Top e Flop, i protagonisti del giorno: 29 maggio 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

NICOLA ZINGARETTI

Nicola Zingaretti (Foto: Vincenzo Llivieri / Imagoeconomica)

Imparare dai propri errori è manifestazione di intelligenza. E Nicola Zingaretti lo ha fatto. Dopo la sentenza del Tar, la giunta regionale ha approvato due delibere che diffidano il Comune di Roma e la Città Metropolitana ad individuare uno o più siti per realizzare le discariche necessarie a garantire l’autosufficienza nella gestione del ciclo dei rifiuti.

Sessanta i giorni a disposizione, al termine dei quali scatterà il commissariamento, stavolta senza nessuna ordinanza straordinaria, ma esercitando poteri ordinari.

Ha spiegato Zingaretti: “La delibera approvata in Giunta è conseguente alla sentenza del Tar e ne recepisce il dispositivo. Ora abbiamo 60 giorni di tempo per trovare una soluzione condivisa sui punti che anche il Tar reputa oggettivi come la mancanza di un piano impiantistico, anche alla luce del Piano di Gestione della Regione Lazio, volto a garantire l’autosufficienza nel trattamento, trasferenza e smaltimento dei rifiuti del Sub-Ato di Roma Capitale”.

Zingaretti usa il “noi”, vale a dire la prima persona plurale. Per dimostrare la primaria importanza di Roma: “Abbiamo 60 giorni per trovare una soluzione”. Afferma: “La delibera approvata oggi in Giunta quindi non ha come obiettivo di arrivare ad ogni costo al commissariamento di Roma Capitale, ma è un nuovo tentativo per individuare entro 60 giorni, sinergicamente con gli altri enti locali ed il Governo, le soluzioni adeguate a sventare l’emergenza rifiuti nella città. Mi auguro che lo stesso senso di responsabilità che sta mostrando la Regione, abbia un riscontro con atti concreti anche nella volontà degli altri enti locali di risolvere finalmente questo problema”.

C’è anche una considerazione di tipo politico. Nicola Zingaretti è stato il primo a capire, da segretario nazionale del Pd, che senza l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle non è pensabile contrastare la destra. E quindi, da presidente di Regione, va oltre lo scontro continuo con la Raggi.

Visione superiore.

MARIO ABBRUZZESE

Mario Abbruzzese

Qualche giorno fa alla Camera è nato il gruppo parlamentare “Coraggio Italia”. Ne fanno parte 24 deputati. Il capogruppo è Marco Marin. Il vicepresidente vicario è Stefano Mugnai. Componenti sono i deputati Napoli, Gagliardi, D’Ettore, Vietina, Biancofiore, Rospi, Silli, Parise, Rizzone, Ripani, De Girolamo, Ruffino, Sibilia, Della Frera, Dall’Osso, Pettarin, Baldini, Pedrazzini, Berardini, Bologna, Parisse (arriva da M5S) Piccolo (arriva dalla Lega). 

Marco Marini ha detto: “Questo è il governo del migliore e merita di andare avanti. Siamo qui per dare una mano a Draghi che è la persona più autorevole”.

Registi dell’operazione il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.

È lo svuotamento politico di Forza Italia. Mario Abbruzzese è sicuramente molto più dello spin doctor del consigliere regionale Pasquale Ciacciarelli e forse è per questo che è dato per vicino alla Lega. Sicuramente è così, ma c’è da dire che ai tavoli del centrodestra provinciale Mario Abbruzzese siede come referente locale di Cambiamo. Cioè della formazione di Giovanni Toti.

Oggi Coraggio Italia rappresenta un tentativo di alternativa centrista. E promette di scavalcare e marginalizzare Forza Italia. Mario Abbruzzese è un democristiano di altri tempi. E’ rimasto a casa sua, al centro. Guardando a destra, alla Lega. Ma ancora una volta ha dimostrato un fiuto politico e una capacità di guardare oltre fuori dal comune.

Cavallo di razza.

FLOP

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani

“Grazie a Berlusconi, è stato un coraggioso, ma ora dobbiamo andare avanti, è un altro tempo”. Lo ha detto Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia tra i fondatori di Coraggio Italia durante la conferenza stampa.

Affermando:  “Non siamo contro nessuno, ringraziamo ma dobbiamo guardare al futuro, servono i giovani”. Brugnaro ha augurato “ogni bene a Forza Italia e agli altri partiti del centrodestra. Noi siamo intenzionati a recuperare gli elettori già andati via”.

Le condizioni di salute di Silvio Berlusconi non sono quelle di un tempo. E tra le spietate regole della politica c’è anche quella di un certo cinismo. Nessuna meraviglia quindi. Il problema è che il coordinatore nazionale degli “azzurri” Antonio Tajani deve provare a metterci del suo, altrimenti passerà alla storia politica del partito come il liquidatore.

Tajani non può limitarsi ad attuare quello che Berlusconi decide. Deve metterci del suo, altrimenti il Partito si consumerà come una candela. Neppure è pensabile fare finta di nulla. C’è un attacco politico a Forza Italia, per sostituirla come sponda moderata dell’attuale maggioranza e all’interno del centrodestra.

Antonio Tajani deve provare a combattere. Ma non dà la sensazione di aver preso atto della delicatezza del momento.

Rischio marginalità.

LUIGI DI MAIO

LUIGI DI MAIO. FOTO: PAOLO CERRONI / IMAGOECONOMICA

C’è modo e modo anche per le folgorazioni sulla via di Damasco. Perfino su quella di Montecitorio e Palazzo Madama. Luigi Di Maio, ministro degli esteri e vero capo dei Cinque Stelle, ha chiesto scusa per anni di impostazione forcaiola del Movimento.

Lo ha fatto per uno sdoganamento necessario, considerando che i pentastellati ora fanno parte della buona società parlamentare. Ma bisogna leggere quanto scritto dall’Huffington Post per rendersi conto di cosa è successo.

Ha scritto l’Huff: “Chiede scusa Luigi Di Maio per la gogna alla quale il Movimento 5 Stelle ha sottoposto Simone Uggetti, nel 2016 raggiunto da un avviso di garanzia quando era sindaco di Lodi, un mese dopo dimessosi perché intorno a sé vedeva solo gente con il sangue agli occhi che gli ringhiava addosso, l’altro ieri assolto e completamente riabilitato. Chiede scusa Luigi Di Maio, con una lunga lettera al Foglio: “Anche io contribuii ad alzare i toni e a esacerbare il clima, è giusto che esprima le mie scuse”. Va oltre Di Maio, fa a pezzi il M5S che fu sino a ieri: “Le modalità con cui abbiamo dato battaglia appaiono adesso grottesche e disdicevoli”.

È un punto di non ritorno: grottesca e disdicevole” diventa tutta la linea manettara tenuta negli ultimi anni, “grottesco e disdicevole” diventa uno dei capisaldi della politica pentastellata, che sul ‘sono tutti ladri e corrotti, noi siamo il nuovo che avanza’ ha costruito anni di fortune politiche, è stato issato da un’onda travolgente al governo, dove da più di tre anni si è comodamente installato. Fremono le chat dei parlamentari, discutono, si arrovellano. C’è chi si domanda che “va bene le scuse, ma forse così non è troppo?”, chi spiega che “io un’uscita così non l’avrei mai fatta”, chi si limita a un lapidario boh”.

In realtà è stato troppo, a dimostrazione di come il Movimento sia tutto e il contrario di tutto. Con Beppe Grillo fuori gioco e Giuseppe Conte che non decolla, rimane l’impostazione di Luigi Di Maio. Quella che ha stravolto il Movimento delle origini. Magari il prossimo passo sarà quello del prendere le distanze dalle battaglie sui vitalizi e sul reddito di cittadinanza.

L’alta società val bene un’abiura. Una? Cento.