Conta solo esserci. Inutile perdere tempo a stabilire se sia una battaglia vinta: la campagna del Frosinone Calcio per trasformare lo Stirpe in un Maracanà è partita
“E non come adesso nei sabato sera” cantava Rino Gaetano.
Esiste una ragione per ogni cosa. Esiste una ragione che sfugge alla logica, che è istinto puro, sentimento, passione. Chiunque sia stato spettatore di grandi imprese sportive, chiunque abbia vissuto lo Stirpe del 16 giugno in versione Maracanà, e ancor prima il Matusa, sa che qui a Frosinone, più che altrove, esiste un legame invisibile fra squadra, tifo e risultati.
Non sarà razionale, come del resto non lo era Chinaglia al Frosinone, sarà persino inspiegabile ma esiste.
Si manifesta quando smetti di distinguere la tua voce perché ce n’è una e unica più forte ed assordante che le contiene tutte; sembra allora che quella palla si muova indipendentemente dalla forza degli avversari; sembra che la vittoria sia una conseguenza ovvia; e sembra che i giocatori vengano come alimentati e guidati nelle scelte dalla bolgia che li circonda.
Questa è Frosinone. E a Frosinone è questo è il calcio che vince.
Si chiama “Mano per mano” il progetto del Frosinone Calcio che, a partire dalla gara di domenica 10 marzo contro il Torino, abbassa drasticamente i prezzi delle singole gare al Benito Stirpe e che permette alle famiglie (massimo tre persone) di varcare i tornelli a costi ridotti. Perché se la logica non rintraccia alcun legame fra numero di spettatori e risultati, l’istinto sussurra che per vincere la prima partita di campionato in casa è necessario che lo Stirpe torni ad essere “la casa” di tutti coloro che lo amano.
Inutile e superfluo stabilire se si tratti di una battaglia spuntata, se questa grande novità ci abbia messo troppo tempo ad arrivare. Perché da adesso in poi conterà solo esserci.
“Ma dammi la mano e torna vicino”.
Prendiamoci per mano. Prendiamoli per mano. Con la voce, con la follia, con quella passione che a Frosinone, più che altrove, riesce a far capitolare logica e razionalità.