I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 18 agosto 2023
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 18 agosto 2023.
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RAFFAELE FITTO
Negli ultimi tempi è finito al centro esatto di un mirino che un po’ “gli compete” ed un po’ fa comodo a chi lo avversa politicamente. Raffaele Fitto è il ministro più sorvegliato dell’Esecutivo Meloni per il Pnrr e per il suo ruolo di “messa a terra”.
Ecco, in questo scorcio post ferragostano che prelude alla ripresa dei lavori parlamentari e governativi in pienezza le sue parole sono utili. Utili a capire che non sempre dietro alla grane ci sono solo coloro che le hanno innescate. Infatti c’è anche la dialettica politica che quelle grane, pur oggettive, le incentiva. E Fitto in questo senso è il bersaglio perfetto. Perciò ha ricordato cose.
“Voglio dire ai sindaci con cui abbiamo parlato e a chi ha immaginato scenari catastrofici che non c’è nessuna interruzione degli interventi del Pnrr”. In tema di revisione complessiva degli investimenti e riforme incluse nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza il ministro non ci sta, ad essere il bersaglio principe. “Le nuove misure individuate non saranno oggetto di definanziamento e gli interventi andranno avanti regolarmente“.
Insomma, la “narrativa sul definanziamento degli interventi del Pnrr e inaccettabile. Noi non stiamo dicendo che revochiamo il finanziamento. Se lo facessimo per interventi che in molti casi hanno obbligazioni giuridicamente vincolanti, non solo saremmo irresponsabili. Ma non avremmo capito nulla di quello di cui stiamo parlando”.
Per dirla meglio Fitto non ha alcuna intenzione di diventare più contenitore di scontento di quanto non sia fisiologicamente legittimo. E il limite fisiologico è quello della dialettica politica. E chi ha fatto finta di non aver capito forse adesso ha compreso.
Bersaglio refrattario.
BEPPE INCOCCIATI
Il suo soprannome era Omar. Come Sivori, il fuoriclasse argentino che giocava con i calzettoni abbassati a sfidare i terzini avversari. Dell’inarrivabile Sivori, Beppe Incocciati aveva il sinistro vellutato. E la stessa testa quando stava fuori dal campo: mai una discoteca, mai una bevuta fino all’alba, mai fuori dalle righe. Serio, professionale, soprattutto leale.
Anche per questo Silvio Berlusconi non lo ha mai dimenticato. Lo aveva conosciuto appena arrivato al Milan: debuttarono insieme nella famosa tournée negli Usa per la partita di addio di Pelè ai Cosmos ed al calcio. Lo ha seguito anche quando si è trasferito nel Napoli di Maradona. Sono rimasti in contatto pure dopo: lo ha voluto nella sua squadra di commentatori televisivi su Mediaset Premium. Il loro rapporto si è allargato alla politica: l’uomo che giocò contro Pelè e con Maradona è stato più volte il testimonial di Forza Italia, mettendo il suo nome ed il suo volto nelle liste e sfiorando l’elezione in Parlamento almeno in tre occasioni.
La visione di campo ed il senso di squadra, Beppe Incocciati li ha messi in evidenza anche quando ha dovuto amministrare. C’è lui dietro al lancio nazionale delle strutture sportive di Capo i Prati a Fiuggi: all’epoca era assessore comunale. C’è il suo senso della gerarchia in molte delle scelte interne fatte da Forza Italia sul territorio, senza che lui apparisse né cercasse i riflettori.
Ora sul suo nome è partito l’iter per la nomina a commissario del Parco Regionale dei Monti Aurunci. È una struttura nella quale il centrosinistra di Nicola Zingaretti ha creduto molto, affidandola ad un altro fuoriclasse: Marco Delle Cese. (Leggi qui: Monti Aurunci, in arrivo un commissario da Serie A).
È un’operazione che conferma la piena sintonia tra il coordinatore regionale Claudio Fazzone ed il presidente nazionale di Forza Italia Antonio Tajani. Ma soprattutto dice che Forza Italia, anche dopo Silvio Berlusconi, continua ad avere una memoria ed a ricordarsi dei suoi uomini. Ed è quello che molti volevano sapere.
Il guizzo di Omar.
FLOP
MATTEO RENZI
L’agosto di Matteo Renzi è stato pugnace in modo benevolo su alcune cose e ripetitivo in modo quasi fastidioso su moltissime. La chiave di lettura è quella per cui il leader di Italia Viva ci tiene a far vedere una cosa in particolare. Che lui fa la famosa “opposizione costruttiva”. Quella cioè che non è ideologica e che essendo in punto di interesse pubblico lo porta sempre più spesso a convergere con la linea del governo. Questo salvo poi sub-distinguersi in faccende come gli extraprofitti alle banche.
“La nostra proposta di legge per l’elezione diretta del presidente del Consiglio, eletto a suffragio universale e diretto”, è uno dei temi. “Contestualmente al voto per le politiche, con potere di nomina e revoca dei ministri”. Ecco, quella “è una proposta che a parole ha il consenso della maggioranza e di parte dell’opposizione, ma sono nove mesi che fanno melina”.
Insomma, Renzi ha cazziato l’esecutivo perché tarda su una cosa su cui è d’accordo perfino lui. “Fa parte del nostro programma elettorale, se qualcuno non ci sta lo dica”. Ma il sospetto che poi alberga nei cuori degli altri oppositori? “A chi dice che appoggiamo il governo dico che siamo gli unici che fanno una opposizione seria e non ideologica, che non portano le bandierine in piazza, ma le nostre proposte di legge”.
E in chiosa stakanovista: “Sono in Aula più di Schlein, di Conte e di Calenda e di ogni leader di opposizione”. Come a dire: io presenzio, faccio proposte concrete e non faccio moro contro muro con le idee.
Tutto bene, ma il sospetto si è fatto canzone. Sospetto in ritornello che alla maggioranza ci sia una quota in meno e che alla minoranza ci sia un partito in più. Nulla di male, per carità, ma si può dire con meno giravolte lessicali.
Canzoni stonate.
ROBERTO VANNACCI
Cosa ha fatto, o meglio scritto, Roberto Vannacci per mandare in bestia praticamente mezzo web e mezza Italia? Prima spieghiamo di chi parliamo. Roberto Vannacci ha comandato il Nono. Per chi non avesse dimestichezza con la potabilità interna dei termini militari parliamo del 9° Reggimento Paracadutisti Col Moschin. Cioè di una Forza Speciale FS-TIER1 dell’Esercito, di quelle che il mondo mette in bacheca dei “meno male che ci sono e che sono così”. Solo che lo dice solo quando servono e non lo dicono quando i baschi grigio-verde (ex amaranto) sono serviti ed hanno servito.
Vannacci ha anche comandato la Brigata Folgore dei “paraca”, non proprio una scuola per fiutatori di giunchiglie. Poi ha guidato con la “greca” e due stelle in patch pettorale il contingente italiano nella Guerra civile in Iraq. Oggi è alla guida dell’Istituto geografico militare. Tradotto: è un duro. Tradotto meglio: è un duro che nel sistema complesso in cui opera è un’iradiddio, ma che fuori da quel contesto prende cantonate. Di iperbole, roba che quando scrivi vien fuori come i colori all’anilina sotto la sferza del sapone di Marsiglia. E che fa caciara politica, specie a contare che quella del Col Moschin è la mistica dell’arditismo pre Ventennio.
Lo fa perché vede il mondo con il mood manicheo di chi conosce il Bene, pretende di aver individuato il Male e con quei fattori ci fa l’urbanista, cioè li accasa dove vuole lui ma con pubblico civile. E il danno è arrivato: in un libro intitolato ‘Il mondo al contrario’ uscito il 10 agosto Vannacci ha scritto cose che non sono nel novero dei pensieri solari. Ecco un esempio: “Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa”.
Per far cosa? “Per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza”. La temperatura lessicale si fa rovente. Minoranza “che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività“.
Poi altre perle da divaricatore etico. “I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo”. Finita? No: “Di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy“.
E il sunto? Quello di tutti i generali bravi che sono bravi fin quando hanno truppa, mission e target, ma che poi scarrocciano. E sono costretti ad invocare il salvagente della “decontestualizzazione”. Come George Patton, che ad un soldato titubante su un ordine in Sicilia la disse esattamente come la pensava. “Giovanotto, noi siamo qui per difendere la democrazia, non per praticarla”.
Sull’attenti ma poco attento.