Se “salta” il Conte bis l’ultimo Vaffa di Grillo sarà per Di Maio e Casaleggio

Foto © Imagoeconomica, Benvegnu' Guaitoli

Trattativa “schizofrenica” all’interno del Movimento Cinque Stelle. Il capo politico alza continuamente la posta in palio: vuole far naufragare l’intesa con il Pd o difendere il proprio ruolo. Certo è che il fondatore tutto può accettare meno che un ritorno alle urne.

I primi segnali arrivano dai Mercati. L’apertura della Borsa registra un deciso calo per lo spread fra Btp e Bund: significa che gli investitori guardano con favore alle possibili evoluzioni della situazione politica italiana con la formazione di un nuovo governo. Il differenziale scende sotto i 190 punti base, contro i 199 della chiusura di ieri; il rendimento del Btp decennale italiano, sui mercati, torna ai livelli dell’ottobre 2016. 

Beppe Grillo Foto © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Elementi sui quali starà riflettendo anche lo Stato Maggiore del Movimento 5 Stelle. Che è un Partito, come tutti, formato da molte sensibilità: nel quale c’è chi considera l’accordo come la soluzione migliore; chi ritiene il patto M5S – Pd il male minore; chi ritene che lo sia il ritorno alle urne e profetizza risultati mirabolanti. C’è anche l’ala dei delusi, alla quale è iscritto Luigi Di Maio: si fidava di Matteo Salvini, non si aspettava il suo voltafaccia dopo avergli concesso di tutto su Tav, Ilva e ogni tema spinoso.

Fatica a scrollarsi di dosso il trauma del tradimento politico. Già ieri era chiaro che forse era Luigi Di Maio a non volere più l’intesa con il Pd (leggi qui Se alla fine è Luigi Di Maio a far saltare la trattativa). La schizofrenica giornata di ieri ha confermato quella sensazione. Perché Di Maio, dopo aver incassato la caduta della pregiudiziale dei Dem sul Governo bis di Giuseppe Conte, ha alzato le richieste: vicepremier e ministero dell’Interno, più l’indicazione del commissario europeo. È chiaro che il Pd non può starci. Significherebbe cedere su tutta la linea. (leggi qui Ecco perché a questo punto Nicola Zingaretti non si fida)

Di Battista, Casaleggio, Di Maio e Grillo

Intanto Nicola  Zingaretti vuole un solo vicepremier (pensa a Paola De Micheli, vicesegretario Dem), semplicemente perché il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, è ormai ascrivibile ai Cinque Stelle. (leggi qui Verso il governo M5S – Pd. Zingaretti resta in Regione). Forse la chiave per comprendere quanto sta succedendo è propria questa. In pochi giorni, grazie soprattutto alle pesanti accuse lanciate a Matteo Salvini nell’aula del Senato, Conte è diventato l’Elevato di Beppe Grillo, quello sul quale puntare sia nella veste istituzionale che sul terreno elettorale. La prima risalita nei sondaggi dopo un anno e mezzo ha convinto Grillo che aver puntato su Conte è stata la mossa giusta. Ma con questa crescita esponenziale del professore di diritto pugliese, Di Maio è destinato alla marginalità. E quindi reagisce alzando le richieste.

Vuole il Viminale, ancora occupato dal leader leghista Matteo Salvini. Perché sa che l’immigrazione è un tema che ormai fa presa sull’elettorato, specialmente in un momento di crisi economica come questo. Non intende mollare il ruolo di capo politico del Movimento, per tenere a debita distanza Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Di Maio gioca sul fatto che esiste una certa ostilità di alcuni esponenti pentastellati all’ipotesi di accordo con il Pd. Tra questi Davide Casaleggio, guru del Movimento.

Beppe Grillo

In ogni caso però la corda rischia di spezzarsi. E a quel punto bisognerebbe vedere quale sarebbe la reazione di Beppe Grillo se l’iniziativa di Di Maio facesse saltare il Conte bis. Magari riaprendo il forno dell’intesa con la Lega di Salvini. Difficile sapere adesso se l’intera manovra delle trattative è orchestrata con sapienza e ogni esponente recita un  copione concordato dall’intero Movimento.

Ma una cosa è certa: le elezioni anticipate potrebbero trasformarsi in un incubo per i Cinque Stelle. Con Grillo che stavolta il Vaffa lo direbbe ai suoi. Di Maio e Casaleggio compresi.