Tajani riporta gli azzurri al centro: nel nome del Cav e con una combo laziale

Il vero playmaker della politica italiana è lui. Che ha capito come il centro fosse un feudo da ripopolare. E che ora lancia Chiusaroli per Bruxelles

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Con lui ci eravamo lasciati nella bolla zuccherosa di un Congresso che lo aveva eletto Segretario Nazionale. Non più Presidente per carità ché quella carica è come le maglie di certi campioni di calcio. Non ci sarà più un Silvio Berlusconi a tenere le redini del purosangue azzurro. E tuttavia questo non ha minimamente scoraggiato Antonio Tajani, il nuovo playmaker del centrodestra italiano. Centrale, centrista e centrato su obiettivi che solo qualche mese fa sembravano irrealizzabili.

Diciamocela tutta: dopo la morte del Cav la sola cosa che gli analisti studiati avevano visto per Forza Italia erano le mascelle di Giorgia Meloni e quelle di Matteo Renzi che colavano bava. Accerchiati, gli azzurri, erano come quelli di Fort Alamo ed intorno era pieno di messicani. Il partito-azienda era certissimamente dato come in procinto di un salasso a due giugulari che pian piano lo avrebbe svuotato come una vescica.

Perché non ci ha preso nessuno

Antonio Tajani al Consiglio Nazionale di Forza Italia (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Non ci ha preso nessuno e dopo i segnali buoni del Congresso si aspettavano i numeri, le proveprovate sul campo con i test regionali di calibro. E con un Antonio Tajani che veniva letto come quei delfini che erano rimasti tali per tanto tempo. Perciò che possono solo perpetuare la linea del sovrano ma senza esserlo, il sovrano. E che affondano miseramente nella broda di un destino segnato.

E poi? Sarebbe facile parlare dei risultati, delle percentuali e dell’appeal irrobustito, ma sarebbe scorretto. No, qui è il caso di partire da cose che il Segretario aveva messo in conto già dieci minuti netti dopo il funeralone di Milano. Qualcuno dice anche prima, con il patriarca arcoriano che al san Raffaele faceva i conti con la caducità di tutti, anche di quelli col mausoleo pronto.

Non solo tattica ma anche background

Paolo Barelli e Antonio Tajani (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Cose che non sono solo l’elenco sciapo delle azioni tattiche: ripianamento dei debiti, cassa coi morosi, modifiche di statuto et cetera. Macché, il fiuggino Tajani ha fiutato l’aria ed ha capito una cosa più cardinale ancora. Che gli italiani ed il 70% degli europei fondamentalmente puntano a tre cose. Sicurezza in famiglia, qualche gabella in meno e domeniche alla Mulino Bianco, brandizzate in un loop da purgatorio con piccoli innesti basso-paradisiaci.

E’ il centro baby, l’aurea mediocritas che qui da noi tiene banco dai tempi del Boom e prima ancora. E che non era una nuova frontiera da colonizzare, ma un reame antico di cui ribadire i confini. Ed allargarli, con un po’ di sana cazzimma post democristiana. Nel Lazio, che esprime anche il vice nocchiero Paolo Barelli, Tajani ha puntato sulla resilienza di quel mood.

La sfida nel Lazio e gli uomini-cemento

Claudio Fazzone

E su uomini e donne che ne dessero cifra forte, riuscendo a fare passare sempre e comunque un messaggio. Quello per cui in Forza Italia non si urla troppo, non ci si accapiglia sui massimi sistemi pitecantropi e si bada al sodo. Alle famiglie, alle mamme ed ai papà che alla fine possono essere genitore uno, due, tre, tredici o quel che si puote dove il Paese vuole. Ma che alla fine una cosa vogliono: stare tranquilli, tenersi a disposizione parte del budget familiare per dire che la vita è sopportabile. Ed andare per prati, musei o messe quando il calendario è rosso.

Claudio Fazzone ha saputo tenere insieme questo fascio di cose ovvie ma giganti con efficacia unica. Non si è scomposto di fronte agli headhunter interni tre anni fa. Non ha ceduto il passo quando ha perduto pezzi ed alla fine, nel nome del Cav e del suo erede laico, è andato a meta.

Fazzone mastice e Chiusaroli che corre per Bruxelles

A fine febbraio per il senatore è arrivato il premio, anzi, il riconoscimento-upgrade. Lo aveva celebrato e qualificato un post della neo responsabile provinciale azzurra per Frosinone Rossella Chiusaroli. Coordinatrice che dal direttivo di venerdì è uscita con l’investitura a correre per le Europee. E che rischia di dare una spallata alla “territorialità” unica che in queste settimane sta mettendo in campo per Frosinone il solo Mario Abbruzzese con la Lega.

“Esprimo vive congratulazioni al senatore Claudio Fazzone per il prestigioso incarico di segretario responsabile della conferenza dei segretari regionali. Incarico “conferitogli dal presidente nazionale di FI, Antonio Tajani. Voglio rivolgergli anche i migliori auguri per un mandato foriero di soddisfazioni”.

La polpa stava e sta tutta nella chiosa: “Sono convinta che grazie alle sue indiscusse qualità di mediatore e uomo del dialogo saprà coordinare e supervisionare l’attività politica di tutte le segreterie del paese”.

La quadra di Quadrini

Una propensione alla mediazione che è emersa anche nel summit di questi giorni all’hotel Bassetto di Ferentino, dove un ispirato Gianluca Quadrini, pure presente ad un summit bis a Frosinone come capo gruppo azzurro alla Provincia, l’ha messa a fuoco: “Il centro già c’era”. E poi: “Questo è un partito attrattivo e le persone che lo compongono sono valide perché hanno la capacità di fare sintesi. Eccole, le keyword che mancano ai sovranisti come metodo: mediazione e sintesi.

Capacità tutta post-dorotea di arrivare al risultato ma senza mai sbrecciarsi i fianchi sugli spigoli della propria inflessibilità ideologica e comunicativa. Ecco perché in Sardegna ed in Abruzzo Forza Italia ha fatto un solo boccone della Lega salviniana. Ecco perché senza troppo attendere i risultati sappiamo già che le Europee consegneranno un blocco da cui non si potrà prescindere. E quel blocco sarà quello del Ppe, la casa degli europei cheti. Innestato con altre botteghe, certo ed ovvio, ma centrale perché già centrale.

Puntare alle famiglie

Un frame del Mulino Bianco

Quelli che si fanno la riga al lato e che baciano moglie/compagn*/cane prima di andare al lavoro con un Suv ibrido comprato a comode rate. Auto sulla quale imbarcano figli né troppo nerd né troppo resistenti. Che sui migranti hanno idee orientate, ma blande e quiescenti. E che con le banche hanno lo stesso rapporto di Catullo con Clodia-Lesbia. E’ elegia e non sarà mai sturm und drang, Forza Italia, e quel mondo là, piaccia o meno, resiste anche al netto di tanti e splendidi mondi alternativi.

Perché ha uno zoccolo duro ed antico che stava nelle pieghe del Paese da prima di Arcore. Ed ecco dove hanno sbagliato, sbagliato tutto, i centristi ex post di Azione ed Italia Viva. Nel credere che ci fosse un popolo centrista da (r)accogliere e non accorgendosi che c’era un centro che invece poteva (r)accogliere loro.

Accoglierli in un boccone. Nel nome del Cav ma con la bocca di Antonio Tajani. Che ha denti grossi e grandi mascelle, ma non lo aveva detto a nessuno.