Chiude il calciomercato. Il Frosinone non è uno show business, è l’imprevedibile bellezza del calcio. Mai scontato. Vero. È Un calcio che contraddice le regole del denaro, delle grandi realtà. Che fa emergere il meglio da ogni calciatore. Che abbia voglia di essere un uomo.
Viviani, Simic, Valzania, Trotta. Mercato chiuso.
Daniel Ciofani resta. Mirko Gori idem. Insieme a loro gli artefici della seconda vittoria in campionato. Una vittoria che non ha avuto bisogno di chiamare in causa i nuovi arrivati. Una vittoria che proprio per questo ha un valore inestimabile. Chiara e tonda. Che prescinde da ciò che di “meglio si sarebbe potuto fare” e che sottolinea invece “cosa il Frosinone possa fare con le risorse da sempre avute a disposizione”. Perché è da lì che bisogna ripartire. Da lì e dal valore aggiunto che porteranno i nuovi arrivati. Tutto il resto al momento è solo una critica sterile e controproducente.
È difficile dare voce ad una sensazione come quella di domenica scorsa senza incorrere nel rischio apparire completamente folli e irrazionali. Sarà stata la lunga corsa di Camillo Ciano sul quarto goal, così simile a quella del 16 giugno.
Ma non è forse questa percezione della realtà che distingue chi ama da chi ama solo giudicare?
A Bologna, per la prima volta da inizio campionato, il Frosinone è stato lucido e cinico. Non ha sprecato occasioni, non ha avuto paura di dimostrare quello che è. E nel farlo ha chiaramente lasciato intendere ciò che potrebbe diventare. Una squadra competitiva, perfettamente in grado di lottare per la salvezza.
A Bologna, il Frosinone è stato squadra. Una squadra con un obiettivo chiaro da portare a termine. Nonostante e a dispetto di chi la ritiene immeritevole dei traguardi raggiunti. Perché se il Frosinone oggi è nella massima serie lo deve a se stesso, ai risultati conseguiti, a chi ha investito in un progetto ambizioso.
Lo deve a chi non si è arreso di fronte ad una sconfitta, quella contro il Foggia, che avrebbe tagliato le gambe a chiunque. Lo deve alla fede di chi da sempre continua imperterrito a macinare chilometri nonostante classifiche e risultati. E lo deve all’orgoglio di chi non ci sta a sentirsi definire “20 volte più scarso” o semplicemente inadeguato per una serie governata dalla legge dello spettacolo e dei diritti televisivi. Perché il Frosinone non è uno show business, è l’imprevedibile bellezza del calcio. Mai scontato. Vero.
Un calcio che contraddice le regole del denaro, delle grandi realtà, delle squadre piene zeppe di campioni dai nomi altisonanti. È un calcio accogliente e familiare, antico e sovversivo, in grado far emergere il meglio da ogni giocatore che si dimostri disposto a lottare per questa maglia.
Viviani, Simic, Valzania, Trotta.
Mercato chiuso. Bisogna pensare al campionato. Alla Lazio.
Non c’è tempo per le recriminazioni. È il momento del sostegno incondizionato. È il momento per tutti di credere fermamente nella salvezza. Perché è solo avvertendo la fiducia incondizionata dell’ambiente che questa squadra potrà superare i proprio limiti, contraddire giudizi e pronostici, pretendere e meritare di più per se stessa e dagli altri.
Ad assecondare chi giudica il Frosinone una causa persa si rischia di fare il gioco di chi vorrebbe ridurre il tutto ad un discorso economico. Ma la vera forza del Frosinone e dei suoi tifosi esiste nella grandezza dei sogni e non nell’ammontare degli ingaggi.
È tempo di ricordare chi siamo. Di puntare in alto. È tempo di non aver paura, di tenere alto lo sguardo, di andare fieri, di rispettare questi colori.