Abbruzzese scruta l’orizzonte, Ciacciarelli bastona Lega e Fazzone

La cena della componente di Forza Italia che fa riferimento a Mario Abbruzzese. L'analisi politica del voto. L'attacco alla Lega che ha fatto cadere D'Alessandro per indebolire Mario. Le critiche a Quadrini, visto come agente di Fazzone. E poi...

L’area di Mario Abbruzzese ascolta il dibattito interno a Forza Italia e si prepara. A qualsiasi soluzione. Dentro a Forza Italia o fuori, dipende tutto dal congresso Congresso nazionale e dalla svolta che tutti i leader stanno invocando ormai da mesi. Il punto sulla situazione è stato tracciato giovedì sera all’Edra nel corso di una cena.

Presenti una ventina di persone: tutti i colonnelli dell’ex presidente: dal coordinatore provinciale Tommaso Ciccone al capogruppo comunale di Frosinone Danilo Magliocchetti, dal presidente della Commissione Cultura della Regione Lazio Pasquale Ciacciarelli al quali fratellod’Italia Riccardo Del Brocco. E poi il consigliere provinciale Gioacchino Ferdinandi insieme ai sindaci Anselmo Rotondo (Pontecorvo) e Marco Scappaticci (Picinisco), Francesco Lavalle (San Giorgio a Liri) e Piero Sementilli (Ripi). Al tavolo con loro l’ex sindaco di Coreno Ausonio Domenico Corte, da Sora sono arrivati Giacomo Iula e Lino Caschera, da Isola del Liri Enzo Altobelli, da Torrice Alfonso Santangeli, da Cassino Gianrico Langiano e Laura Viola, da Ferentino Leonida Zaccari, da Ceprano Marco Castaldi.

Il punto di Mario

Stanco, un po’ affaticato, logorato da una campagna elettorale per le Comunali breve ma intensissima, Mario Abbruzzese ha commentato il risultato. «Alle Comunali di Cassino ho perso. Mi assumo io tutta la responsabilità della sconfitta. Ho accettato io di mettermi a capo della coalizione e se serve un responsabile quello sono io».

Intorno c’è il silenzio. Nessuno parla. Nemmeno si fiata. «Ero pronto a rassegnare le dimissioni e lasciare il mio posto a Carmine Di Mambro che per soli 16 voti non è entrato in consiglio comunale, nonostante lo avesse meritato al di là di ogni parola. (leggi qui). Ma molti di voi mi hanno fatto notare che le mie dimissioni sarebbero state uno sgarbo nei confronti di settemila elettori che hanno detto di avere fiducia in me. (leggi qui)».

Resterà. Si metterà alla guida dell’opposizione. Ma nel frattempo potrebbe sparire intorno a loro il contenitore che si chiama Forza Italia. Mario Abbruzzese aggiorna la sala. Spiega che tra Silvio Berlusconi e Giovanni Toti se non è rottura, ci siamo quasi. Perché ieri sera è fallita anche l’ultima mediazione dei pontieri per evitare il peggio, anche se in politica vale il detto ‘mai dire mai’. Di certo, Silvio Berlusconi e Giovanni Toti sono ormai ai ferri corti. E Abbruzzese non lo nasconde.

Il dibattito a questo punto sfiora il surreale. Perché nessuno sa rispondere alle più banali domande della vita: chi siamo, dove andiamo cosa vogliamo. E in più: che fare? Dove si va? Non ha dubbi il leader. Si va al congresso e si ascolta. E nel frattempo si sentono anche le altre voci che vogliono riorganizzare il centrodestra. Della serie: brevi cenni sullo stato dell’universo.

La lama di Ciacciarelli

Non è altrettanto diplomatico Pasquale Ciacciarelli. Prende la parola e urla. Urla tutta la sua rabbia. Contro la Lega che ha fatto cadere l’amministrazione di centrodestra guidata da Carlo Maria D’Alessandro: «Non me ne frega se è stato Carmelo Palombo o se è stato Francesco Zicchieri: la Lega aveva ottenuto tutto ciò che aveva chiesto e noi al termine di un’intera giornata di discussioni glielo avevamo concesso proprio per vedere cosa avrebbero fatto. E che hanno fatto? Hanno firmato le dimissioni: cercavano solo il pretesto per farci cadere, per toglierci la città e darla al centrosinistra».

Non grida solo contro la Lega. Il nemico è anche all’interno di Forza Italia. Ce l’ha con Claudio Fazzone, il coordinatore regionale: «I tre dissidenti di Forza Italia che sono stati fondamentali insieme alla Lega facevano e fanno riferimento a Claudio Fazzone. Aveva la possibilità di fermarli e di impedirgli questo disastro. Invece eccoci qua. E ora tutti vorrebbero fare finta di niente».

Anche per questo si scaglia contro Gianluca Quadrini, nominato da fazione vice coordinatore regionale di Forza Italia con delega per la provincia di Frosinone, come a voler creare un organismo parallelo al Coordinamento provinciale. Che invece fa riferimento politico all’area di Abbruzzese. «Se davvero si vogliono fare le cose in maniera unitaria, le nomine si concordano con il territorio. Non ci credo a questo ‘vogliamoci bene’ perché l’ho già visto in occasione della crisi come va a finire. Se davvero deve esserci condivisione ci sia dal primo momento e non dopo avere fatto le nomine».

Basta con i pendolari

Duro come mai prima Tommaso Ciccone. Il coordinatore provinciale se la prende con chi usa Forza Italia come un autobus, una volta raggiunta la destinazione ne prende un altro e poi torna. Tutto hanno l’impressione che ce l’abbia con Riccardo Del Brocco. Che alle Europee ha ammesso pubblicamente di non avere votato Forza Italia ma Fratelli d’Italia.

Ha chiesto allora che «le tessere e la militanza tornino ad essere una cosa seria. Non dico che si debba tornare ai tempi in cui, per avere la tessera di Partito bisognava avere due persone che facessero da garante sulla fedeltà dell’iscrivendo. Ma essere tesserato impone degli obblighi di lealtà e coerenza- Altrimenti è solo militanza e quella può essere fatta anche senza tessera. Fosse per me, basta con chi si tessera on line: lo voglio vedere in faccia e riconoscere il tesserato».

Tommaso Ciccone propone che la federazione di Frosinone di Forza Italia metta a punto un documento da condividere e limare insieme alle altre province. Per far arrivare al congresso nazionale una serie di riforme che partono dal basso. E che riportino Forza Italia a contatto con la gente.

Le regole di Magliocchetti

Il capogruppo di Frosinone Danilo Magliocchetti vorrebbe conoscere le regole del gioco. «Io le voglio conoscere. Voglio sapere se lo stare sempre in Forza Italia senza mai uscire è un valore o una discriminante. Se avere fatto le tessere per Forza Italia è un valore o una discriminante. Se avere votato ad ogni elezione sempre per un candidato di Forza Italia è un valore o una discriminante? Una volta capito questo ci si regola di conseguenza».

Di regole parla Riccardo Del Brocco. In sala c’è chi mormora che è l’ultimo a poter parlare perché alle Europee ha votato Nicola Procaccini di FdI. O li ha sentiti o ha immaginato cosa pensavano: Del Brocco dice: «Qui non ci sono regole. Ed il fatto che io non abbia votato per Forza Italia alle Europee è stato un modo per dire che qui oramai ognuno fa il cazzo che gli pare». Chiede una rotta per non dover guardare oltre.

Gli risponde Anselmo Rotondo, spiegando cosa sia l’attaccamento ai valori: «Io sono nato in Forza Italia e morirò in Forza Italia. A me però quello che non va giù è questo modo di fare del Partito: non si possono paracadutare nomi dall’alto senza tenere in considerazioni i valori del territorio. Siamo noi che radichiamo il partito e diamo risposte alla gente in nome del Partito. Così non si va avanti per molto».

L’elogio del nulla

In sintesi? Nulla di concreto. La rotta? Non c’è: l’ordine è solo quello di scrutare l’orizzonte ed aspettare. Filosofia, senza di avvilimento. E la consapevolezza che proprio gli alleati stanno puntando Forza Italia per spolparne l’elettorato.

A meno che non arrivi prima la rivoluzione con il Congresso. Ma in pochi ci credono.

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