Expò 2030, Meloni si sfila, Rocca non sa e Gualtieri resta solo in trincea

La più grande occasione per Governo e Paese da anni e lo scenario "da seconda fila" che potrebbe disegnarsi a Parigi: con uno smacco grande

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

A giugno Roma Today titolava con annesso magone: “Expo 2030, scende in campo Meloni: sarà a Parigi con Rocca e Gualtieri per sostenere Roma”. Per lo step finale e decisivo non sarà così e il trittico che con la sua presenza avrebbe dovuto “spingere” la candidatura della Capitale in quel di Parigi ha perso galloni. Che significa? Che da quanto si apprende, al netto di sorprese, Giorgia Meloni a Parigi non ci andrà, Francesco Rocca era in riserva da sciogliere fino a 24 ore fa ed il cerino in mano è rimasto a Roberto Gualtieri. Il sindaco di Roma nella capitale francese ci era già volato con gli intenti belluini di chi sa che se Roma dovesse perdere contro le altre due città candidate sarebbe smacco grosso.

In lizza con la Città Eterna ci sono la saudita Riad e la coreana Busan e Gualtieri ha già parlato con circa 60 tra i delegati che dovranno emettere il verdetto. Il ring era il piacionissimo Plaza Athénée, la melassa diplomatica l’ha data una cena “nell’hotel più esclusivo della città” e Gualtieri sa una cosa.

Chi è in lizza con la Città Eterna

Che cioè se in queste faccende non ci metti la faccia qualcuno potrebbe interpretare la presenza di rappresentanti di minor cabotaggio come un segno di debolezza, quando non di resa. Ed a quel punto addio Expò Roma 2030, con la Samsung o i petroldollari che ci avranno fatto le famose “mani come i piedi”. Sì, ma se questo assioma sui galloni vale e vale per tutti, perché pare non abbia avuto valore per la premier?

Parentesi: il discorso sul presidente della Regione Lazio Francesco Rocca è a parte. L’uomo di punta della Pisana a trazione destra-centro sui media era dato per partente fino a 10 giorni fa, poi impegnato a sciogliere la riserva. Ed infine, ma solo secondo fonti stampa terze, in procinto di delegare la sua vice Roberta Angelilli per la bisogna. E sulla faccenda pesano due piani di lettura: il primo è economico.

Dai social il presidente della Pisana ha spiegato che “l’Esposizione Universale donerebbe a Roma una dimensione contemporanea, ponendola al centro della scena internazionale. Puntare sulla nostra Regione significherebbe, tra l’altro, rafforzare un’area – quella del centro sud – che ha bisogno di rilancio, crescita, occupazione.

E ancora: “È iniziato il conto alla rovescia. Expo2030 è possibile e decisamente auspicabile per la spinta decisiva all’economia della Capitale, della Regione e del Paese: 50 miliardi di ritorno economico complessivo, a fronte dei 10 di investimento. 11mila nuove imprese; 300mila nuovi posti di lavoro, con un protagonismo rinnovato per il Lazio che rinascerà.

Ma quale Roma?

Roberto Gualtieri (Foto © Roberto Vettese)

In termini di investimenti e volumi economici settati e di indotto l’Expò vale bancali di danè e Roma potrebbe giovarsi dell’effetto rebound di un evento che equivarrebbe ad una botta di Nos per cantieristica, turismo e servizi.

Ma quale Roma, quella del sindaco Gualtieri o la Capitale intestata pro tempore al governo Meloni ed alla Pisana? Qui il discorso si fa politico: messa così, con premier e presidente di Regione destrorsi che si “sfilassero” e con il sindaco dem che andasse di persona, la cosa saprebbe di tafazzismo per il governo. Perché se Roma vincesse Gualtieri ci farebbe la parte del soldato ligio che ci ha creduto. E se Roma perdesse sempre e solo Gualtieri ci farebbe la parte del fantaccino eroico che non ha ammainato bandiera.

Ed al di là del valore simbolico resta una regola aurea per certe faccende: se non si vede in giro un capocapo a perorare in punto di presenza si perdono punti, per il risultato in sé e per il pallottoliere personale di chi “mollasse”.

Nobili, Maura e Droghei a Parigi

Luciano Nobili (Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Nei giorni scorsi la Pisana aveva invece mandato due rappresentati di cabotaggio assoluto, almeno in ordine alla delicata gestione dei “preliminari”. Alla volta della Ville Lumière erano volati il presidente della commissione speciale Expo, Luciano Nobili di Italia Viva con i suoi due vice: Emanuela Droghei del Pd e Daniele Maura di Fratelli d’Italia. Nobili aveva spiegato: “Siamo a Parigi per ribadire l’impegno di Regione Lazio, per il quale voglio ringraziare Francesco Rocca insieme al Campidoglio, al governo, al comitato e alla fondazione per Expo 2030 Roma”. Poi il clima di imminenza che rendeva bene l’idea di una cosa cruciale per cui si aspettava magari il sostegno de visu dei pezzi grossi.

“Sono gli ultimi giorni, quelli decisivi, in vista del voto dei delegati del Bureau international des expositions del prossimo 28 novembre”. Lo spiegone stavolta non aveva perso un certo smalto funzionalista. E Nobili si era detto “felice dell’ampia convergenza politica e istituzionale che si è messa in moto. Lavoriamo per lo stesso obiettivo, al di là dei colori politici, per l’interesse di Roma, del Lazio, dell’Italia”.

Ecco, sugli ultimi due l’interesse è ovviamente immutato ma i marker di queste ore non rendono illegittima una lettura più tiepida di quel parossismo iniziale.

Roma che “unisce passato e futuro”

Dal canto suo e sulle sue pagine social Daniele Maura aveva ribadito: “Sono a Parigi in rappresentanza della Regione Lazio”. E “per sostenere la candidatura di Roma Capitale all’esposizione universale prevista nel 2030 nella settimana decisiva prima del voto previsto il 28 novembre”. Poi era andato giù di spottone con un leggero e voluto viraggio retrò, ma efficace: “Solo Roma nel mondo può unire passato e futuro!”. Insomma, come per le première fighe l’aspettativa c’era tutta, solo che dai palchetti di quelli che contano mancherà chi conta di più.

O almeno è quello che ha annunciato Il Foglio. “Giorgia Meloni martedì prossimo, il 28 novembre, non andrà a Parigi. All’Assemblea generale del Bureau International des Expositions”. La premier non ci sarà a tifare nelle fasi decisive del voto e “per il governo non ci sarà neppure il vicepremier Antonio Tajani. A chi toccherà l’onore che pare esser diventato onere in scia con quanto dicono i bookmakers? Alla sottosegretaria di Forza Italia in Farnesina Maria Tripodi.

Se pure Tajani dà buca…

Antonio Tajani (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Precisiamolo: non c’è alcuna intenzione di dequalificare la presenza di una autorevole esponente dell’Esecutivo. Tuttavia se una premier non va a Parigi a far sentire presenza, calore e peso del grado ai delegati di un voto che riguarda la capitale dello Stato di cui essa è appunto premier, allora qualcosa non va.

Non è questione di indirizzare il voto, figuriamoci, né di “intimidire” quanti più possibili tra i delegati dei 182 paesi che voteranno martedì. E’ un fatto di tifoseria in purezza ed al contempo di segno di attaccamento a ché il risultato vada in un solo modo. Cioè quello che vedrebbe Roma prendersi l’investitura.

Per una leader identitaria come Meloni il contesto sarebbe stato perfetto e la sua “ricusazione” sa anche un po’ di resa ideologica. Fermo restando che lo stato dell’arte è in rapporto ad un timing che concede ancora cambi di rotta (o smentite di quella già delineata sui media) ad oggi siamo monchi su una cosa che ci avrebbe dovuto vedere centimani. Le spiegazioni ci sono ma stanno tutte in limbo di plausibilità.

Il “raid di Riad”: evitiamo impronte digitali

Giampiero Massolo (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

E quella must sarebbe legata al fatto che, essendoci già aria di vittoria per Riad, la premier non vuole lasciare impronte digitali su una “sconfitta annunciata”. Della serie: andarci e perdere è peggio che non andarci e perdere, perché secondo una lettura poco condivisibile le sconfitte marchiano più i presenti degli assenti. Tutto è rimasto sulle (capaci) spalle del team diplomatico guidato dall’ex ambasciatore Giampiero Massolo.

Gianluca De Rosa cita un insider “maligno”. Che avrebbe detto: “Ma come, la presidente del Consiglio può fare una figura di palta internazionale parlando per 20 minuti con un comico russo che si spaccia per un leader africano e non può andare a Parigi? Ed anche con il rischio di non vincere?”.

Gli avversari paiono invece lanciatissimi, come prova l’arrivo a Parigi del coreano Yoon Suk-yeol, cioè del Paese che in rating ipotetico è terzo ma che è arrivato con la benedizione dei maggiori gruppi industriali del paese, Samsung in testa.

Si voterà a scrutinio segreto e con una sola opzione di scelta, con due terzi validi al primo turno ed un potenziale turno due in assenza di quorum. Unindustria è scesa in campo con i calibri massini. A riprova che su Expò Roma ci stanno puntando le branche più decisive e decisorie del paese in quanto a produzione. E tramite il presidente Angelo Camilli ha fatto sapere cose che pesano assai.

Unindustria in campo: Camilli ci crede

Angelo Camilli (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

“Oltre a promuovere l’Expo abbiamo costituito la Fondazione Roma Expo 2030 insieme alle principali associazioni datoriali della città, a dimostrazione di uno sforzo complessivo di tutto il sistema imprenditoriale. Un impegno importante, con cui ci siamo messi a disposizione del Comitato”.

Ed “Anche per far percepire alla cittadinanza l’importanza e il valore dell’Expo. Siamo soddisfatti, è stata una corsa in cui abbiamo avuto poco tempo: ci auguriamo la vittoria e che la Fondazione possa continuare a lavorare in futuro”.

La chiosa è speranzosa: “Speriamo veramente che l’esito sia positivo perché ci sia un messaggio importante: una democrazia occidentale che vince oggi è un bel messaggio complessivo a livello internazionale. Ed ha ragione: sarebbe un rassicurante segnale planetario.

Generali, tenentini e “giapponesi”

Roberto Gualtieri (Foto: Andreo Panegrossi © Imagoeconomica)

Il borsino di chi se ne intende darebbe “tra gli ottanta e i novanta voti per Riad, tra i cinquanta e i sessanta per Roma e tra i quaranta e i trenta per Busan”. Un vero campo di battaglia che sarà pieno di generali, e su cui l’Italia potrebbe dispiegare solerti tenentini o al più capitani coraggiosi.

Escluso Gualtieri, che la greca ce l’ha e che sembra l’ultimo giapponese rimasto a difendere l’isola. Una greca da sindaco e con quella anche una visione cinica: “Se i paesi ritengono che tutti i grandi eventi internazionali, dai Mondiali alle Olimpiadi alle Expo, ormai devono andare tutti nel Golfo perché sono comprati con i petrodollari, allora si faranno lì perché si hanno più soldi, dobbiamo accettarlo. E’ una scelta, ma noi diciamo al mondo: occhio!”.

Il che a questo punto spiegherebbe in parte ma non giustificherebbe perché a Parigi potrebbe esserci solo lui.