Euro-Tajani all’Eur, dove è tutto pronto per il primo congresso del dopo Cav

Da reggente a segretario, tutto in due giorni. E con il nodo dei vice che non intacca la rinnovata verve azzurra. Che anche a Cassino ha pesato

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Nel Partito le cose vanno bene come non andavano da tempo. La morte di Silvio Berlusconi ha sì cambiato tutto, ma senza i postumi tellurici paventati. Ultimamente Forza Italia sembra esser diventato (ancor più) quello per cui era nato. Cioè un grosso e rassicurante monolite di moderazione liberal, un approdo sicuro per molti ex urlatori. E soprattutto per moltissimi centristi che alla fine l’hanno capita, la canzone.

E’ quella, ovvia ma non troppo, per cui in Italia è meglio riesumarlo, un centro già collaudato, piuttosto che farne da capo uno nuovo ed al prezzo di risse continue tra bulli senza numeri.

Si sceglie, non si acclama più

Silvio Berlusconi nel ’94 con Antonio Tajani (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Insomma, Antonio Tajani ha di che esser contento ed adesso per essere felice gli manca solo l’investitura ufficiale come Segretario degli azzurri. Quella gli arriverà domani, venerdì 23 e sabato 24 febbraio con il Congresso Nazionale di Forza Italia, il primo dopo la morte di Silvio Berlusconi.

Ed il primo in assoluto in cui non si potrà fare come quando c’era Berlusconi. Che in quanto fondatore era una specie di Ottaviano Augusto già passato alla fase Tiberio, cioè “primus inter pares” ma molto primus e poco propenso a considerare gli altri pares.

A Tajani toccherà invece portare risultati, non potendo portare soldi e carisma, e lui si era attrezzato da prima. Aveva ripulito il Partito dai morosi e modificato lo Statuto. Poi si è gradualmente scollegato dagli “arcoriani” ma tenendo sempre intonsa e sacra la mistica del Padre Fondatore. Ed alla fine ha promosso i Congressi territoriali, perché adesso a lui, che non può lanciare ukase, servono conte, numeri e strutture.

Il carisma di Rossella e il voto a Cassino

Congressi come quello di Frosinone, che alla fine si è risolto con l’acclamazione della cassinate Rossella Chiusaroli. Il 20 gennaio scorso la già componente della trimurti nocchiera composta anche da Adriano Piacentini e Daniele Natalia era stata eletta all’Edra di Cassino.

Il coordinatore regionale Claudio Fazzone aveva “benedetto” quell’investitura dal basso e Forza Italia si era preparato anche per i cimenti locali. Cimenti come quello, nevralgico, delle elezioni amministrative di Cassino. Cioè dove guarda caso è stata proprio Rossella Chiusaroli a dare per prima la notizia della tanto sofferta “quaglia” con FdI sul nome di Arturo Buongiovanni jr come sfidante per il centrodestra “unito” di Enzo Salera.

E il dato, non quello su “cosa si è deciso”, ma su “chi ha annunciato la decisione” è passato forse un po’ troppo sotto tono. Il dato è quello per cui il Partito di maggioranza e che esprime la premier ed un coordinatore provinciale che è anche parlamentare ha appaltato il nuncio e non senza mal di pancia interno, in primis quello di Michelina Bevilacqua. E si è fatto fare “bardo” sulle sue decisioni dal Partito consacrato come il più “cheto” e senza marosi interni.

Claudio Fazzone (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

L’imprinting di Forza Italia è queto, oggi più che mai. E’ la saggezza quadrata in mezzo all’istinto al quadrato. Il sunto a livello sistemico è che Forza Italia sta saldamente abbrancato a tutti gli slot di una renaissance che, in soldoni, punta ad ottenere il 10% alle Europee. Ed a mettere la freccia sulla decotta Lega di Matteo Salvini.

Addio delfinato: la partita è sui vice

Da questo punto di vista la candidatura del vicepremier e titolare della Farnesina alla segreteria di Forza Italia è molto di più che l’ufficializzazione di un lungo ed inattaccabile delfinato.

Ovviamente c’è poco da analizzare in zona esito: Tajani non ha competitor interni e la sua nomina è certa. Quello che è più dinamico è l’aspetto legato a ciò che accadrà “sotto di lui” ad opera dei milleduecento delegati attesi al Palacongressi dell’Eur. L’Inkiesta cita Giuseppe Alberto Falci sul Corriere della Sera: “Sarà nominato Antonio Tajani”.

Ma se l’aspetto di un Partito lo si vede da chi lo guida le sue rotte sono definite da chi della guida ha facoltà di surroga, perciò il discorso dei vice segretari è ben diverso. E molto più complesso. Se ne dovranno eleggere quattro , che a detta del quasi capo “avranno tutti lo stesso ruolo e potere”.

Roberto Occhiuto (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il Corsera ha disegnato il quadro. In lizza ci sarebbero Deborah Bergamini, Alberto Cirio, Stefano Benigni e Roberto Occhiuto. Hanno prevalso loro nel gioco dei veti incrociati, degli equilibri tra le correnti. Una partita dove pesano anche i rapporti personali, vecchie amicizie e legami che prescindono dal posizionamento politico”.

Bergamini è la saggezza collaudata, Benigni è l’uomo di vertice dell’ala “young” del Partito. Ma soprattutto è il piede di Marta Fascina nella porta del Partito che il suo compagno fondò. Occhiuto è l’uomo del Sud, la sponda azzurra in zona Ponte sullo Stretto e il giannizzero numero uno del potentissimo eurodeputato napoletano Fulvio Martusciello. Il particolare non è da poco: Forza Italia conta di fare messe soprattutto al Sud e di dare il colpo di grazia proprio alle Lega di Matteo Salvini. Carroccio che da quelle parti, oltre lo Stretto di Messina per la precisione, ci ha dovuto spedire come commissario Claudio Durigon per ramazzare voti.

Capovolgendo la bussola poi c’è Alberto Cirio, che governa il nordico Piemonte ma che porta le stimmate sfocate di essere stato contiguo a Licia Ronzulli, non proprio la più fedele supporter di Tajani. Le Europee sono alle porte e, con la segreteria in tasca, il vice di Giorgia Meloni andrà a mettere la faccia come capolista per il grande cimento del “suo” Ppe.

Il riflusso post sovranista

Antonio Tajani (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

La data per l’ufficializzazione è quella di sabato 24 febbraio, in serata, quando Antonio Tajani si prenderà ufficialmente un Partito che pochi credevano potesse sopravvivere alla sua mistica fondativa. E che potesse superare anche il magnetismo effimero dei mesi successivi alla morte del suo leader storico per farlo diventare attrazione sistemica.

E’ il grande riflusso contro i sovranismi che ha tenuto gli azzurri a galla anche quando le onde le surfavano, urlando, gli altri. Perché in politica puoi essere i Beach Boys e vendere tanto ma non per sempre, oppure puoi essere Dylan, e vendere tantissimo anche per mezzo secolo.

E quando vai per l’azzurro del mare o navighi sotto costa in scialuppa e gridi che sei bravo oppure prendi il largo con una solida nave e che sei bravo lo fai vedere. Il resto poi vien da sé. Magari all’Eur e col faccione del Cav a sorridere gigantografato nel vedere che il delfino alla fine si è fatto squalo.