Il rimpasto impossibile per mancanza di assessori (di F. Ducato)

Un consiglio comunale dai toni accesi. Con accuse incrociate. Ed un'evidenza: l'esecutivo Natalia è l'esatto opposto di quello Bassetta. Con un sindaco dall'alto livello politico. Ma senza assessori alla stessa quota

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

A volte, in politica, poche parole possono fare la differenza. E rivelare, con una immagine plastica, molte più cose di quante ne possa far vedere un’analisi attenta e ragionata.
È quello che è accaduto giovedì sera ad Anagni, durante il consiglio comunale dedicato all’approvazione di una serie di variazioni di Bilancio, al riconoscimento di una serie di debiti, ed all’analisi delle partecipate.

Un Consiglio lungo, in diversi casi polemico. In cui non sono mancate le frecciate dalla minoranza. Che ha accusato la giunta Natalia praticamente di tutto: di non saper programmare, di fare da sola, imponendo a tutti le proprie scelte (salvo poi chiedere collaborazione); di tenere in giunta, per ragioni di equilibrio politico, alcune figure distintesi più per la loro assenza che per altro. Come l’assessore Retarvi. E come l’assessore Pace.

Ecco, Pace. Nella replica, Pace ha difeso il suo operato, ricordando, giustamente, che non è dalla presenza fisica che si deve giudicare l’operato di un politico. E dicendo due cose. Che il lavoro dell’Ufficio Tecnico è penalizzato, da tempo oramai, dall’esiguo numero di collaboratori, cosa che non permette una programmazione adeguata.

Si potrebbe già rispondere che a sei mesi di distanza dalla vittoria elettorale, la sistemazione dell’Ufficio Tecnico dovrebbe essere cosa fatta, a meno di non considerarsi uguali alla precedente amministrazione, di cui si criticava soprattutto l’indecisione e la lentezza.

Ma soprattutto, ad un certo punto della sua replica, parlando del modo corretto di usare alcuni fondi, Pace ha detto, senza mezzi termini “se volete possiamo fare politica, ma voi sapete che le cose stanno così”. Ecco la frase rivelatrice, quella che alza il sipario su molte cose. Per Pace quindi, stare al governo, fare l’assessore, non significa fare politica. Se le parole hanno dunque un senso, fare l’assessore significa svolgere un lavoro, portare avanti una pratica. Sfugge completamente, sempre ad analizzare le parole pronunciate, l’idea della politica come servizio per il cittadino. E la necessità di avere una visione a cui collegare la propria sapienza tecnica. Altrimenti, appunto, tra politica e tecnica, si fa prima a scegliere la seconda.

Del resto, nella sua replica finale, Natalia ha rivendicato con forza l’orgoglio di avere una visione della città. E di volerla portare avanti fino in fondo. Poi si potrà essere d’accordo o meno, ma un’idea c’è. Ad altri questa idea manca.

E questo porta ad una situazione paradossale. Ieri in città alcuni esponenti della maggioranza, rifacendosi alle accuse di inadeguatezza fatte a due assessori di questa giunta, riflettevano sulla possibilità di rimpasti. Per concludere amaramente: “ma dalla maggioranza chi potrebbe arrivare in giunta?”. Ed in effetti il paradosso è questo; con Bassetta, Anagni ha avuto un tecnico incapace di gestire le anime politiche della sua maggioranza, fino a farla frantumare. Con Natalia abbiamo (chapeau) un politico abile. Ma che si muove in un contesto tale che, se ci dovese essere necessità di un cambio in giunta, non si saprebbe neanche a chi affidare le poltrone. È, in fondo, la forza di Natalia. Quella di spiccare in mezzo a questo scenario. Potrebbe diventare la sua condanna.

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Post scriptum. Vorremmo sommessamente replicare al consigliere comunale Luigi Pietrucci. Che, durante il consiglio, commentando la rogna (perché tale è) del concorso per la Polizia Locale di cui si è parlato qui qualche giorno fa (leggi quiBisogna assumere i vigili: volemose bene), ha voluto definire così l’estensore di queste note: “un fantasioso giornalista che non ci mette nemmeno la faccia”.

Grazie della cortesia. Noi rimaniamo convinti del fatto che, più che la faccia, conta ciò che si pensa e quello che si dice. Soprattutto conta che si pensi bene, prima di dire qualcosa.

Di solito in una persona i due momenti coincidono. Ma non sempre, evidentemente.