarebbe stato Supercazzola Generalessa. “Renzi se lo aspettava e in una conferenza stampa, a poche ore da un incontro tra noi già programmato, mi ha dichiarato già fuori. Non so perché l’abbia fatto, ma ormai è passato”.
Terzo Polo addio, tutto finisce lì
Veniamo alle cause: Rosato ha spiegato che la linea non l’ha più condivisa “dalla rottura del Terzo polo. Quella era la via per cambiare la politica italiana ed evitare di rassegnarsi al bipolarismo. E creando massa critica al centro: gli elettori alle Politiche ci avevano creduto e premiato”. Insomma, galeotta fu un’occasione perduta che è stata letta così anche da moltissimi addetti ai lavori.
Bene, che sul fallimento del più grande progetto di creare un centro nell’Italia polarizzata di questi tempi ci siano ancora code ad effetto ci sta. Il problema adesso è stabilire un nesso eziologico, un rapporto causa-effetto tra quel che Rosato non aveva più con Renzi e quel che Rosato potrebbe trovare in giro non stando più con il suo amico Matteo.
Dove andrà quindi l’ex braccio destro del direttore de Il Riformista? Quel centro che lui bramava in sintesi e silloge abita ancora in due posti: nel cuore di Carlo Calenda e nella mente di Antonio Tajani. Ed entrambi sono in campagna acquisti per le Europee 2024.
Due approdi, due segnali e due smentite
Ipotesi uno con dichiarazione: “Non mi iscrivo ad Azione, continuo l’esperienza del nostro gruppo, lavorando per portare a termine l’impegno elettorale”. Smentita dell’ipotesi uno con dichiarazione: “Naturalmente mi confronterò con Calenda e con Bonetti, come durante il tempo della federazione. In Azione ci sono tante persone con cui ho ottimi rapporti: Gelmini, Carfagna, Costa, Richetti“.
Ipotesi due con dichiarazione: “Forza Italia e i riformisti Pd possono essere nostri naturali alleati. Chi li considera solo partiti da cercare di svuotare con continui attacchi, si rassegna al bipolarismo di fatto”. Smentita sull’ipotesi due con dichiarazione: “Apprezzo davvero il lavoro di Tajani, ma intendo restare all’opposizione e nelle file del Terzo polo”.
Frosinone e la mission di Pantano
E in provincia di Frosinone, come sono arrivati gli scossoni del “lascio” del numero due di Italia Viva che in Ciociaria telefona spesso e volentieri ai suoi? Per adesso tutto tace, c’è solo il timing vago del dopo coordinamento provinciale. Si era tenuto lunedì 18 settembre allo scopo di discutere le attività dei prossimi mesi. E quindi avviare “la preparazione dei congressi provinciale, regionale e nazionale che si svolgeranno tutti domenica 15 ottobre”. Al coordinatore provinciale Adamo Pantano è stato delegato il compito di gestire i vari passaggi.
Ma questo è un passaggio che neanche il prudente Pantano aveva previsto. Si va avanti senza scossoni quindi, alla ricerca di quel “centro di gravità permanente” che tanto permanente non si è dimostrato.
Né per Renzi, né per Calenda. E men che mai per Ettore Rosato, il braccio destro in cerca di un nuovo busto a cui attaccarsi. Perché il busto lì sta: esattamente al cento tra le due braccia.