Top e Flop, i protagonisti di martedì 14 febbraio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 14 febbraio 2023

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 14 febbraio 2023

TOP

FRANCESCO ROCCA

Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica

Vince le elezioni regionali nel Lazio. Ma questa è solo la crosta sotto la quale si nasconde un risultato politico ben più importante e profondo: sul quale si stanno assestando le nuove radici della Destra di governo che porta le impronte genetiche di Giorgia Meloni.

La vera rivoluzione in atto è quella che sta smantellando silenziosamente e senza dolori la vecchia destra fatta di orbace, passi dell’oca e busti da tenere più o meno nascosti. Per rimpiazzarla con una forza politica del Ventunesimo secolo basata sull’uomo, la sua capacità di sbagliare e riscrivere la propria storia: Conti di Montecristo tenuti in catene con tanta voglia di rivalsa su chi li aveva confinati al buio.

Giorgia Meloni ha voluto con convinzione Francesco Rocca come candidato nel Lazio proprio perché la sua storia rientrava alla perfezione in quel cliché della nuova destra. Un’immagine che si adattava con precisione nella cornice dell’underdog, il predestinato alla sconfitta che invece raggiunge il successo. E underdog è il termine che Giorgia Meloni utilizzò per raccontarsi da Maurizio Costanzo nella celebre intervista destinata a cambiare la sua percezione nell’elettorato.

Nulla è più stato uguale a prima dopo quel botta e risposta. Da quel momento ha smesso di essere la corta urlatrice per diventare la figlia di borgata che si ribella ad un destino già scritto, per modificarne il testo fino a diventare leader del principale Partito di opposizione. È da quel momento che la Destra italiana ha cominciato, senza saperlo, a cambiare pelle.

Francesco Rocca con la sua storia si adattava alla perfezione al cliché dell’underdog. E quando lo hanno attaccato con la sua storia di droga e la condanna rimediata da ragazzino, invece di demolirlo non hanno fatto altro che esaltarlo: l’adolescente di periferia che finisce nel giro sbagliato, resetta tutto, si laurea in legge e si mette a disposizione dei più deboli. Fino a diventare presidente della Croce Rossa. Perfetto.

Francesco Rocca ha vinto, un altro underdog ha tagliato il traguardo da vincitore: la destra ha compiuto un altro passo verso la sua nuova storia. È questo il vero trionfo: non l’elezione a Governatore del Lazio; quella è solo la crosta.

La rivoluzione degli underdog.

ALESSIO D’AMATO

Alessio D’Amato e Marta Bonafoni

Ha accettato una sfida che sapeva di non poter vincere. In realtà ne ha affrontata un’altra ancora più complessa. E l’ha vinta. Come la Guardia Svizzera pontificia che il 6 maggio 1527 affrontò a viso aperto le milizie lanzichenecche di Carlo V che avevano messo sotto saccheggio Roma: vennero decimate ma papa Clemente venne messo in salvo dentro Castel Sant’Angelo.

Allo stesso modo, Alessio d’Amato era consapevole che non poteva diventare il terzo governatore consecutivo di centrosinistra alla guida del Lazio. Ma il vero obiettivo da raggiungere era quello che ora fornisce al Partito Democratico una fortezza dalla quale avviare la ricostruzione.

Perché con il risultato ottenuto alle Regionali, Alessio D’Amato fa saltare in aria tutta l’Opa ostile lanciata da Giuseppe Conte sul Pd. E soprattutto ne mette a nudo le ipocrisie. Il termovalorizzatore di Roma? Era un pretesto per spaccare. Il vero scopo era quello di far perdere il Pd nel Lazio ed obbligarlo a trattare la resa. Le ultime foglie di fico sono cadute con le rivelazioni fatte in diretta tv durante la No Stop elettorale di Teleuniverso dal coordinatore regionale di Pop Danilo Grossi, che in estate ha partecipato a tutti i tavoli del Campo Largo. «Il Movimento 5 Stelle faceva parte a pieno titolo del Campo Largo, stavamo scrivendo insieme il programma della coalizione. Anzi: loro avevano un ruolo guida. Poi Conte ha deciso di cambiare la strategia. E di lanciare l’assalto al Pd».

Alessio D’Amato lunedì ha ottenuto un risultato migliore di quello registrato dal Pd nelle Politiche di settembre. Non dovrà trattare nessuna resa. L’Opa è costata a Conte un battaglione di 10 Consiglieri regionali che ora sono scesi a 5 (di cui uno degli alleati ambientalisti), la perdita di due assessori di cui un vicepresidente, il dimezzamento dei voti nel Lazio.

Non solo. Il risultato ottenuto dal Terzo Polo è stato insoddisfacente. Percentuali in calo. I Partiti di stampo macroniano prendono quota in fretta ma altrettanto presto passano di moda. E questo è un altro punto di forza per il Pd che ora va al congresso.

Il Partito a Castel Sant’Angelo.

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti

E mica ci sono solo le elezioni. Premessa: lui lo aveva detto in chiusura di una faccenda in cui giocarsi la carta facile per avere consenso è un must. Faccende che esattamente in queste ore hanno trovato la loro risoluzione. Lui, cioè Giancarlo Giorgetti, aveva detto ad un evento elettorale di chiusura della campagna per il voto nel Lazio: “E’ evidente che il canone Rai dalla bolletta deve uscire, per quest’anno lo abbiamo mantenuto e mi sono preso tante critiche, ma deve uscire”.

Insomma, il ministro dell’Economia ha annunciato che entro il 2023 quella gabella catodica sparirà. Ed ha messo il dito su una di quelle piaghe piccole che tuttavia a noi italiani erano andate sempre in purulenza. Come noto infatti da anni e annorum l’importo del canone TV è di 90 euro l’anno. E il suo pagamento avviene mediante addebito sulle fatture emesse dalle imprese elettriche in dieci rate mensili, da gennaio a ottobre di ogni anno.

Chi lo volle? Matteo Renzi con il suo esecutivo superstar. Il tema era stato ripreso dal governo Draghi che, in pieno mood europeo che giocava al reset di quelli che venivano definiti gli “oneri impropri”, aveva messo nella famosa agenda la cancellazione del canone aggiogato alle bollette. Che fine fece poi quell’agenda lo sappiamo tutti: Draghi cessò per molti di essere “Supermario”. Era arrivata la Meloni e con essa questioni decisamente più prioritarie.

Il merito di Giorgetti sta proprio in questo dato: lui è l’anello di congiunzione fra due esecutivi e rappresenta quella soluzione di continuità con la quale ciò che di buono non potè fare il vecchio Governo lo va a mettere nelle cose da spuntare di quello nuovo. Lo fa e non se ne scorda affatto.

Il tema dell’abolizione del canone infatti non era poprio fra i più gettonati alla chiusura di una campagna elettorale per una regione importante come il Lazio. Ma lui lo ha detto: “Autos efa”, come dicevano gli antichi Greci. E noi lo prendiamo in parola. Così, a fiducia.

Nodo al fazzoletto.

FLOP

LUCA FANTINI

Battisti, Fantini e De Angelis

Le ragioni del cuore giustificano ogni cosa. Ma ci sono scelte dei tempi che rischiano di essere fatali. Il Segretario Provinciale del Partito Democratico Luca Fantini viene dalle file di Pensare Democratico, la componente maggioritaria in provincia di Frosinone.

Lì ho ha allevato il suo talent scout Mauro Buschini e lì c’è stata la mossa decisiva compiuta da Sara Battisti che tre anni fa dopo una riunione dei Giovani Democratici a Frosinone disse: «Per me il dibattito congressuale è iniziato oggi, con i temi posti da questi ragazzi. Ai quali il Partito ha il dovere di non nascondersi». Fu la rottura degli ormeggi ed il via al percorso culminato con Fantini eletto Segretario. Logico che lunedì sera Fantini fosse nel Comitato di Sara Battisti nel momento in cui lei annunciava la sua rielezione in Consiglio Regionale, battendo il rivale Antonio Pompeo.

Finita la festa, affida alla Stampa il comunicato scritto con la Presidente provinciale Stefania Martini . Nel quale evidenziano che “il Partito democratico di Frosinone cresce rispetto alle politiche e raccoglie uno straordinario 22 per cento in un quadro molto difficile. Merito di una lista fortissima, che ha visto l’elezione della capolista Sara Battisti e le grandi affermazioni di Antonio Pompeo che supera le 15mila”.

Il problema sta nella scelta dei tempi. Perché quel comunicato parte dieci minuti dopo l’amarissimo sfogo di Antonio Pompeo in diretta su Teleuniverso. Ha appena assistito all’annuncio di Sara Battisti, alle congratulazioni ed alle rivendicazioni di Francesco De Angelis, agli auguri di Luca Fantini. E nessuno ha speso una parola per i suoi 15mila voti più quelli delle sue alleate. Fondamentali per consentire a Fantini di dire che il Pd ha superato il 22%.

È al vetriolo, lo sfogo dell’ex presidente Pompeo. Sarebbe bastato far partire mezzora prima quel comunicato. O dire una parola in più durante il collegamento. È vero che le ragioni del cuore giustificano ogni cosa. Ma la scelta dei tempi può accendere micce molto pericolose.

Ritardi velenosi.

ANTONIO POMPEO

Le arrabbiature giustificano tutto. A prescindere da torti e ragioni. Se poi ci metti che qui le ragioni ci sono quasi tutte, la giustificazione è ancora più ampia. Antonio Pompeo si è offeso per la totale assenza di una pur semplice parola con cui riconoscere i suoi 15mila voti centrati alle Regionali. Che sono stati fondamentali al Pd per poter dire d’avere ottenuto a Frosinone il migliore risultato nel Lazio.

Però se prendi il servizio buono in porcellana e cominci a sbatterlo per terra in piena diretta televisiva davanti a roba come 72mila spettatori, non puoi cavartela come una casalinga disperata. Non puoi annunciare “domani prendo le mie decisioni”.

Non puoi per una ragione evidente: se fai le valigie e te ne vai, a quelli che non ti hanno fatto i complimenti non gliene può fregar di meno; come dimostra il fatto che non si sono congratulati.

Il quadro è evidente. O te ne vai e lo annunci in diretta, dicendo “se nemmeno 15mila voti bastano per meritare un po’ di rispetto è chiaro che sono nel posto sbagliato. Buonasera”. Oppure non te ne vai e non ti metti spaccare piatti e cristalleria per fare dispetto al marito insensibile.

Ciò che rende quasi patetico un gesto invece giustificato ed umanamente comprensibile è il ripetersi di questi penultimatum. L’ultimo, Antonio Pompeo lo lanciò nelle ore precedenti la candidatura alle Regionali: come a voler creare suspance fino alla fine, lasciando intravedere la possibilità che andasse a candidarsi da un’altra parte.

Ora ci risiamo. Arrabbiatura legittima. Ma la storia di Pierino ed il Lupo insegna che ad un certo punto urla e strepiti finiscono per non impressionare più nessuno.

Ultimatum, non penultimatum.

ALESSANDRA MUSSOLINI

Alessandra Mussolini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Nella giornata dedicata agli innamorati poteva mancare lei il cui amore per la polemica sciolta è noto pure a Cupido che se può la scansa? Alessandra Mussolini, specie nei tempi gloriosi in cui il suo nome e le sue gesta erano più in sella alla giostra mainstream, ci ha abituati a questa sua indole fumantina.

Indole nel misurare la quale non sempre c’era dispiacere perché al di là di idee e “nome” lei è una che non le manda a dire. A volte però le manda random. E con la coda dubbiosa che non le pensi, prima di spararle. Premessa: tutto ciò che è progresso soprattutto nella parità di genere vissuta e non proclamata piace e chi non lo cerca è al palo con la storia.

Però c’è un distinguo netto fra le cose che si devono fare per affermarla e quelle che si devono dire per santificarla. E la Mussolini stavolta pare essere caduta nel trappolone delle seconde. L’eurodeputata forzista ha infatti annullato in queste ore la sua richiesta di passaporto Ue gli eurodeputati. Il motivo? A suo parere è “discriminatorio” nella misura in cui esso riporta solo le condizioni di ‘maschio’ o ‘femmina’, senza alcuna altra possibilità.

Attenzione: non è da quella parte della faccenda che vogliamo andare a parare, non quella per cui una come la Mussolini e questa evidente iperbole prog sono più in ossimoro di un metallaro a Sanremo. No, quello che colpisce della presa di posizione dell’azzurra (azzurro scuro, blu diremmo) è il fatto che una persona intelligente come lei sia stata capace di andare oltre una semplice considerazione, magari anche legittima, ed impalcare sulla vicenda un caso quasi diplomatico.

Per la Mussolini manca l’opzione “altro” oppure la scritta “non voglio menzionarlo. Se io accetto una cosa di questo tipo significa che non avanziamo mentre l’Europa dovrebbe servire a superare gli steccati e lavorerò per questo“. Ottima crociata, ma molto simile a quelle in cui alla fine Gerusalemme se la riprendevano sempre quelli sbagliati, non importa qual dio pregassero, perché erano tutti massimalisti.

Meno pasionaria e stessa passione.