Tra Renzi e Calenda ci si mette anche il diavolo: lo ha evocato La Russa

Il presidente del Senato e la pratica più "maligna" che gli potesse capitare: il divorzio tra i due leader centristi. Fatto tutto di "dettagli". Con Pantano che si trova ad iniziare il suo mandato in Ciociaria con un dubbio

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Ignazio La Russa un po’ se lo starà chiedendo, in questi giorni, come si faccia a sciogliere certi nodi. Lo sta facendo perché a volte l’umanità ed i suoi sistemi complessi seguono una via di evoluzione che non è il massimo. Azzardando in metafora potremmo dire, rievocando la nave di Charles Darwin, che sulle origini della vita il suo Beagle ha trovato vento ma sul suo significato ha trovato bonaccia.

Ecco, sulle origini della frattura impietosa fra Matteo Renzi e Carlo Calenda che sono in piena bonaccia un’evoluzione c’è stata. Ne conosciamo ogni step, ogni afflato emotivo, ogni tappa rivendicata sui social. A dire il vero siamo anche tutti un po’ stanchi. Tuttavia in ordine al significato di quella separazione a puntate siamo ancora al buio e la sola luce pare essere quella di una “bieca” faccenda di danè. Nulla di nobile dunque e per converso molto di utile.

La peggiore delle situazioni

Ignazio La Russa (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

La peggiore delle situazioni per Ignazio la Russa, che come Presidente del Senato è stato chiamato a fare l’arbitro della nuova denominazione dei due gruppi di Italia Viva ed Azione. Uno stallo messicano in cui ognuno ha la pistola carica ben puntata e al primo sparo muoiono tutti. E poteva mai mancare la venatura luciferina quando mezzo c’è un politico che alla fisionomia ctonia è stato sempre simpaticamente associato per lombrosiana fantasia di iperbole?

Ecco, La Russa ha una faccia cigliuta e il pizzetto infido un po’ da “satanasso” e proprio lui, a proposito del divorzio tra Iv ed Azione, ha messo la faccenda nella giusta prospettiva. Lui nel caso di specie è una sorta di “San Michele laico” che il diavolo lo deve piallare. “La mediazione c’è e me ne assumo la responsabilità. Tutti e due sembrano pronti a recepirla però ognuno fa qualche piccola eccezione. E come sapete il diavolo si nasconde nei dettagli. E l’impressione ulteriore è che questa sia una pentolaccia grossa a cui manca il coperchio.

Eccolo, l’ossimoro a suo modo comico. In questo “game” La Russa non è il diavolo a cui assomiglia solo per vulgata satirica, ma è colui che il diavolo lo deve temere, il demone dei cavilli come quel Barron evocato dall’amico ex frate di Gilles de Rais, Francesco Prelati procacciatore di vittime. E deve farlo perché l’Avversario in questo caso sta nella pelosità con cui Renzi e Calenda cercano, ognuno per sua fiata, di evidenziare che ragioni e rotta conseguente sono appannaggio di ciascuno di loro.

I renziani: “Non li facciamo parlare più in Aula”

Giorgia Meloni

E con loro di ciascuno dei partiti che ormai guidano come due colonnelli ussari contrapposti in campo. Partiamo dalle cose facili, in questa escalation che è stata azzoppata ma solo per poco dal “divorzio” di Giorgia Meloni dal compagno di ciuffo e fuffa Andrea Giambruno. Partiamo da Italia Viva che dice cose in granitica convinzione.

Se i 4 senatori di Azione restassero nel gruppo malgrado il gruppo sia stato già fratto dai renziani loro “non avranno più voce in Senato. Noi decidiamo chi parla in aula, decidiamo tutto noi perché siamo maggioranza”. Capito come stiamo messi e soprattuto come sta messo il giudice-arbitro La Russa?

Quello che si rischia è una faccenda che addirittura va a sfiorare prerogative Costituzionali e l’articolo 21 della nostra Magna Carta.

Piccola spruzzata di condimento agro: il Presidente del Senato ha prerogative decisionali nette ma non debordanti, su questa faccenda. Il che mette La Russa più o meno nella stessa posizione di un amministratore di condominio che deve presiedere un Collegio Penale, roba urticante assai. Per quelli che hanno la foto figa di Matteo Renzi che li abbraccia nel telefonino è tutta e solo una bieca questione di soldi.

Cosa vuole chi e perché lo vuole

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Azione non vuole perdere i fondi parlamentari in comune e resiste ad una cosa ineluttabilmente decisa: si va ognuno per conto suo e amen. Ed è una cosa decisa in maniera netta nel complesso ma che nelle sfumature, quelle dove La Russa ci vede “lo dimonio”, ha ancora un crisma di unilateralità.

Che significa? Che Italia Viva vuole due gruppi e basta e che Azione pure vuole due gruppi ma a precise condizioni. Analisi fronte senatore di Rignano: “Calenda vuole i soldi. Per noi invece c’è una questione di principio: noi non cediamo sul gruppo perché abbiamo ragione noi”. Poi la domanda retorica che schiude lo scenario partigiano: “Qual è il motivo del contendere? A norma di Regolamento Calenda deve andare nel Misto. Andando nel Misto passa dai 550mila euro che riceve oggi grazie a Italia Viva, a circa 130mila euro annui. Questo è il motivo che spiega perché Azione è così nervosa. Italia Viva non chiede nulla: vuole solo che si rispetti il regolamento”.

Dopo il faccia a faccia tra Mariastella Gelmini ed Enrico Borghi con La Russa a fare da arbitro pare sia maturata una via di mediazione, e qui ci si intorta un po’. La mediazione è un atto con cui due istanze contrapposte trovano almeno un punto di contatto, ma quel punto non c’è ancora, da cui l’iperbole di una “proposta di mediazione”, in pratica una terza via a parità di dignità argomentativa e non a crasi super partes.

Gelmini, Borghi e il primo round

Eccole, le difficoltà di La Russa che nelle pieghe di quei brogliacci ci ha visto e trovato un Satanasso. Perciò dalla modalità bizantina il presidente di Palazzo Madama è passato a quella dead-line. Che vuol dire? Che oggi, giovedì 26 ottobre, o si “quaglia” o si molla. “Se non si arriverà a un accordo tra di loro, un punto fermo ci sarà”. E cosa ha prodotto questa sorta di ultimatum tra cartesiano e paciere? Un reflusso di razionalismo e buona volontà? E allora che ci starebbe a fare, il diavolo, ghignante a bordo del ring tra Renzi e Calenda? AdnKronos spiega che “Italia Viva ha ringraziato il presidente per l’impegno ma conferma le decisioni prese ovvero il cambio del nome al gruppo, votato a maggioranza”.

Nome da cui è stato sbianchettato Azione e su cui campeggia ‘Italia Viva -Il centro- Renew Europe’. E Calenda? Per lui parla la sua formazione: “Noi abbiamo dato piena adesione alla proposta di La Russa”. Questo maggior pacionismo per la linea di La Russa pare sia dovuto al fatto che la proposta di mediazione dello stesso abbia incluso anche un salvagente per i fondi, che poi sono il vero oggetto del contendere.

Quindi, riassumiamo: le due formazioni dell’ormai ex Terzo Polo sono in contrasto su: legittimità o meno del cambio di nome al gruppo, ripartizione dei fondi in caso si dovesse proprio arrivare a due gruppi e magari anche sul sesso degli angeli. Un altro dolente dato è il criterio del cambio del nome: a maggioranza secondo Iv e manco pe’ gnente per Azione, che invoca come sempre La Russa.

Dal pantano al Senato a Pantano che invece va

I renziani a quel punto mettono un paletto anche al luciferino master del Senato: “Il nome per noi è già cambiato con la comunicazione del capogruppo. Il presidente del Senato non ha titolo per entrare nelle scelte del gruppo. Può ricevere ricorso. Lo facciano”. Il neo presidente provinciale di Italia Viva e sindaco di Posta Fibreno Adamo Pantano comincia così il suo percorso con la benedizione di un nuovo nome per i suoi rinnovati intenti o con quello vecchio?

A lui ed a ben vedere poco cale, visto che l’oggetto del contendere è vincolato ai gruppi di gangli istituzionali che (per fortuna) lui oggi non bazzica. Quello che interessa a lui è quel processo di ineluttabile ciclicità per cui prima o poi in Italia la voglia di centro riaffiora. In Provincia di Frosinone a questo si lavora al momento.

Fare centro riesumando il Centro

E che come un Calmiere Massino Ottimo rimette a fuoco le istanze di un Paese medio, mediato e mediano. Di un posto dove aggiustare è sempre stato più facile che rompere. Paese che urla solo per non far vedere troppo presto che urlare non serve e che noi qui lo sappiamo da sempre, da Guicciardini in giù.

Posto dove le stagioni di toni alti e polarizzazioni sono sempre intensissime ma relativamente brevi. E dove oggi lo scopo è “allargarsi e farsi conoscere in tutta la provincia”. La prossima cabina di regia darà cifra e polpa di cosa e come andrà fatto.

Sempre che il diavolo che oggi ha trovato la Russa non si affacci anche in Ciociaria. A sparigliare le carte nel suo mettersi in… Azione. E fare casino esattamente dove serviva quiete: al centro.