Top e Flop, i protagonisti di domenica 14 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di domenica 14 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di domenica 14 gennaio 2024.

TOP

LUCA ZAIA

Luca Zaia (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Comunque vada a finire nel duello di lungo corso tra Fratelli d’Italia e Lega lui è e resta l’uomo del momento. Sarebbe un’iperbole affermare infatti che il Carroccio sta spingendo sul terzo mandato ai governatori esattamente perché vuole tenersi in arcione Luca Zaia in Veneto. Tuttavia di iperbole floscia parleremmo, perché la realtà dei fatto non è poi così lontana da quel singolo teatro.

Ed è teatro di lotta che anche nella giornata di ieri ha fatto registrare dei match a distanza. Il dato è che Giorgia Meloni vive un momento di cesarismo in purezza e sulle Regionali non ne sta mandando una che sia uno buona ai colleghi di alleanza. Ed a Matteo Salvini, in particolare, in cui Meloni ravvisa il principale competitor di sempre, interno ed esterno per le Europee.

Perciò per colonizzare una roccaforte leghista storica la premier vorrebbe che in corsa per le Regionali in veneto ci sia il “fratello” Luca De Carlo. Manco a dirlo, Salvini non è disposto a cedere la sua roccaforte neanche sotto tortura. Anche perché dovrebbe scavare per Zaia un posto alle Europee che metterebbe lui, sovranista lepeniano puro, in imbarazzo con un runner governista e fortissimo.

Perciò per blindare Zaia Andrea Crippa ha detto la sua: “Penso che in Veneto ci sia il miglior governatore d’Italia. Se vogliamo fare un buon servizio per il Veneto dovremmo consentire ai governatori bravi di continuare a governare. Ed il segretario della Liga veneta, Alberto Stefani, ha depositato una mozione di modifica.

Essa estenderebbe “da due a tre il limite di mandato consecutivo per l’elezione a suffragio universale e diretto del presidente della Giunta regionale”. E il dato è uno solo, evidenziato dalla silloge imperfetta qui sopra.

Zaia è il centro di tutto, perché c’è chi lo vuole alla Regione perché lo teme dall’interno. Poi c’è chi non lo vuole in Regione perché lo teme dall’esterno. E chi lo vede bene alle Europee invece che in Regione perché lo vede benissimo a Bruxelles.

Doge assoluto.

MASTRANGELI & TAGLIAFERRI

Fabio Tagliaferri con il sindaco Riccardo Mastrangeli

Ne è uscito indenne, ancora una volta. Ha schivato le fiamme dell’ennesimo incendio che ha iniziato a divampare all’interno della sua maggioranza, coinvolgendo questa volta il Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia che, a prescindere da ogni polemica nazionale e territoriale, è stato quello che finora non gli ha mai fatto mancare né i voti né l’appoggio. Il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli ha evitato di infilarsi in un cerchio di fuoco che rischiava di diventare incontrollabile: quello per la nomina del presidente dei Revisori dei Conti. (Leggi qui: Perché la nomina del Revisore farà ballare la maggioranza. E leggi anche Mastrangeli come Grisù, fa il pompiere ma ha dentro il fuoco).

Perdere l’appoggio di Fratelli d’Italia lo avrebbe esposto ad un clima politico sul filo di lana, ostaggio di qualunque gruppo. Ha avuto il merito da sapere come disinnescare, dove e quando mollare. Senza far sconfinare le tensioni politiche fino al terreno amministrativo. (Leggi qui: Revisore dei Conti, la telefonata che vara la tregua).

Per contro, l’uomo forte di Fratelli d’Italia a Frosinone Fabio Tagliaferri ha avuto il merito di tracciare una linea del Piave oltre la quale la lealtà politica sarebbe diventata cieca accondiscendenza. Prezzo non corrispondibile ad un sindaco che per quanto civico è comunque espressione politica della Lega.

Senza creare eccessive tensioni che avrebbero comunque prodotto lacerazioni, ha saputo recapitare il messaggio della sua insoddisfazione; registrare la risposta politica del sindaco; identificare la possibile trappola politica in quelle parole; fatto avallare la sua posizione dal livello regionale con una telefonata del coordinatore Paolo Trancassini. Sbloccando l’impasse.

Ognuno ha avuto il suo. FdI ha dimostrato il suo peso in amministrazione, Mastrangeli l’importanza del capoluogo nello scacchiere politico regionale. E della sua capacità di manovra all’interno di una maggioranza composta da tante debolezze, nessuna delle quali ha la forza per condizionarlo.

Vecchia scuola democristiana.

FLOP

ANDREA ROMANO

Andrea Romano

In certi casi ci sono premesse che divengono un obbligo assoluto. E la premessa su Andrea Romano è quella per cui il suo battage di uomo di area, di ex parlamentare e soprattutto di storico e docente di pregio assoluto sono e restano intoccabili e specchiatissime.

Tuttavia, come ebbe a dire il fisico Emilio Del Giudice in un video diventato un mezzo meme sui social, “anche gli scienziati dicono puttanate, noi siamo essere umani e quindi fallibili”. Ora, anche a fare il doveroso distinguo tra scienze empiriche e scienze dell’opinabilità, la regola vale per tutti e vale anche per i migliori. Anche per Andrea Romano in questo caso, che si è accodato ad una pletora di analisti in fregola per una tesi del tutto evanescente.

O quando meno non immune da gagliarde forzature ideologiche, magari in buona fede, ma comunque forzature. Quella per cui la decisione del Pd di “basculare” sul sostegno al Kiev nella guerra che le ha portato Mosca è un modo evidente di non palesare troppo antifascismo militante. La tesi, bislacca assai, era stata fieramente impugnata da uomini-totem del filogovernismo come Giuseppe Brindisi del Tg4 e Daniele Capezzone di Libero.

E ieri è stata ripresa da Romano in un articolo su Repubblica. La silloge sta tutta in un tweet: “Il fascismo oggi è incarnato dal regime di Putin, che contro l’Ucraina conduce una classica guerra di aggressione fascista (‘strumento di offesa alla libertà degli altri popoli’). Indebolire il sostegno alla resistenza ucraina è indebolire il nostro antifascismo.

Ora, questa storia di tirare fuori un autarca fatto e finito che guida un paese vocato all’autarchia spinta dal XIX secolo per fare controbalzo agli scenari politici italiani è trita e falsa. Putin è di certo un “fascista” in senso lato, ma è figlio di una storia che possiamo condannare benissimo senza invocare comparaggi stretti per raffronti arditi.

Il fascismo italiano fu una cosa precisa è va sempre condannato. Il totalitarismo russo fu ed è una cosa altrettanto evidente e va condannato sempresempre, ma su un diverso piano analitico, senza comparaggi.

Il Pd non ha votato per la mozione pro Ucraina? Certo che ha sbagliato. Il Pd nel farlo ha incentivato il “fascismo”? Ma certissimo che no. Come non ha generato l’ossimoro per cui cazzia il destra centro per i fatti di Acca Larentia e poi non si attiva per arginare la tirannide moscovita.

La Storia non è fatta per i giochi di specchi e non è una brugola universale con cui aprire le porte su scenari che ci fanno “comodo”. E Romano, che è in gamba sul serio e che a Mosca ci ha fatto studi finissimi e verticali – lo ribadiamo a grancassa – questo lo sa benissimo.

Distinguere non è assolvere.

VITTORIO SGARBI

Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica

L’antefatto è noto. Il critico d’arte, sottosegretario alla Cultura e sindaco di Arpino Vittorio Sgarbi è indagato per la vicenda legata al quadro dei Seicento “La cattura di San Pietro” di Rutilio Manetti. È accusato di averlo rubato e fatto riapparire attraverso una serie di furbizie che il sindaco, sottosegretario, critico nega con sdegno. Fin qui i fatti.

Ora immaginiamo che invece del sindaco Vittorio Sgarbi fosse stato indagato il suo predecessore nella carica di primo cittadino ad Arpino, l’avvocato Renato Rea. Immaginiamo per un secondo che i carabinieri fossero andati nella sua abitazione per sequestragli un prezioso libro fatto sparire da Montecassino approfittando del fatto che suo zio fosse l’abate della ricostruzione Ildefonso Rea.

Un secondo dopo un’accusa del genere, per l’avvocato Rea sarebbe scattata la richiesta di pieno e totale chiarimento della vicenda: in Consiglio comunale o nella pubblica piazza. Perché una faccenda del genere, sulle spalle di un sindaco, rappresenta una ferita anche per la città che rappresenta.

Ecco, sta esattamente qui la questione. Nessuno si sente indignato ad Arpino per un’ipotesi di questo genere. Il che significa che Vittorio Sgarbi viene vissuto come un corpo estraneo alla città. Una specie di marziano che è sulle strade attraversate da Cicerone e Caio Mario ma ci sta solo per puro caso. Ed è questo il vero problema.

Colto ectoplasma.