La “sindrome di Stoccolma” che rischia di azzerare i Cinque Stelle

Il no all’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini snaturerebbe il dna del M5S ma si va in questa direzione. Per la “ragion di Governo”. Però intanto parlamentari e consiglieri regionali locali vogliono dire loro cosa voterebbero? Se la sentono?

Se un anno fa di questi tempi il Movimento Cinque Stelle avesse dovuto votare un’autorizzazione a procedere nei confronti di un ministro della Repubblica, lo avrebbe fatto senza pensarci un attimo. Indipendentemente dai reati contestati, anche perché il Senato o la Camera non sono chiamati ad entrare nel merito, ma soltanto a dire se il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha agito nell’interesse dello Stato oppure no.

Adesso però i pentastellati sono al Governo, se votano per dare l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, il rischio di tornare alle urne diventerebbe altissimo. E con i risultati delle Regionali e con i sondaggi che circolano, elezioni anticipate significherebbero una cosa soltanto: altissima probabilità di un ridimensionamento.

Nelle ultime ore si è palesata una possibile via di uscita. La Presidenza del Senato ha trasmesso alla Procura di Catania gli atti firmati dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e dai ministri Luigi Di Maio (Lavoro) e Danilo Toninelli (Trasporti), allegati alla memoria del ministro dell’Interno Matteo Salvini, sotto esame della Giunta per le immunità di Palazzo Madama sul caso Diciotti. Il procuratore di Catania, con ogni probabilità, potrebbe effettuare ad un atto dovuto, aprendo un fascicolo e iscrivendo nel registro degli indagati i tre esponenti del governo.

Sul piano politico, dalla prospettiva dei Cinque Stelle, questo potrebbe essere letto come una via di uscita. Intanto domani gli iscritti voteranno sulla piattaforma Rousseau. In realtà sarà anche un voto sulla leadership di Luigi Di Maio. Soprattutto dopo che molti parlamentari hanno contestato questo tipo di decisione

 Il dna del Movimento è un altro, a questo punto perfino diverso dall’orientamento di alcuni parlamentari intenzionati a votare no sic et simpliciter. Roberta Lombardi, per esempio, ha detto che bisognerebbe votare sì. In ogni caso rivolgersi alla piattaforma Rousseau significa una cosa sola: scaricare la responsabilità sugli iscritti, cioè principalmente sugli attivisti e sui militanti. Perché il “peso” sarebbe giudicato troppo grande per deputati e senatori.

I quali non hanno altra scelta che arrendersi alla “sindrome di Stoccolma”: votare no all’autorizzazione a procedere, blindando il leader della Lega Matteo Salvini, quello che sul piano politico ed elettorale si sta “divorando” i Cinque Stelle.

Ma perché i parlamentari non dicono come voterebbero al Senato? Per esempio, i deputati ciociari Luca Frusone, Ilaria Fontana ed Enrico Segneri che posizione hanno sul punto. E il consigliere regionale Loreto Marcelli?

Se vogliono, almeno su alessioporcu.it possono osare. Qualcuno se la sente?