L’argine della famiglia all’abbandono dei giovani

Emanuele, Willy, Romeo e tanti altri, simboli non più viventi. Simboli della resa della prima cellula di una società e delle regole per viverci serenamente: la famiglia.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

“Non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti” –  (Gl 2,17). “Ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (Cor 6,2)

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Un ragazzo si ritrova con i suoi amici per passare insieme il pomeriggio di carnevale, in questi tempi stranianti, soprattutto per i giovani. Ha 17 anni, tanta voglia di divertirsi e, allora, via con altri tre coetanei,  due motorini a tutta manetta verso il mare. Qualche ora dopo, quel ragazzo, uno come tanti, colpisce con il coltello un suo coetaneo, probabilmente conosciuto qualche minuto prima. Lo ferisce mortalmente. Ora è agli arresti. Domiciliari con l’accusa gravissima di omicidio, anche se preterintenzionale. Non intendeva uccidere ma ha ammazzato. (Leggi qui)

Vite spezzate senza un perché

Un giovane che ne uccide un altro, senza essere suo nemico, senza che quello gli abbia fatto un torto, senza che sia suo rivale, che appartenga ad una tifoseria diversa, ad una banda avversaria… nulla.

Due vite finite senza una apparente ragione, famiglie disperate a chiedersi il perché. Una mamma che piange un figlio ormai freddo, un’altra mamma che piange un figlio morto dentro e che avrà segnata da questa storia tutta la vita.

I giovani, anime sole in un mondo imperfetto (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Qualche giorno prima, sempre in provincia di Latina, un ragazzo viene colpito al volto da un pugno, mentre passeggia in centro. Così senza una ragione, per divertirsi. Lui ora è in ospedale, gli altri in prigione: altre vite spezzate, senza motivo. Altro dolore infinito per amici e parenti, come nelle storie drammatiche di Emanuele ad Alatri e dei suoi assalitori in carcere per lungo tempo. E quella di Willy a Colleferro e dei suoi barbari assassini, anch’essi rinchiusi chissà per quanti anni.

Quale popolo li lascia così soli?

Storie tragiche, tutte accomunate da un apparente non senso. Ma in realtà unite dall’abbandono di una generazione, lasciata a sé stessa, senza padri. Senza qualcuno che si preoccupi di dove vadano, di cosa facciano. O del perché un ragazzo per uscire a divertirsi metta un coltello in tasca. Una generazione convinta che si vale soltanto perché si riesce a sopraffare gli altri, a dimostrare la propria potenza. Una generazione a cui sono stati offerti modelli violenti, senza virtù, senza i valori necessari per costruire una società civile.

E’ il ludibrio cui ci richiama il profeta: come è possibile abbandonare così le giovani generazioni, come è possibile non stare attenti al futuro? E’ veramente una condanna che ci attiriamo su di noi. Quale popolo può lasciare a sé stessi i propri giovani? Non controllarli, ritenerli cresciuti quando sono ancora ragazzi? Le generazioni future ci rideranno sopra. (Leggi qui Le vittime invisibili del Covid: i ragazzi strappati alla vita).

Ma la Parola ci dice anche che possiamo cambiare, ma dobbiamo farlo subito. Subito se non vogliamo che a Romeo, a Willy, a Emanuele si aggiungano altri “bravi ragazzi”. Non possiamo aspettare.

La lezione di Eduardo

Eduardo De Filippo

Eduardo, ne Il Sindaco del rione Sanità, ci mostra un modello di padre preoccupato della salvezza dei figli, pur nel contesto della camorrìa del territorio. Ferito a morte da uno dei suoi clienti, non lo dice ai figli. Non lo fa per evitare che possano anch’essi precipitare nel vortice della vendetta. E spinge i colpevoli a rivelarsi in una grande agonia pedagogica.

Dà la vita per i figli, non va in ospedale per non rivelare loro di essere stato accoltellato… muore per loro.

Il sindaco del rione Sanità esplicita nella maniera più chiara l’insegnamento ciceroniano: prima societas  est principium urbis et quasi seminarium rei publicae (De Officis, 1, 54). In soldoni: la famiglia è il principio della vita sociale e una sorta di preparazione dello stato.

Ce ne dobbiamo convincere, è la famiglia il punto di snodo, se funziona quella il resto va, altrimenti non ne usciremo.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).