Dimissioni e quattro pagine per uscire dalla crisi a Sora

Il sindaco di Sora si dimette. Non prima di aver azzerato la Giunta. Ora ci sono venti giorni per ricucire. Entra in gioco il presidente del Consiglio: da domani ascolterà i gruppi consiliari. Si punta a una crisi pilotata che sfoci in un patto di fine mandato. Obiettivo: evitare il commissariamento in piena emergenza Covid. O un patto di ferro o le dimissioni diventeranno effettive.

Maurizio Patrizi

Rem tene, verba sequentur

Prima revoca le deleghe alla Giunta per evitare che resti in carica. Poi rimette l’incarico di sindaco. La decisione l’ha formalizzata oggi, protocollando le dimissioni verso le ore 16. Qualche ora prima aveva fatto tabula rasa firmando il decreto di azzeramento delle deleghe agli assessori che restano in carica ma senza alcun potere.

Le aveva preannunciate venerdì scorso il sindaco di Sora Roberto De Donatis, poco prima che il presidente del Consiglio Antonio Lecce sciogliesse la seduta, l’ennesima, per mancanza del numero legale. Un ko determinato dalle defezioni dei consiglieri Alessandro Mosticone, Floriana De Donatis e Francesco De Gasperis. (Leggi qui Il sindaco: “Mi dimetto”. Anzi no, “lo faccio lunedì”)

Le dimissioni

Roberto De Donatis

Le ha protocollate, ufficializzandole, verso le 16 di lunedì. Quando già da un paio d’ore circolava il decreto con cui a mezzogiorno aveva tolto le deleghe alla Giunta.

Il motivo, già annunciato a margine dell’Assise sciolta, viene ricordato ufficialmente nella lettera con protocollo 10601/2021. Scrive il sindaco di farlo “A seguito della verifica della mancanza del numero legale durante i lavori del Consiglio Comunale in data 19 marzo 2021. Fatto ritenuto dallo scrivente di gravità tale da pregiudicare la volontà di proseguire nel programma amministrativo a vantaggio della comunità. Ritenuto che il momento epocale di enorme difficoltà per la comunità richiede un’azione amministrativa autorevole e forte per sostenere l’importanza delle decisioni da assumere, valutata la necessità di garantire la continuità amministrativa, rassegna le proprie formali dimissioni dalla carica di Sindaco”.

La revoca delle deleghe

La procedura per arrivare alle dimissioni è cominciata con due pagine, protocollo 10537, che revocano le deleghe assegnate al vice sindaco Fausto Baratta, all’assessore alla Programmazione economica Maria Gabriella Paolacci, all’assessore alle Attività Produttive Daniele Tersigni, all’assessore alle Politiche Sociali Veronica Di Ruscio, all’assessore all’Ambiente Natalino Coletta. Nel Decreto si specifica che tutte le deleghe assegnate ai consiglieri comunali “sono naturalmente scadute per decorso del termine previsto nei rispettivi atti di incarico”. In pratica erano già scadute e quindi non c’era bisogno di revocarle.

Ma perché azzerare le deleghe alla Giunta quando poco dopo si sarebbe dimesso? La decisione è stata presa per eliminare l’intera catena di comando. Altrimenti, gli assessori sarebbero rimasti in carica e nel pieno dei poteri. Così invece in questi venti giorni che il sindaco ha a disposizione prima che diventino irrevocabili, nessuno potrà adottare atti senza che lui lo sappia.

Il sindaco tuttavia non h revocato il decreto di nomina degli assessori. Che significa questo? Che gli assessori non hanno più poteri di iniziativa ma se c’è bisogno di una Giunta urgente possono parteciparvi.

Le motivazioni politiche

Il consiglio comunale delle dimissioni

Le ragioni della fine, la strada per un nuovo inizio, stanno in quattro pagine, allegate alle dieci righe con cui Roberto De Donatis si è dimesso. Lì il sindaco sottolinea che è suo dovere “prendere atto della ingiustificata grave crisi politica che si è aperta con le situazioni avvenute e che rischia seriamente di portare Sora in una situazione di grave incertezza in un momento così difficile”.

Quindi rivendica di aver messo a posto il Bilancio: “Chi verrà dopo troverà conti in ordine e prima riduzione di tasse e tariffe”.

Poi un passaggio politico importante: “Ai consiglieri tutti affido la responsabilità di interrompere quel percorso virtuoso, che nonostante le risorse limitate siamo riusciti a innescare, portando avanti opere fondamentali per il futuro della nostra comunità”.

Poi i risultati raggiunti. Come un testamento politico lasciato agli atti per futura memoria nel caso in cui non si riuscisse a ricostruire un equilibrio nelle prossime tre settimane.

 Il sindaco cita i progetti in corso come la riqualificazione della ex Tomassi, di cui stanno per terminare le procedure di acquisizione. E ancora la riqualificazione dell’ex mattatoio con la scuola modello progettata dal gruppo G124 coordinato dall’architetto e senatore Renzo Piano. La riqualificazione del rione Napoli attesa da 40 anni. La conclusione della pista ciclabile. La riqualificazione del centro storico. I tanti cantieri avviati sulle scuole per renderle più sicure. E poi la particolare attenzione rivolta alle periferie e la trasformazione della Farmacia Comunale. Ma soprattutto il sostegno alle fasce più deboli che vivono un disagio accresciuto con l’emergenza sanitaria.

Un governo di salute pubblica

Antonio Lecce (Foto: IchnusaPapers)

Ora entra in gioco il presidente del Consiglio Antonio Lecce. Nelle ore precedenti alle dimissioni aveva lanciato un chiaro appello a tutti i consiglieri per evitare l’arrivo del commissario prefettizio. (Leggi qui “Una giunta di larghe intese” Appello di Lecce al Consiglio).

Nel pomeriggio di oggi ha cominciato a raggiungere telefonicamente tutti i capigruppo e già da domani mattina, martedì, convocherà formalmente i gruppi consiliari, di maggioranza e di opposizione, per capire se ci sono i margini per andare avanti in un progetto di fine mandato. Sul quale alcuni segnali sono già arrivati. Si punta a dare vita a un’Amministrazione di salute pubblica sulla base di un documento programmatico. (leggi qui Il patto di fine mandato per salvare il sindaco di Sora).

In realtà è molto probabile che la Giunta resti quella che era fino ad oggi se si andrà verso un governo di emergenza. Infatti il sindaco ha solo azzerato le deleghe. Non avrebbe senso cambiare assessori a cinque mesi dal voto. Tant’è che i due consiglieri di opposizione che già nelle ore successive avevano dato un segnale di apertura non avevano preteso alcun incarico. Si tratta di Maria Paola D’Orazio, capogruppo Pd in Consiglio comunale. E di Augusto Vinciguerra che del Pd ha solo la tessera. Erano pronti a entrare in maggioranza ma poi nel Partito è passata la linea dura.

Una chiusura totale a qualsiasi collaborazione di fine consiliatura che è stata sollecitata dagli sherpa impegnati nel dialogo con i generali dei due schieramenti civici in via di formazione: quelli che sono più vicini a Ernesto Tersigni e ad Enzo Di Stefano. Che, ciascuno per il suo, puntano ancora a un accordo con i Dem per le prossime elezioni comunali di autunno.

Ma Vinciguerra del Pd ha solo la tessera. E in maggioranza già c’era. Esprimeva anche l’assessore alla Cultura poi rimasto nello staff del sindaco. Per lui potrebbe essere facile tornare sui suoi passi.   

Dopo le dimissioni patto di sangue

FabrizioPintori Ernesto Tersigni, Luca Di Stefano Roberto De Donatis

A conclusione del documento allegato alle dimissioni il sindaco rimarca di avere “sempre agito con onestà anteponendo il bene di Sora ad ogni forma di interesse o di personalismo”. Quindi ringrazia tutti i consiglieri di maggioranza e opposizione, la Giunta, lo staff e gli uffici.

Ma è nelle ultime tre righe che sta la lettura di quello che dovrà essere il nuovo patto di fine consiliatura: “Sora e i sorani meritano la pienezza di un governo che sappia assumere decisioni in modo rapido, autorevole e coeso, dimostrando quell’unitarietà di intenti, che sola può traghettare la nave della comunità verso il porto sicuro di un futuro migliore per tutti”.

Che significa questo? Semplice. Se non viene fuori una presa di responsabilità scritta col sangue da parte di una compagine in grado di sostenere il programma di fine mandato, le dimissioni diventeranno irrevocabili. Del resto è proprio per questo motivo che Roberto De Donatis le ha presentate. Ed è per lo stesso motivo che due mesi e mezzo fa, durante l’ultima riunione di maggioranza, De Donatis aveva detto che “la maggioranza politica non esiste più” (leggi qui Vertice da psico dramma «La maggioranza non esiste più»).

Ma conscio del fatto che la pandemia avrebbe certamente costretto il Governo nazionale a posticipare la data delle elezioni, aveva compreso la necessità di doversi far approvare il Bilancio di previsione per completare la Consiliatura. Ecco perché occorreva, ed occorre, un patto amministrativo. Per evitare il commissariamento.