La "svolta" del Ddl Nordio e l'analisi di due principi del Foro che ne testeranno nel concreto gli esiti. E che ne spiegano la natura giuridica
Il 10 gennaio del 2024 non è una data qualunque. Non ha lo “shining” degli accadimenti epocali e mainstream ma segna di fatto uno spartiacque nella storia del Diritto italiano. Lo ha scandito la silloge di Giulia Bongiorno in Commissione Giustizia.
È uno spartiacque anche per la politica: perché sull’abrogazione del reato ex 323 del Codice Penale, l’Abuso d’ufficio, passata al Senato in questi giorni, i Partiti si sono divisi. Lo hanno fatto perché spesso loro esponenti sono stati “oggetto presunto” di quel profilo penale che fu.
Ma la politica italiana è il luogo per eccellenza della polarizzazione “a prescindere”, perciò certe divisioni ed i massimalismi che ne conseguono hanno un pregio ed un difetto. Cioè una combo che non dà somma finale di obiettività per sua insita natura.
Da un lato sollevano l’attenzione su temi che, a meno di non vederseli piombare addosso “per tabulas” facendo le scale di un Tribunale, interessano relativamente la grande massa delle persone. Dall’altro fanno a quei temi quel che la poesia fa alla prosa: cioè li elevano a rango di categoria etica e li depauperano della loro natura in punto di Diritto.
Il parere di due principi del Foro
Che significa? Che per prendere misure serene all’abolizione dell’abuso d’ufficio servono pareri tecnici. Considerazioni cioè che non mettano una scelta politica a giogaia della sua opportunità, ma che ne disegnino ratio e conseguenze per quelle che sono. Cioè strumenti per tracciare un quadro obiettivo.
Il via libera all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio è stato veicolato a livello legiferativo da tutta la maggioranza, da Italia Viva ed Azione. Cioè dai Partiti che, per battage ed impalcatura etica, ritengono che il reato in questione fosse solo un freno all’azione amministrativa. E che rappresentasse un deterrente di operatività, oltre che un’occasione per gogne giudiziarie gratuite.
Le formazioni politiche in questione citano le statistiche. Secondo le quali il 90% dei fascicoli istruiti su quell’ipotesi di reato si è risolto in un nulla di fatto. Il fatto non sussiste o non costituisce reato. In attesa di quella sentenza però c’è stata spesso la “castrazione” di legittime velleità politiche e tecniche.
I pro ed i contro, ma quelli sono politici
I Partiti che avrebbero voluto che l’abuso d’ufficio restasse in Codice vedono invece in esso un argine imprescindibile. E perciò nella sua scomparsa individuano la rottura di quell’argine. A loro parere anche il “solo” 10% di fascicoli andati a meta dibattimentale e parte dei quali sfociata in giudicato di condanna definitiva spiega tutto sulla necessità di tenerlo.
Perché fin quando su un milione di cittadini onesti ve n’è uno ed uno solo che onesto potrebbe non esserlo la legge che mette argine alla disonestà di quel singolo su un miliardo è fondamentale che ci sia.
Il dato è che la Legge non consente medie statistiche ma dovrebbe essere settata sul singolo fatto-reato presunto. Senza contare che spesso le vittime dell’abuso d’ufficio sono coloro che non hanno potere contrattuale di resistere alle sopraffazioni.
Salera e Marzi: come la vedono loro
Come funziona dunque, e chi può dare una visione specifica della questione? Sandro Salera è legale designato di molti dei gangli amministrativi del territorio ed una tra le toghe più addentro ai meandri del Diritto. Domenico Marzi è la stessa cosa con una skill prospettica aggiuntiva: è stato uno dei sindaci storici di Frosinone e quindi, solo cognitivamente, ha menzione concettuale del tema su entrambi i fronti.
Ecco come la pensano i due principi dei Fori di Cassino e Frosinone.
Avvocato Salera, brutalmente: lei era favorevole o contrario all’abolizione del 323?
“Io credo che l’abolizione del reato di abuso d’ufficio sia l’ennesimo autogol della classe politica. Gli amministratori pensano evidentemente in tal modo di liberarsi dall’ansia di procedimenti penali a loro carico. Paradossalmente potrebbe accadere esattamente il contrario. Perché una Procura che abbia fondato sospetto di condotte illecite, al fine di ogni giusto e dovuto approfondimento, finirà per iscriverli nel registro degli indagati per reati certamente più gravi ed infamanti”.
Per lei quindi si tratta di un errore anche da un punto di vista tattico-procedurale?
“Certo. Reati che peraltro consentirebbero anche indagini più invasive (intercettazioni telefoniche, ambientali etc.). Al contrario, con l’abuso d’ufficio, hanno , fino ad oggi, avuto processi con esiti costantemente favorevoli”.
“E non è’ la prima volta che assistiamo a fenomeni di incredibile “Tafazzismo” dei nostri rappresentanti, di ogni estrazione politica. Non è un caso che quell’equilibrio tra poteri che i nostri Padri Costituenti avevano voluto, sia da tempo venuto meno. E non certo per colpa della Magistratura”.
“Ma solo ed esclusivamente per debolezza ed incompetenza, in materia giuridica, di chi ci ha rappresentato”.
Avvocato Marzi e già sindaco Marzi, entrambi di lungo corso. Alla luce di queste vie congiunte che hanno segnato la sua esistenza pubblica e professionale, qual è il suo giudizio sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio?
“La decisione principale che ha addotto il Ministro della Giustizia a sostenere il Disegno di legge che cancella il reato di abuso d’ufficio risiede nello squilibrio che vi è tra le iscrizioni della notizia di reato e la decisione di merito. Tale squilibrio è rimasto costante dopo tutte le modifiche indirizzate a far sì che la fattispecie fosse ricondotta entro criteri più rigorosi”.
“Non si può fare a meno di sottolineare come nel 2021 le condanne per abuso d’ufficio sono state solo 18 in primo grado, mentre il numero delle iscrizioni nel registro degli indagati sia stato molto alto (4.745 nel 2021 e 3938 nel 2022 – nda). Di questi procedimenti 4121 sono stati archiviati nel 2021 e 3536 nel 2022“
“I numeri testè rappresentati pongono in assoluta evidenza come la norma di prossima abrogazione sia spesso utilizzata per sostenere condotte illecite inesistenti. Condotte che, probabilmente più accurate indagini avrebbero consentito di inquadrare in altre ipotesi di reato ben più gravi. Non si può non sostenere che la riforma invocata da più parti, da noi penalisti in primo luogo, ma anche da politici “timorosi”, sia giustificata“.
Crede che l’articolo uno del Dl Nordio possa rappresentare un’occasione di snellimento e miglioria oggettiva dell’esercizio dell’azione penale oppure che senza il 323 Cp, come hanno commentato alcuni, si andrà verso una sorta di “giustizia classista”?
“E’ certo che l’abrogazione dell’articolo obiettivamente modificherà l’iniziativa della magistratura inquirente rispetto all’azione amministrativa. Con la conseguenza che il controllo di legalità sarà certamente affievolito e presumibilmente lieviteranno il numero di condotte disinvolte. Pertanto, in base alla mia esperienza politico amministrativa, non posso fare a meno di sottolineare l’opportunità, se non l’esigenza, che la selezione della classe politica avvenga con criteri sempre più rigorosi. Volti cioè a valorizzare le qualità intellettuali, morali e giuridiche dei protagonisti”.
“In definitiva, le mie riflessioni inducono ad ipotizzare la necessità non di una giustizia classista, ma di una politica che sappia selezionare il personale. Allontanando gli inadeguati dalla gestione della cosa pubblica”.