Fino alla Basilicata ognuno a casa sua: a Veroli, San Vittore e sotto i campanili

Si sgonfia l'effetto termometro nazionale e la politica torna ad essere locale in purezza: con voti e strategie amministrative che incombono, ma solo fino al prossimo round "grosso"

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Parafrasando Riccardo Garrone in Vacanze di Natale “e pure st’Abruzzo se lo semo levato dai…”. Ringraziando il Signore certi fenomeni in Italia sono come le maree: avanzano potentissime fino a dove ti stai leggendo il giornale e poi arretrano dove i granchi restano a chiappe scoperte. E sempre levando lodi all’Altissimo questa cosa strana e polarizzata dei voti regionali elevati a paradigma di come vanno le cose in Italia sta arretrando. Nel 1970 abbiamo qualificato quelle realtà amministrative come a sé stanti ma poi tirarle per la giacchetta è figo. E ci piace.

L’impazzimento recede, ognuno porta a casa i suoi conti e di mezzo, salvificamente, ci si mette pure la Pasqua ventura, che spezza il ritmo dei test ogni tot per vedere chi sta bene e chi sta male tra i Partiti nostrani. E soprattutto chi la sfangherà nel match delle Europee di giugno. Potremo tornare a concentrarci sulle amministrative in approntamento dalle nostre parti. E non saremo più chiamati a dire la nostra – in mood per lo più italiota – su Salvini che va maluccio e sul campo largo che benebene non va.

Bentornato duello Salera-Buogiovanni

Il sindaco Nadia Bucci

E che passa da ettaro ad orto in meno di un mese. Nella nostra agenda torneranno in purezza Cassino, con il duello tra Enzo Salera, Arturo Buongiovanni e quelli che sconfesseranno il tertium non datur. Oppure San Vittore, dove la veterana Nadia Bucci proverebbe a fare trittico di cassero contro un Eugenio Iannetta arrivato a piena maturazione di leadership.

O ancora Veroli, dove per capire chi andrà contro chi nel dopo Simone Cretaro servirà chiamare Otelma, sette aruspici latini e dargli pure un Aulin prima sennò scapocciano. E dove il Pd locale sta mettendo in grave ambascia uno come Francesco De Angelis che le ambasce le odia a morte, immerso com’è assieme a Luca Fantini in una palude di ticket, ukase tra i denti e massime di De Pretis.

Insomma, finalmente ci tocca il nostro ma soprattutto e finalmente quel che era e resta termometro dei sistemi di secondo livello torna a fare il suo mestiere.

Le indicazioni su piccoli pezzi di Paese

Simone Cretaro

Che è quello di dare indicazioni su come vanno pezzi d’Italia, non l’Italia tutta. Torniamo alle “basse quote”, e ci vediamo meglio. Ce la siamo un po’ goduta, un po’ subìta, questa elevazione di rango concettuale. Goduta perché alla fine quando vivi in un Paese politicamente polarizzato non puoi che seguire l’onda. Non esci dall’inferno, ne diventi parte. Lo fai applicando le regole di massimo sistema anche ai sottosistemi in cui recitano esponenti del sistema al vertice. Un rebus: e noi i rebus li odiamo.

Lo abbiamo fatto in Sardegna dove ha vinto il centro sinistra di poco ed in Abruzzo dove ha stravinto il centrodestra. Ci abbiamo tratto analisi, deduzioni, scilinguagnoli, radiografie ai leader e temperature di appeal. Lo sapevano benissimo che era vero fino ad un certo punto ma ci è piaciuto.

Ed agli italiani tutto puoi togliergli, meno il piacere tutto teatrante di legare a doppio nodo la rotta del consigliere provinciale Vattelappesca con la visione di un segretario nazionale agganciata alle sorti dell’Europa. Ci fa sentire parte del gioco, come ai Mondiali. Da Ciccillo Cacace ad Ursula von der Leyen è n’attimo.

Come ti aggancio il Nazionale

Ursula von der Leyen

Sì, ma perché alla fine questa strana litania dei voti regionali portati a paradigma dello status nazionale ce la siamo anche subìta? Perché nessuno ha fatto nulla per definire i confini, lì in alto, e perché quando il destracentro polarizza non è che gli avversari glissino e cambino focus.

No, un po’ polarizzano anch’essi ed alla fine ci ritroviamo tutti a desumere cose dalle terre del casu marzu e degli arrosticini che valgono per le terre di gricia, baccalà e cotoletta. Tipicità strombazzata a tavola che diventa ecumenicità in politicuzza, regionalità che sconfessa se stessa e si fa Regola Aurea. Leggerezza di Italo Calvinio che cede il passo alla gravità di una cosa da cui non sappiamo distaccarci.

Perché ci piace e perché prendere posizioni polarizzate aiuta molto a non riflettere, a non impegnarsi. Alla fine e Deo Gratias la temperatura è calata, l’Abruzzo è passato e la cosa più intelligente – accade anche questo – l’ha detta Claudio Borghi giusto ieri l’altro su Twitter.

Il teorema Borghi…

Claudio Borghi (Foto: Sara Minelli / Imagoeconomica)

“Da domani le elezioni regionali torneranno ad essere sui giornali un fenomeno locale con scarsa attinenza con la politica nazionale”. Ci sarebbe voluto un Amen grosso come una casa, dopo quelle parole. Borghi dirà pure eresie estetiche tipo che lo scambiano con l’attore Alessandro, ma sul suo sta sul pezzo. In attesa che Vito Bardi scopra con chi dovrà vedersela e che Alberto Cirio tiri fuori il vestito buono dall’armadio siamo liberi.

Ed un po’ salvi. Liberi di tornare a capire se a Sant’Elia Fiumerapido Roberto Angelosanto, sindaco-avvocato aggredito da uno sciamannato, ha fatto cose buone o meno. O se a San Giorgio al Liri Francesco Lavalle potrà bissare. E fino a che punto ci sono margini per vedere sul cartellone degli sfidanti di nuovo il nome Migliorelli. Che fu di uno storico sindaco che ormai appartiene alla gloria del cielo, ma che ha lasciato il seme della passione politica nei figli e soprattutto nei nipoti.

E se ad esempio ad Isola del Liri l’appello della candidata Debora Bonvenga che sta opposta a Massimiliano Quadrini potrà diventare paradigma. Magari da cui attingere tutti, indipendentemente da esito e posizioni.

… e il teorema Bonvenga

Il sindaco di San Giorgio a Liri Francesco Lavalle

“La Politica è servizio, impegno costruttivo, lungimiranza, apertura al dialogo, confronto leale e ricerca di soluzioni. La Politica non è ‘zuffa’ tra tifoserie, non è una partita ‘contro’, non è strategia sporca per sgomitare ed occupare gli spazi che contano”.

Senza zuffe, senza tifoserie, anzi, meglio essere sinceri. Con le tifoserie accese, recintate e nostrane di chi non vuole cambiare l’Italia, ma solo quello a cui fa ombra il suo campanile. Guicciardini ed il “suo particulare” non ci hanno insegnato nulla, allora.

Almeno fino al voto in Basilicata, quando torneremo tutti, pazzi di fregola analitica, a ficcare a forza un Paese intero in una sola Regione. Ed a sperdere in aria decine di concetti salviniani, meloniani, tajanisti, giuseppisti ed ellysti. Non perché ci tocchi, ma perché ci piace. E Calvino non rompa, tanto non legge più nessuno. E si vede.