Coletta contro Zaccheo e la maledizione dell’io

Il confronto live tra i candidati sindaco di Latina. Zaccheo e Coletta prigionieri di se stessi. E di un 'Io iperbolico'.

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Ho fatto fatica. Tanta fatica. Ed io ho sempre evitato di faticare. Baraonda Latina organizza l’unico incontro diretto tra i candidati sindaco del capoluogo Damiano Coletta e Vincenzo Zaccheo. Chiamati al voto bis in 22 sezioni su 116, dove il Tar ed il Consiglio di Stato hanno ritenuto che ci siano stati tanti errori da non poter considerare validi gli scrutini dello scorso autunno.

L’ambiente è il 24 mila baci dove le persone si incontrano, festeggiano e forse si baciano. Siamo a Latina, non a New York; siamo a Latina, non a Mosca: in gioco non c’è la pace dell’umanità e non discutiamo della vexata quaestio sul “possesso della veste che nostro Signore indossava sulla croce” per citare Umberto Eco ne “Il nome della Rosa“. Qui si discute solo su come riparare quattro buche. Dimensionarsi è un’arte che fa grandi: Napoleone fu padrone del mondo ma sognava in Corso e un poco aveva nostalgia di Ajaccio.

L’Io iperbolico

Per fare l’incontro c’è stata una trattativa che Yalta era una passeggiata. E su chi doveva avere l’ultima parola un poco peggio. La tensione era forte e l’ironia abolita (ma quanto fa bene l’ironia per salvarti dalla vita… grama).

I due contendenti sono tesi: uno, Vincenzo Zaccheo già sindaco e candidato dal centrodestra, non riconosce la legittimità dell’altro; l’altro, Damiano Coletta sindaco uscente e candidato dal polo progressista, non riconosce l’onestà intellettuale dell’avversario. Entrambi hanno un io iperbolico e si attribuiscono meriti e colpe come se il mondo iniziasse e finisse in loro.

L’Io è iperbolico e le domande pretesti per “iare” (esaltare se stessi e smontare il nemico). Peccato che dovrebbero non parlarsi, ma parlare ad una città che resta basita, dentro litigi che rispetto al futuro sta come lo yogurt del 1932 ad una colazione di domani mattina.

I due fanno: i preti, le guardie, i giudici, gli esperti di morale. Peccato che stiamo scegliendo un sindaco, visto che i preti escono dal seminario nella Grazia di Dio e a questo rispondono; le guardie invece escono dall’Accademia e rispondono alle loro gerarchie; i magistrati fanno il concorso e seguono la Legge; sulla morale… Perché il sindaco è più nobile di tutto questo perché risponde al popolo sovrano.

Non si legittimano

Zaccheo e Coletta

I due non si legittimano l’un l’altro, per questo i ricorsi saranno infiniti e i consensi non cercati con ragioni ma per il tifo figlio di sensazioni. Un confronto fuori dalla cultura democratica ma dentro una sorta di “giudizio di Dio”. (Leggi qui: Gli scenari dopo il voto del 5 settembre).

Non mi sono divertito, penso che chi sentiva. Penso “ma sono casi loro“, questa città è sola ma non da ora. Questa città è un pretesto per altro, una scusa.

Arriva la malavita nel confronto, in un paese della malaria, della malasorte e ciascuno rivendica di essere l’arcangelo Gabriele davanti al diavolo che è sempre l’altro. Peccato che non conoscono Sant’Agostino che prima di essere “testa” della chiesa era stato “animo di peccatore” e distingueva la città di Dio che era perfetta dalla città degli uomini che non lo era e faceva il possibile.

C’è l’Icos: a nessuno interessa perché è così ora, a tutti di farne altro da ora. Ci sono i barboni: a nessuno interessa perché sono lì ma a tutti come aiutarli non lì. C’è un mare che tra qualche giorno dimenticheremo: a nessuno interessa se l’altro non sa nuotare ma a tutti il modo e la maniera di poterci andare anche quando piove. Ma a queste domande non ci sono state risposte perché non era il confronto sulla città ma sull’io di due in questa città.

Ma chi ha vinto?

Una fase del confronto

Chi andato meglio? Zaccheo ha frenato la sua esuberanza, Coletta era più teso. Zaccheo aveva più numeri, Coletta più sensazioni. Un confronto tra monadi, non una dialettica tra uomini.

Non mi sono divertito e questo mi spiace. Per me è stato come costringere un gatto a fare il cane da guardia.

Nel calare il sipario sull’unico confronto di questo ballottaggio vanno fatti i ringraziamenti Rino Polverino che ci ha ospitati; il mio compagno di viaggio Mauro Bruno; Francesca Balestrieri come voce narrante del rivoto e Federico Ginanneschi “mente” di tutto questo.

E ringrazio i due contendenti Vincenzo Zaccheo e Damiano Coletta che si sono “prestati” peccato per il peso degli staff che pensano sempre il mondo sia una trappola. Mentre noi che facciamo questo sporco lavoro abbiamo testa per pensare, passioni da vivere, ma quando scriviamo, quando abbiamo un microfono in mano abbiamo un unico padrone chi ci legge e chi ci guarda. Vale per me per Mauro, per Francesca, per Federico: è la malattia del raccontare.