Emanuele, Willy e la cultura della morte che creiamo noi

I fatti di Alatri prima e Colleferro poi e il loro truce insegnamento: la responsabilità collettiva di una società che non sa più insegnare la tolleranza. E che lega con un filo rosso due fatti accomunati dalla violenza che abbiamo lasciato vincere.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.  Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

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C’è un filo che lega quella tragica sera di Alatri a quella altrettanto tragica di Colleferro. Due ragazzi uccisi probabilmente per uno sguardo, per non essersi voltati da un’altra parte. In entrambe le serate, l’agguato vigliacco di più persone contro uno solo e il terribile accanimento dei colpi, ripetuti, uno dopo l’altro. Per fare quanto più male possibile, fino a giungere all’omicidio.

Spetterà ai giudici distinguere le responsabilità di ciascuno sia ad Alatri, (si attende l’Appello, leggi qui le motivazioni della prima sentenza), sia a Colleferro con le indagini alle prime battute. Emerge però una responsabilità collettiva, colpevole, financo complice. Nessuno soccorse Emanuele quella tragica serata ad Alatri. nessuno ha soccorso Willy l’altra sera, trucidato in un viale in pieno centro a Colleferro. Non sopporto più chi dice non ci sono parole: le parole ci sono, dobbiamo avere il coraggio di pronunciarle, chiare, forti.

Il seme del marcio italiano

La cultura della morte è il primo input degli orrori della cronaca

C’è un clima in questa nostra Italia che spinge le persone ad essere violente, a non rispettare le leggi, a non ricorrere alla polizia. Ad allenarsi per picchiare, fare male, fino ad uccidere. A non considerare uguali agli altri che ha un’origine, una pelle, una lingua diversa dalla nostra. C’è un clima che spinge a farsi i fatti propri, ad assistere alla violenza senza nemmeno sentire il dovere di chiamare la polizia…

Tutto questo genera odio, violenza, sopraffazione di cui i fatti di Alatri e Colleferro sono espressione. I protagonisti di questi fatti, le due vittime, Emanuele e Willy ma anche gli assalitori, i violenti, sono tutti nostri figli. (leggi qui La colpa di Caino ed il sangue innocente di Emanuele (di A.Porcu).

Ciascuno di noi costruisce la cultura di morte che ha ucciso Emanuele e Willy. Lo fa nel momento in cui usa linguaggi violenti, spinge all’odio, non tollera le opinioni altrui, quando non è capace di comprendere gli errori degli altri. Quando in macchina impreca contro chi fa un errore. I nostri ragazzi assorbono quel linguaggio, quelle espressioni, quegli atteggiamenti. Se ne nutrono, crescono con quelle idee dentro, ascoltano tanti che rinfocolano odio sociale, creano nemici da combattere, da eliminare, da considerare inferiori…

Soltanto chi vuole nascondersi dietro un dito non capisce che quei fatti tragici sono il risultato di una cultura della morte che sopraffà la cultura della vita. I violenti e le vittime, i Caino e gli Abele sono tutti membri della nostra famiglia.