Pd, tutti gli uomini dei candidati

Nelle prossime ore verranno sciolti i nodi e verrà ufficializzata la data del congresso Pd. In tutta l'Italia i grandi portatori di preferenze iniziano a schierarsi. Il quadro aggiornato delle alleanze. E il grande dilemma: i paracadutati in Parlamento hanno davvero i voti?

L’ultimo in ordine di tempo è stato Carlo Guccione, consigliere regionale Pd della Calabria. Dalla sua Cosenza ha annunciato «Aderiamo alla proposta di Zingaretti a segretario nazionale del PD perché è l’unica proposta politica che va nella direzione di una radicale alternativa e discontinuità rispetto agli ultimi 4 anni di Governo».

Le troppe si schierano in tutta l’Italia, in attesa che nelle prossime ore la Commissione Congresso sciolga gli ultimi nodi sui regolamenti. E che mercoledì la Direzione Nazionale fissi la data delle Primarie. La data proposta è il primo week end di marzo ma non c’è unanimità e molto preferirebbero anticipare a febbraio. (leggi qui La scommessa di Zingaretti, il segno rosso di Martina)

 

Tutti gli uomini del Governatore

Nicola Zingaretti è sceso in campo con l’appoggio di 200 sindaci. Tra i quali ci sono Virginio Merola (Bologna), Michele De Pascale (Ravenna), Alessandro Tambellini (Lucca), Carlo Marino (Caserta), l’ex governatore vicario del Lazio Esterino Montino (Fiumicino) .

Intorno a lui hanno si sono subito posizionati l’ex premier Paolo Gentiloni, il leader di AreaDem Dario Franceschini, il fondatore di Dems Andrea Orlando, l’ex sindaco di Torino Piero Fassino, l’ex presidente dei senatori Pd Luigi Zanda.

Tra i governatori, può contare sul sostegno di Luca Ceriscioli (Marche). Tra i senatori, lunedì Roberto Morassut ufficializzerà il suo appoggio, Monica Cirinnà lo ha già fatto, così come Roberta Pinotti e Anna Rossomando. Tra i deputati c’è la discreta pattuglia di AreaDem guidata dall’onorevole Paola De Micheli.

 

Le truppe renziane di Minniti

Anche l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti è sceso in campo rispondendo (si fa per dire) all’invito di circa 500 sindaci.

Tra i firmatari del manifesto ci sono Dario Nardella (Firenze), Giorgio Gori (Bergamo), Antonio Decaro (Bari), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), Matteo Ricci (Pesaro).

I governatori di Regione che lo appoggiano sono il vulcanico Vincenzo De Luca (Campania) e Catiuscia Marini (Umbria).

Intorno a lui, Matteo Renzi ha schierato la sua guardia pretoriana: Lorenzo Guerini, Luca Lotti e Ettore Rosato (leggi qui Pd, in campo anche Martina. Area Zingaretti teme il ‘biscotto’: “No ad accordicchi”). Attraverso di loro, si stima che possa contare su due terzi dei parlamentari Pd: quasi tutti renziani grazie alla selezione ‘etnica’ delle candidature.

Si stima che una trentina di senatori su 52 appoggeranno Minniti, così come faranno una sessantina su 111 deputati.

 

I paracadutati e quelli conti voti

Ma è proprio qui che ci sarà il confronto con Zingaretti. Perché il quesito è: quanti di loro hanno vere preferenze e quanti sono entrati in Parlamento solo grazie al paracadute che Matteo Renzi gli ha messo addosso?

Tanto per fare un esempio concreto: in provincia di Frosinone nessuno è stato eletto né alla Camera né al Senato dal Pd (grazie anche alla scelta delle candidature fatta da Renzi). Alla prima conta, Francesco De Angelis ha consegnato il biglietto di ringraziamento per la considerazione ricevuta: 100% dei consensi in molte delle sezioni chiamate al voto alla Convenzione regionale Pd.

Lo sfidante era Claudio Mancini, cioè quello che è diventato parlamentare al posto suo.

 

La tenaglia di Martina

L’ala orfiniana si è schierata con l’ex segretario Maurizio Martina. A suo sostegno sono andati Matteo Orfini e Graziano Delrio.

Un attestamento nel quale molti hanno visto la conferma della manovra a tenaglia con la quale cercare di stringere proprio Nicola Zingaretti. Abbassando il quorum delle Primarie ed impedendo che qualcuno possa arrivare al 50% dei voti diventando così Segretario Nazionale Pd al primo colpo. E poi unendo i voti in Assemblea, cioè l’organismo chiamato ad eleggere il segretario in seconda battuta.

A Montecitorio Maurizio Martina può contare anche su Debora Serracchiani, Carla Cantone, Giuditta Pini, Chiara Gribaudo, Andrea De Maria e Matteo Mauri. A Palazzo Madama lo sostengono il renziano Tommano Nannicini, Francesco Verducci, Valeria ValenteRoberto Rampi.

 

Le briciole agli altri

Il grosso del sostegno è diviso fra i tre big. Restano solo le briciole per Matteo Richetti e Francesco Boccia che però può contare sull’appoggio del governatore della Puglia Michele Emiliano che nella scorsa tornata fu uno degli sfidanti di Matteo Renzi.

L’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano può contare sull’ala dei LaburistiDem

Il quadro però potrebbe ancora cambiare. Se è vero che sono sette finora a sfidarsi per la carica di Segretario Nazionale è altrettanto vero che i termini per presentare le candidature sono aperti fino a metà dicembre. E la possibilità che nello scenario irrompa una nuova figura all’ultimo momento, scombinando gli equilibri, non è ancora da escludere.