Ignazio Portelli, il prefetto del silenzio operoso

FOTO: © STEFANO STRANI

Gattopardesco, votato alle teorie del sociologo Achille Ardigò e fedele al 'silenzio operoso'. In Sicilia ha imposto alla mafia le gare pubbliche per la gestione dei rifiuti. E l'ha mandata via dai boschi che aveva occupato abusivamente. Chi è il prefetto Ignazio Portelli.

Di lui dicono che sia gattopardesco. E come il principe di Salina sia abilissimo nell’assecondare. Ma insuperabile nel fare in modo che poi finisca sempre come dice lui. O meglio, come dice la legge dello Stato. Palermitano, esperto di diritto amministrativo; pochi sanno che oltre a leggere molti libri ha avuto anche la capacità di scriverne. È docente al master di II livello in Amministrazione e Governo del Territorio in una delle più prestigiose università italiane, la LUISS Guido Carli. Lo hanno scoperto, a loro spese un paio di sindaci saliti nel Palazzo di Governo e convinti di poter dare lezioni al prefetto di Frosinone Ignazio Portelli.

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Eccellenza, non è che uno si sveglia la mattina da bambino e dice: “Io voglio fare il Prefetto“. Lei come ha iniziato la carriera?
Ignazio Portelli, prefetto di Frosinone © Stefano Strani

Io da ragazzo, durante gli studi universitari, ho avuto delle passioni. La prima passione era per il Diritto Pubblico e il Diritto Amministrativo; la seconda passione è per le cose che consentono di spaziare, non amo le cose estremamente settoriali, finiscono per dare un senso di monotonia. Ho cercato di fare un lavoro che unisse le due passioni. E quindi un concorso ho fatto: quello per la carriera prefettizia, in cui hai la possibilità di spaziare su tanti temi”.

Che come divagazione non è certo il Carnevale di Rio: cosa c’è nell’attività di funzionario dello Stato che consenta di spaziare?

Io sono entrato nell’Amministrazione dello Stato nell’85 e da allora mi sono occupato di: beni ecclesiastici, accasermamento, accasermaggio delle Forze di Polizia, coordinamento delle Forze di Polizia… Mi sono occupato di legislazione speciale antimafia, mi sono occupato di manovra di finanza pubblica… Insomma: volendo non ci si annoia mai e si apporofondiscono semnpre temi nuovi. E questa per me è stata una cosa molto appagante“.

Cosa significa però poi essere Prefetto, all’atto pratico?

Significa mettere a disposizione della collettività il proprio bagaglio culturale, costruito negli anni trascorsi spaziando sui vari temi. Un insieme di cose che ti deve aiutare a saper affrontare qualunque tipo di problema ti si presenti davanti. Questa funzione, nel campo del Diritto, si chiama funzione di amministrazione generale. Per gente come me, i miei colleghi, i collaboratori che lavorano con me, significa affrontare nel corso della giornata le mille vicende della vita della comunità a cui dobbiamo dare una risposta“.

Non ci si annoia…
Il prefetto Ignazio Portelli durante il periodo da Commissario a Montelepre in Sicilia

No. Anche perchè ho avuto momenti in cui mi è capitato di avere forti scontri, anche davanti a magistrati. Mi sono capitate situazioni in cui i miei interlocutori dicevano «Proprio a me doveva capitare uno che crede nello Stato?!». È capitato con dei mafiosi che occupavano abusivamente terreni dello Stato, in particolare un bosco giù in Sicilia“.

Per imporre la legge occorre crederci…

Intervenni per sfrattarli. Ero un giovane funzionario all’epoca, e ho sempre mantenuto questa linea…

Se vuole, lo Stato allora riesce ad imporsi?

Guardi, intanto bisogna credere che bisogna fare le cose per bene – questo è il primo presupposto – e metterci anima e passione. Questo consente di poter affrontare le difficoltà, che sono sempre tante, che ti si frappongono. A me questa vicenda, quest’aspetto come dire, lo ha insegnato Achille Ardigò…

Ricordiamo chi era…

Un famoso sociologo di area cattolica che io da giovane incontrai a Palermo a casa di amici; erano primi tempi…

Cosa le disse?
Il prefetto Ignazio Portelli. Foto © A.S. Photo, Andrea Sellari

Disse una cosa che era verità:  nel reggimento delle funzioni uno deve trattarle come se si trattasse di fatti personali. Non nel senso di impossessarsi delle cose ma di mettere quella cura e attenzione nella cura della Cosa Pubblica come se fossero fatti propri. E io questo ho fatto“.

Nulla a che vedere con il ‘posto fisso’ di Checco Zalone

Guardi, l’errore sta nel pensare che tutti siano uguali: secondo me la vita è molto differenziata“.

Però qualcuno, in un momento politico di questo Paese, voleva abolire le Prefetture, sostenendo che fossero un retaggio del passato. Le Prefetture servono o non servono?

Guardi, la affronto diversamente. Perché il qualcuno – se fa riferimento a Einaudi  – allora c’è tutta la spiegazione storica che possiamo affrontare. Se fa riferimento all’epoca recente le potrei anche dire che poi questo qualcuno è diventato Ministro dell’Interno e dei Prefetti si è innamorato. (Il riferimento è alla Lega di Bossi e Maroni che intendeva sopprimere le prefetture, poi arrivato il Carroccio al Governo ed al Viminale, comprese quanto fossero fondamentali. Nda).

Frosinone Prefettura Foto: © Stefano Strani

Il vero fatto è questo: l’istituto prefettizio è un segno di enorme modernità. Nasce con la nascita dello Stato moderno: come struttura che deve servire a facilitare il rapporto con i cittadini, con l’amministrazione a far rendere i servizi ai cittadini e via discorrendo. È un istituto presente in tutti i Paesi europei: dovunque troviamo i prefetti. Che  poi assumono altri nomi a seconda della località: per esempio in Polonia ci sono i Voivoide, i Frinkemann in Norvegia, i Gubernatores e Delegado do Gobierno in Spagna e Portogallo, o Subdelegato do Gobierno; Prefetto in Svizzera o in Italia in Francia ma anche ma anche Bulgaria e Romania ed Ungheria (e potrei via via…), in Germania Regent President….”

Quindi non siete un’eredità sorpassata dello Stato centralista…

C’è una costante in questi Stati: che c’è sempre un soggetto che è raccordo tra centro e periferia. Quindi, raccordo tra il Governo nazionale e le circoscrizioni territoriali minori, nel nostro della Provincia…, ma questa figura esiste, esite anche in Stati forti autonomie, come possono essere la Finlandia, la Svezia e Norvegia. Per non parlare poi dei paesi dell’Est“.

Dai mafiosi cacciati dai boschi in Sicilia passa a fare il capo della Segreteria tecnica dei Sottosegretari di Stato all’Interno: quanto è difficile per un tecnico spiegare a un politico qual è la realtà del paese?
Il prefetto Ignazio Portelli durante il periodo al Ministerio dell’Interno

Bisogna rispettare i confini. Il politico ha la sua sensibilità di quella che è la realtà e di come la può percepire…

Beh, proprio per questo serve un tecnico che sia estraneo e gli spieghi come stanno in realtà le cose senza il pregiudizio della posizione politica…

Io ho una caratteristica: non pretendo di insegnare qualcosa a qualcuno…

E allora cosa ci stava a fare lì?

Il mio ruolo era eventualmente di rappresentare la questione. Ho sempre presentato ai miei interlocutori il pro e il contro. Però, siccome io rispetto l’esercizio delle funzioni, sto attento a non invadere il campo altrui. Ho sempre pensato che la mia attività abbia una linea che non devo mai oltrepassare, e quella è stata la mia regola“.

Secondo lei le province di Frosinone Latina dovrebbero essere accorpate?

 “La vicenda delle Province è sempre stata dibattuta. Per comprendere la discussione dobbiamo ricordare come sono nate.

Nell’Ottocento si prendevano tre cavalli che correvano in tre direzioni opposte: partivano all’alba e dove arrivavano al tramonto e si fermavano, quelli erano i limiti della Provincia. Poi si è proceduto verso la fine dell’800 e nel ‘900, quando si doveva delimitare una nuova Provincia, a guardare i confini orografici: fiumi monti… E la separazione di Latina da Frosinone è stata fatta secondo questo criterio. L’asse dei monti Lepini che scendeva: il lato sinistro che guardava il mare è la provincia di Latina, il lato destro è Frosinone.

Roberto Maroni, ministro dell’Interno ai tempi del Governo Berlusconi

Negli ultimi anni i progetti di riforma avevano come riferimento la popolazione. Una volta si diceva che andassero soppresse le province con meno di centomila abitanti, un’altra quelle con con popolazione inferiore a 250mila abitanti.

Semmai oggi si dovesse pensare ad una riforma delle province che prevedesse l’ipotetica fusione tra quelle di Frosinone e Latina penso che il ragionamento andrebbe fatto sull’esercizio delle funzioni.  Cioè una capacità di avere una visione strategica per il destino delle popolazioni, di ciò che va fatto per migliorare le condizioni di tutti.

Se si tratta invece solo di un escamotage – decideranno i consigli, il Parlamento – un escamotage per aggirare forti questioni presenti, (allora) si tratta solo di un escamotage, a questo punto per rinviare le questioni“.

Il Prefetto coordina il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubblica. Da tempo i suoi predecessori hanno smesso di dire che questa sia un’isola felice: anche lei ne è convinto?
Il prefetto di Frosinone Ignazio Portelli durante una visita al Comando Provinciale Carabinieri di Frosinone

Fino a che punto la malavita organizzata ha i suoi tentacoli su questo territorio non lo so, ma i tentacoli ci sono e sono principalmente connessi al riciclaggio…

Quindi zona di reinvestimento,  senza clan insediati…

Non è proprio così; ci sono tracce di insediamento, presenze… Ma io su questo terreno preferirei soprassedere: ci sono indagini aperte ed è opportuno lasciare agli organi preposti la necessaria tranquillità per svolgere la loro opera. Mi limito a dire che c’è stato un problema di radicamento di famiglie rom su cui si è intervenuti recentemente. Ci saranno in seguito ovviamente altre attività…

Le Prefetture, all’improvviso sono state catapultate in prima linea per gestire l’ondata di migrazione legata ai fattori ambientali…

Accadde nel 2006, quando gli sbarchi furono così ampi numericamente parlando, che ci sono state subito delle mie difficoltà. Ma il sistema è stato messo a regime. Ormai abbiamo un quadro attento, preciso, con un sistema di rilevazione continua di presenze e delle forme con cui si fanno le spese. Se qui ci sono state punte massime di circa 3300 migranti nel 2016, oggi siamo solo a 1340 persone“. 

Dicono che il Prefetto Ignazio Portelli un giorno, all’improvviso, se ne sia andato tra Ceccano e Patrica per sentire se c’era davvero la puzza di cui sentiva parlare in televisione e leggeva sui giornali. L’ha sentita?

Si, l’ho sentita”.

E poi dicono che lei abbia convocato qualcuna delle persone che potevano avere competenza in materia. E di fronte a risposte che non l’hanno convinta gli ha declinato una serie di elementi tecnici, facendo impallidire gli interlocutori.

 “Guardi, la questione ambientale, qua è una vergogna. Per due ordini di motivi: uno, che ci sono intere generazioni che non sanno cos’è un fiume pulito; il secondo aspetto è che c’è gente nel mondo dell’imprenditoria, e piano piano stanno uscendo, che hanno un utilizzo diciamo ‘di distruzione’ delle risorse naturali, e questa a mio avviso non è imprenditoria, ma solo attività di rapina.

L’ondata di schiuma apparsa nel fiume Sacco nel novembre 2018

Bene fa per esempio Unindustria a condannarli.

Poi c’era un sistema globalmente come dire, indolente. La discarica di Via le Lame è cresciuta come una montagna giorno dopo giorno, eppure tutti passavo di lì: uomini di Stato, della politica, magistrati. Insomma vedevano crescere questa enorme montagna di rifiuti, per non dire di altre cose.

La situazione degli odori ha molteplici aspetti: alcuni sono dovuti a scarse autorizzazioni, altre come ho visto a Patrica sono legate proprio ad indolenza assoluta, perché – per quello che io posso capirne – lavorano materiali non previsti nelle autorizzazioni.

Ma è legato anche a come si lavora: non può essere che tengano gli scarrabili aperti con i prodotti che vanno in decomposizione; non può essere che facciano determinate lavorazioni all’aperto.

Quindi, la questione ambientale connessa agli odori nauseabondi ha molteplici aspetti. Per Ceccano è lo stesso. Io a Ceccano sono andato: lì ho preso la bronchite, lo racconto sempre  perché me la porterò per chissà quanto tempo. Non può essere che anche lì arrivi questa schiuma così abbondante e non c’è nessuno che possa risalire agli scarichi.

Noi abbiamo fatto fare al Nas… Sono iniziati tutti i lavori di ristrutturazione. Così si scopriranno tutti gli scarichi connessi.

Dietro a questi scarichi però ci sono delle persone: sversando così avvelnano tutti, stiamo perdendo il senso civico?

“No. Non lo stiamo perdendo noi. Lo hanno perso loro, coloro i quali distruggono la natura. Secondo me sono degli imbecilli e anche persone stupide. Perché uno che distrugge il mondo in cui deve vivere secondo me quello sono: degli imbecilli. Si saranno fatti un portafoglio grande così, l’avranno stracolmo di denaro, avranno conti correnti non so con quanti zeri, però quello sono è quello rimangono: imbecilli”.

Eccellenza, come passa il tempo libero?
Ignazio Portelli, prefetto di Frosinone © Stefano Strani

Quale?”

Immagino che un po’ debba averlo, per scrivere i vari libri che ha pubblicato. In uno di questo racconta, insieme ad alcuni suoi colleghi, l’esperienza da Commissario prefettizio in luoghi di frontiera…

Questo libro doveva vendere poiché decine di copie e invece in 3 mesi è andato esaurito. Ognuno si è diviso una storia: la mia è una vicenda dei rifiuti in Sicilia. Sono stato mandato, mantenendo l’ufficio a Roma, a passare alcuni giorni della settimana in un famoso comune, famoso perché rievoca molto, era Montelepre. E lì il tema dei rifiuti, in tutta l’area è un tema importante.

Li ho fatto una serie di azioni per liberare la gente dai rifiuti e l’operazione è andata discretamente bene; il Comune ha preso per tre anni di seguito il premio per i Comuni più puliti d’Italia, per il riciclaggio… pardon non il riciclaggio ma il riciclo dei rifiuti, anche se si tratta di Montelepre… E quindi è stato uno scontro contro tutto e tutti, perché lì si lavorava solo a trattativa privata, mentre io ho fatto le gare“.

E’ vero che il buon esempio è contagioso? Molte volte la gente aspetta solo quello.

No, veramente uno spera che sia contagioso, e secondo me è così per chi ha l’esercizio e le responsabilità pubbliche. Ti impone di di assumerti responsabilità proprio perché sei titolare di una carica pubblica. E se non lo vuoi fare è meglio che non lo fai ‘sto mestiere“.

Ha girato l’Italia, ha conosciuto i vari territori, i loro pregi pregi e difetti. Il nuovo direttore generale della ASL resta colpito appena arriva in provincia di Frosinone guardando le cifre E dice: “Oh perbacco, qui la prima causa di mortalità non è il tumore, ma qui si muore per le malattie cardiovascolari; cioè si mangia tanto e si cammina poco. Che cosa l’ha colpita di questo territorio?

 “Che se anche vai alla presentazione di un libro di poesie c’è necessariamente un buffet…

Beh, questo questo è il lato piacevole della cosa…

A parte il fattore cardiovascolare…

Qualcuno prima di lei ha detto: “Mai visto tanta burocrazia e la pervicacia della burocrazia che c’è in provincia di Frosinone”; l’ha notato anche lei o era un’esagerazione del momento?

Io credo che questo sia al contrario. Non è un fatto solo di Frosinone, è diffuso, è un nostro malessere nazionale. Abbiamo invece nel nostro paese aree in cui i costi burocratici, la pesantezza degli apparati, sono obiettivamente più ridotti“.

Ignazio Portelli, prefetto di Frosinone © Stefano Strani
A un giovane universitario consiglierebbe di fare la stessa cosa che ha fatto lei, cioè il concorso per iniziare la carriera prefettizia?

Certo. Ma solo se hai una propensione all’impegno verso gli altri. La mia generazione (poi chiaramente non è che siamo tutti uguali, anche noi abbiamo le nostre pecore nere, le nostre pecore grigie) però l’abito mentale con cui vieni preparato nel corso dei decenni è quello orientato al silenzio operoso. Questa tra l’altro fu la prima cosa che mi disse l’allora Prefetto di Palermo quando entrai il primo giorno nel Palazzo di Governo per prendere servizio. Mi disse: “Noi qua siamo solo per il silenzio operoso”. Negli anni ho capito che cosa significasse: come si doveva fare e poi a me è stata anche insegnata la tenacia, la pazienza riformista per ‘lavar la testa all’asino’ e la tenacia nel cercare di perseguire i risultati che in effetti non riguardano te stesso, riguardano il buon andamento della vita di una Provincia“.