Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 31 gennaio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 31 gennaio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 31 gennaio 2023.

ARTURO PARISI

Arturo Parisi (Foto: Alessandro Paris © Imagoeconomica)

C’era un solo modo per replicare al tentativo di “appaltare” la figura di Dante mettendole sul cranio il serto nero prima del fascismo e poi della destra sdoganata da mali che non commette più e quel modo era rimettere Dante al centro della mistica di ogni italiano che si rispetti.

Magari anche becero e incolto come un palo di rovere, ma almeno beatamente innocuo nell’invocazione di un genio italico. Ma Arturo Parisi è un intelletto di quelli sottili e taglienti come le katane ed ha fatto di più: lui in un solo colpo ha rimesso Dante sia al di fuori del recinto ideologico che al di dentro di quello in cui fare paragoni per il Pd non è sbagliato. Insomma, un capolavoro di funzionalità che ha messo assieme candore e zolfo puro di mente argutissima.

Il preambolo, come accade ormai da mesi, era il nome da dare alla stanca creatura che abita troppo al Nazareno e poco nelle case popolari. Per Arturo Parisi parlare di un nuovo nome, cioè non tanto darglielo, ma dibatterci sopra, è tutt’altro che fuffa. No, per lui è utile perché è sintomo di ripartenza vera o quanto meno di volontà di mettere la ripartenza in cima alla lista delle cose da fare subito.

Ecco come l’ha messa Parisi: “Considerato quel Nuovo Partito Democratico, scritto da tutte le parti tutto in maiuscolo, con contorno di Congresso e Assemblea Nazionale Costituente per dire di una ripartenza grazie al ritrovamento con gli scissionisti di Art.1, più che utile sarebbe appunto conseguente”. Insomma, Parisi ha rispolverato l’aforisma di Backer per cui “saperlo è Scienza, usarlo è Arte”.

Non contento ha fatto una tirata di orecchie a Giuseppe Valditara talmente gagliarda che adesso il ministro di Istruzione e Merito se ne può fare tabarro. “Utile è sicuramente parlarne, e perciò preziosa la provocazione di chi invita a cambiarlo”. Poteva non abbrancare l’assist? “Se si pensa con Dante che i nomi sono conseguenti alle cose presenti o ai progetti tutto dipende dalla cosa o dal progetto evocato“.

Colpiti e affondati.

MAURIZIO CIANFROCCA

Maurizio Cianfrocca

Coi sono tanti modi per porsi di fronte alla vita. Soprattutto quando è vita di amministratore pubblico e dalle tue scelte dipende la qualità dell’esistenza dei tuoi concittadini; dalle tue dichiarazioni dipende l’immagine della città intera. Proprio per questo in tanti cedono alla tentazione di nascondere la polvere sotto al tappeto, provando a lavare in famiglia quei panni che non è opportuno far vedere fuori. Il sindaco di Alatri Maurizio Cianfrocca ha avuto il coraggio di tirare la testa fuori dalla sabbia.

Non più tardi di lunedì aveva messo tutto nero su bianco in una Pec. Indirizzata all’Arma dei Carabinieri. Per dire che nonostante il loro impegno e la loro dedizione… no, le cose in città non andavano bene. Perché c’erano zuffe alla sera, spedizioni punitive, pestaggi. I fatti gli hanno dato drammaticamente ragione. Ora c’è un ragazzo di 18 anni della sua città che è clinicamente morto a Roma per un colpo di pistola sparato contro di lui lunedì sera in pieno centro. (Leggi qui La testa sotto la sabbia di Alatri).

Il problema non è solo di Alatri, non è solo dei Comuni intorno. È un problema che non si può risolvere solo con i carabinieri, solo con le telecamere, solo con i manganelli. C’è un disagio che ormai sta facendo marcire tutte le fondamenta: mancano gli esempi, manca l’autorevolezza di chi possa parlare e dire che esiste anche un altro modello. Che non è quello della prepotenza, non è quello costruito sulla violenza.

Ma fino a quando ci nasconderemo, fino a quando metteremo la polvere sotto al tappeto per dire che nel nostro paese va tutto bene, faremo soltanto finta. Maurizio Cianfrocca ha avuto il coraggio di dirlo. Ma non ha fatto in tempo ad avere una risposta.

La rottura dell’ipocrisia.

FLOP

ROCCA – BIANCHI – D’AMATO

Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica

Accarezzare la pancia degli elettori è la cosa più comoda, più semplice, più utile. È quello che fanno tutti i candidati a tutte le latitudini. Vietato trascinarli in ragionamenti troppo complessi e che non capiscono: si sintonizzerebbero subito su un altro candidato, più rassicurante e più attento ad accarezzare la loro pancia. È quello che sta accadendo anche con i candidati alla guida della Regione Lazio.

Quello che sta mancando è il coraggio della competenza. Di uscire dal compitino semplice e sicuro. Affrontando alla radice i problemi che affliggono il Lazio per un’infinità di motivi e non per colpa di uno soltanto.

Un’evanescenza che è ancora più imbarazzante di fronte al più grande progetto di sviluppo del territorio che si sia visto nell’ultimo quarto di secolo. È quello presentato sabato sorso dai quattro industriali che hanno rilevato le azioni di Acqua e Terme di Fiuggi. Non per fare una speculazione finanziaria ma per realizzare un’investimento che parte dall’acqua ma si estende a tutto il comprensorio ed all’intera provincia. (Leggi qui: Se quattro industriali sono più forti di tutti i candidati).

Per arrivare a svilupparlo occorrono elementi precisi: la conoscenza del territorio, la capacità imprenditoriale, il coraggio di rischiare. È esattamente quello che non si vede nei candidati al governo del Lazio.

Evanescenti anziché frizzanti.

AMADEUS

Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica

Galeotto fu Bruno Vespa che era andato ad intervistarlo a Kiev per fare il botto in una sua puntata di Porta a Porta di quelle da mettere in bacheca.

Il giornalista aveva raccolto l’ultimo fra i desiderata di Volodymyr Zelensky e lo aveva girato ad Amadeus. L’idea era di mandare un videomessaggio del capoccia ucraino proprio dal palco dell’Ariston e quando il conduttore ha saputo si è messo a ballare la giga irlandese in sala stampa che Michael Collins scansati.

Amadeus, che grazie al festival da sherpa si è consacrato capocordata, alla fine fa solo il suo mestiere. Ed il suo mestiere è creare casi sociali che diano polpa ad un evento ormai lontano eoni dal pentagramma in purezza.

Eppure dovrebbe esserci un limite preciso fra uno scopo di share e l’opportunità di raggiungerlo e parlare di guerra nel tempio della lievità in chiave biscroma del pop italiota pare davvero troppo.

Il problema sta tutto in un’analisi a clessidra che andrebbe fatta più spesso ed applicata a più ambiti. Ed il problema non è considerare la guerra troppo per Sanremo, ma avere l’onestà di ammettere che Sanremo è troppo poco per parlare di guerra. A dispetto dei numeri, a dispetto dello share, a dispetto del battage “impegnato” di una cosa che resta totem di disimpegno.

E a dispetto di Amadeus, che sogna di fare la storia invece di accontentarsi di un posto d’onore nelle Teche Rai.

Fiori, non power flower.