Il successore di Buschini, il caso rosa e la ‘non corrente’

Il grande Risiko in Regione Lazio innescato dalle dimissioni di Mauro Buschini. In pole Vincenzi per sostituirlo. Ma c'è la questione delle quote rosa. Verso l'azzeramento dell'Ufficio di Presidenza. Ed il rimpasto delle Commissioni. L'asse si sposta troppo al centro. I limiti di una componente non 'organizzata'.

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Le dimissioni di Mauro Buschini danno il via al grande Risiko in Regione Lazio. Bisognerà eleggere un nuovo presidente del Consiglio Regionale. Ed, a cascata, riequilibrare gli incarichi per il resto del Gruppo. Non sarà un’operazione chirurgica, non sarà in intervento limitato. Le indiscrezioni invece annunciano un maxi rimpasto che prevede l’azzeramento dell’Ufficio di Presidenza, il riordino di tutte le presidenze di Commissione. (Leggi qui Buschini spiazza tutti: si dimette da Presidente).

I nomi in pole per il dopo Buschini

Marco Vincenzi (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

In pole position per l’elezione a Presidente al posto del dimissionario Mauro Buschini c’è l’attuale capogruppo Marco Vincenzi. Al suo posto, a guidare i consiglieri Dem in Aula andrebbe Michela Di Biase. Il che sarebbe un netto spostamento della rotta dalla sinistra zingarettiana al centro di Area Dem guidato da Dario Franceschini, retto nel Lazio da Bruno Astorre e rappresentato in Regione dal vice presidente Daniele Leodori.

Un cambio di rotta che diventa ancora più marcato se si tiene conto di alcuni cambiamenti avvenuti nelle scorse settimane. In primis Daniele Leodori che assume le strategiche deleghe al Bilancio lasciate da Alessandra Sartore per diventare Sottosegretario all’Economia. Non basta: c’è stata anche un’altra sostituzione emblematica ed è quella del Direttore Generale Andrea Tardiola che è andato a ricoprire il ruolo di Capo della Segreteria del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti. Uno degli uomini più fidati di Nicola Zingaretti che è stato sostituito con la dottoressa Wanda D’Ercole: non etichettabile politicamente.

L’uscita di scena decisa da Mauro Buschini sposta ulteriormente l’asse, tanto da apprire quasi una de-zingarettizzazione della Regione di Zingaretti.

Marta Leonori (Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Il che apre un dibattito sulla necessità di riequilibrare gli assetti interni. Serve almeno un nome zingarettiano per uno dei posti chiave.

Non solo. Si apre ora la questione della rappresentanza femminile esploso in occasione della scelta dei nomi da mandare nel Governo Draghi. E che ora si ripropone in Regione Lazio. Una situazione che lancia sul tavolo da gioco il nome di Marta Leonori.

Il successore arriva lunedì

Tra i temi in discussione c’è anche quello delle dimissioni degli altri cinque componenti dell’Ufficio di Presidenza che a dicembre ha dato il via libera all’infornata di 24 assunzioni ora al centro delle polemiche “pescando” dalle graduatorie di un concorso bandito dai comuni di Allumiere e Arcinazzo. In quelle graduatorie c’erano nomi vicini a consiglieri di Pd, Movimento 5 Stelle e Lega; uno o due riconducibili a Buschini.

Sono in bilico a questo punto i vicepresidenti Devid Porrello (M5S) e Giuseppe Cangemi (Lega) e dei consiglieri segretari Michela Di Biase (PD), Gianluca Quadrana (Lista Civica Zingaretti) e Daniele Giannini (Lega). L’intenzione è quella di sostituire tutti.

Michela Di Biase (Foto: Sara Minelli / Imagoeconomica)

Con ogni probabilità a gestire la partita sarà il prossimo presidente. Il quale dovrà aprire anche il dossier sul rinnovo delle Commissioni scadute a novembre, alle quali si aggiunge la nuova commissione Trasparenza voluta per fare piena chiarezza. Non sembra al momento in discussione l’equilibrio nella suddivisione tra i Gruppi: 5 al Pd, 2 a M5S e FdI, 1 a Radicali e Demos, a Italia Viva e Verdi, a Forza Italia e Lega.

La non componente

Il quadro di insieme getta luce su una circostanza sempre più evidente: Nicola Zingaretti non ha mai voluto realizzare una componente strutturata. Lo ha fatto in piena coerenza con la sua visione del Partito Democratico: uno, unitario, privo di correnti interne.

Ma questa assenza di una componente strutturata rischia di mettere in discussione la stabilità dell’area. Per due limiti evidenti emersi in queste ore. Il primo: Mauro Buschini è stato lasciato da solo sotto al fuoco mediatico ed anche al fuoco amico, senza che nessuno intervenisse. È mancato un coordinamento che facesse quadrato. Ad esempio, ricordando urbi et orbi che non c’è stata alcuna decisione presa da Buschini ma semmai dall’Ufficio di Presidenza nel suo insieme. E facendo un’immediata chiamata di correo, seppure di ordine morale.

L’assenza di tutto questo si è tramutata in un segnale quasi di abbandono di Buschini al suo destino. Come se fosse sacrificabile. Al punto da consentire che venisse aperto su di lui anche il fuoco amico dall’area di Base Riformista: un infuocato post del consigliere provinciale Alessandra Sardellitti ha, di fatto, messo fine alla tregua interna.

Alessandra Sardellitti

Il secondo: la scelta fatta da Buschini di dimettersi è avvenuta in totale solitudine. Non c’è stata una strategia né sul modo di proporla né su come annunciarla. Una componente strutturata avrebbe preteso le dimissioni contestuali dell’intero Ufficio di Presidenza. Richiamando tutti alle loro responsabilità politiche ed amministrative.

C’è anche un terzo risvolto: nel momento in cui è iniziata la corsa alla successione di Buschini Area Dem si è mossa subito e bene. Senza consultare altri. Perché non c’è un coordinatore della componente.

Dimissioni di Buschini non dovute

Il che rende ancora più amare le parole pronunciate dalla maggioranza che governa la Regione Lazio nel momento in cui ha dovuto prendere atto delle dimissioni di Buschini.

Nel prendere atto delle sue dimissioni, vogliamo ringraziare Mauro Buschini per il profondo senso di responsabilità verso i cittadini e l’amore verso le Istituzioni che ha sempre dimostrato”.

Le dimissioni, vogliamo ribadire con forza, nascono esclusivamente dalla volontà di assicurare la piena trasparenza e serenità per lo svolgimento dei prossimi atti del Consiglio”. Tra questi c’è l’istituzione di una Commissione Trasparenza, che lo stesso presidente Buschini ha fortemente richiesto.

Nessuna violazione

Loreto Marcelli

Il Movimento 5 Stelle esclude che ci siano state violazioni nelle procedure. “Siamo certi che nessuna violazione ci sia stata nelle procedure di assunzioni al Consiglio Regionale del Lazio e ci auguriamo che in tempi brevi la Commissione Trasparenza, istituita per verificare il corretto svolgimento dei procedimenti, confermi che tutto e’ stato svolto nel pieno rispetto delle regole”.

Apprezziamo la scelta di Buschini di fare un passo indietro per garantire l’imparzialità nella scelta dei membri della Commissione. Come da regolamento, devono essere nominati dal Presidente del Consigli. Da qui a fine legislatura avrà il compito di affrontare tutti i temi che meriteranno approfondimento. Una decisione saggia che esclude qualsiasi interferenza nella nomina e nell’operato del gruppo che dovra’ appurare come siano andate effettivamente le cose”. 

Via l’ufficio di Presidenza

Il Gruppo di fratelli d’Italia prende atto “del gesto di responsabilità del consigliere Buschini” e sollecita le dimissioni dell’intero Ufficio di Presidenza che ha votato e approvato all’unanimità i discussi atti al centro della polemica di questi giorni.