I fatti ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa è accaduto in questo venerdì 20 maggio 2022 e cosa ci attende nelle prossime ore
I fatti ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa è accaduto in questo venerdì 20 maggio 2022 e cosa ci attende nelle prossime ore.
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FEDERICO GATTI
Fino alla stagione scorsa giocava in Serie C alla Pro Patria. Tre anni fa mangiava polvere tra i dilettanti e lavorava come muratore con tanto di sveglia alle 6. Poi il Frosinone gli ha cambiato la vita: la Serie B, i gol, le sirene del mercato, la cessione alla Juve per 10 milioni, l’etichetta del nuovo Chiellini. Tutto in pochi mesi.
Una vera favola che in queste ore ha scritto un’altra pagina: il difensore Federico Gatti è stato convocato in Nazionale per uno stage organizzato dal ct Roberto Mancini che cerca gli azzurri del futuro. (Leggi qui: Il cielo è azzurro sopra Frosinone: Gatti convocato in Nazionale).
Il “gigante” piemontese, 23 anni, sarà a Coverciano martedì e mercoledì prossimo dove si allenerà insieme ad altri talenti del calcio tricolore. Verrà valutato da Mancini e dal suo staff. Per il Frosinone la convocazione di Gatti è un motivo di grande orgoglio. E’ il primo giocatore giallazzurro a vestire la maglia della Nazionale maggiore.
Oltre ad averlo scoperto, il club ha saputo valorizzarlo sin dai primi giorni in Ciociaria. Merito al direttore Guido Angelozzi che lo ha scovato in C, merito al tecnico Fabio Grosso che gli ha dato sempre fiducia e lo ha forgiato. Soprattutto merito di Federico Gatti: sono sue l’ostinazione, la caparbietà con cui andava ad allenarsi dopo un’intera giornata di lavoro sui cantieri. Perché la cosa più importante, nella vita, è crederci. (Leggi qui: Bisogna sempre farsi trovare pronti).
Il nuovo Chiellini
LUCA SALVETTI
Dove vuoi che vada a piazzare il suo nido un gabbiano reale se non in un castello? Ha ritenuto che quello fosse il posto più adatto ed ha deposto le uova nella buca di un pratone della Fortezza Nuova di Livorno. Ma proprio da lì domenica dovrebbero essere sparati i fuochi d’artificio in occasione della solenne festa del Patrono.
Così il sindaco Luca Salvetti si è trovato tra incudine e martello: da un lato c’è il pennuto che appartiene ad una specie protetta e la sua nidiata va assolutamente tutelata per evitare l’estinzione; dall’altro c’è Santa Giulia, patrona della città ed in nome della quale Livorno scende in massa per le strade nel giorno della sua festa.
Dove sta il problema? Che il gabbiano si potrebbe spaventare a causa degli spari ed abbandonare il nido; oppure potrebbe avvenire in queste ore la schiusa delle uova ed a quel punto a spaventarsi sarebbero anche i pulcini con il rischio di buttarsi giù dal nido e morire.
Luca Salvetti ha messo in discussione i fuochi d’artificio: potrebbe ordinare lo stop. Si è riservato la decisione al termine di un consulto con veterinari ed esperti della Lipu. Lo ha fatto ben consapevole di mettere in discussione una tradizione alla quale i suoi concittadini sono molto legati; soprattutto nella consapevolezza che i gabbiani non votano.
Il sindaco dell’ambiente.
FLOP
ANNALISA MUZIO
Sui social, rumore, tanto. In Aula, solo il silenzio del voto a favore. Che si mescola, urlando sottovoce, in mezzo a quello di un Consiglio compatto. Maggioranza, minoranza, che votano insieme, nell’assise di Latina, venerdì. (Leggi qui Annalisa, il Consiglio e molto rumore per nulla).
In mezzo alla squadra di governo, Annalisa Muzio (Fare Latina) che, dopo le uscite sui social, e dalle chat whatsapp di maggioranza dei giorni scorsi, che avevan fatto tremare il Palazzo per una sua possibile defezione, è non solo presente in aula, ma vota anche favore degli atti all’ordine del giorno. (leggi qui: Muzio annuncia “The End”. E Coletta ora trema).
Richiamata all’ordine in nome della ragion di Stato e della duplice intesa che la vede anche consigliera provinciale di maggioranza? Può essere. Intanto, è protagonista, ma nel rumore e nel silenzio. Per battere i piedi e ottenere di più. Perché, come dice il suo hashtag su Facebook, «nonbasta».
Nel 1999 Antonello Venditti cantava «in questo mondo che non puoi capire, ci sono maschere che non puoi vedere». Volti che urlano e maschere silenziose, in politica e in Consiglio.
Troppe maschere, pochi volti.
ENRICO LETTA
È la solita vecchia storia della democrazia che contiene già al suo interno i germi della sua fallacità, e si tratta di un paradosso che quelli che vivono di più e peggio sono proprio i partiti politici con una consolidata tradizione democratica. Partiti come il Partito Democratico di Enrico Letta, che sui referendum per la riforma della Giustizia ha assunto una posizione di lotta e di governo.
Il doppio binario si è palesato durante la direzione al Nazareno ed ha un mantra semplice: ognuno voti come vuole perché noi siamo democratici e non sergenti da piazza d’armi però sappiate che se vincono i Si saranno uccelli per diabetici. Enrico Letta che è un magistrale comunicatore di cose che non hanno il dono dello sbilanciamento l’ha detta meglio.
Ha detto: “Io proporrò un orientamento di fondo, il Pd non è una caserma, c’è la libertà dei singoli che resta in una materia come questa“. Poi però ha lanciato il sasso tondo e grosso del “tuttavia”: “Io penso che una vittoria dei si aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe. Gli interventi sono da fare in Parlamento“. Ed in punto di efficacia normativa è bellissimo, verissimo e costituzionale come non mai, a contare che la nostra è una democrazia parlamentare in cui si dà delega a terzi di decidere al posto della totalità.
Ma è anche vagamente acidulo e non proprio ortodosso, a contare che la stessa Costituzione che regge il ragionamento di Letta norma la possibilità e gli ambiti in cui sia la totalità a decidere con dei rari (e non sempre inefficaci) strumenti di democrazia diretta. Letta che è leader pop non la poteva dire più “papale”, e cioè che in tema di giustizia le skill mainstream della base sono del tutto inadeguate a decidere perché mediamente il popolo di giustizia ne sa solo tramite Forum, perciò ha trovato una formula bipolare per dire che ognuno e libero ma che poi tutti saranno responsabili se Salvini si metterà una vittoria in bacheca.
In punto di forma ha fatto benissimo, in punto di sostanza doveva scegliere. Ma il Pd ormai non sceglie più da tempo, perché per i Partiti a trazione ibrida scegliere a volte equivale a morire.
Letta più Letta.