Fischi e fiaschi della settimana XXXIX 2021

Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore.

FISCHI

NICOLA OTTAVIANI

Palazzo Munari a Frosinone

Ha definito le date del trasloco ufficiale della sede del Comune capoluogo. Quella nuova sarà il prestigioso Palazzo Munari, che per anni ha ospitato la sede della Banca d’Italia. Un palazzo bellissimo e ricco di storia, collocato nel cuore del centro storico, a due passi dalla Prefettura e soprattutto dallo stabile delle Poste, dove all’origine c’erano gli uffici municipali.

È un risultato importante, destinato, unitamente alla riqualificazione dei Piloni e di largo Turriziani e al restyling dello Scalo, a proiettare Ottaviani nell’Olimpo dei sindaci che hanno guidato Frosinone. Inutile rifare ancora una volta l’elenco delle tante opere pubbliche avviate o sbloccate.

Poi c’è un altro aspetto: a quasi dieci anni dall’inizio del suo doppio mandato, Nicola Ottaviani l’altra sera ha avuto 19 voti favorevoli su 21 consiglieri che fanno parte della maggioranza. E uno era fuori provincia. A dimostrazione che il quadro di centrodestra a Frosinone tiene.

Catalizzatore.

SARA BATTISTI

Sara Battisti

In Ciociaria non poteva essere questa la “sua” campagna elettorale, nel senso che al voto non vanno Comuni che fanno parte del suo “feudo”. Ma Sara Battisti, consigliere regionale e vicesegretario del Pd nel Lazio, è stata su tutti i palchi. Mentre dietro le quinte si è confrontata costantemente con il segretario Luca Fantini, suggerendo linee e strategie.

Contemporaneamente non ha perso una sola occasione per stare sul pezzo dell’identità valoriale del Pd. Dalla difesa delle donne a tutto il resto. Sa che dopo questo voto si dovrà subito pensare alle provinciali del 18 ottobre e poi alle comunali di Frosinone. Non perdendo di vista però quello che può succedere anche alla Regione, dopo l’elezione del Capo dello Stato.

Perfettamente calata nel ruolo di vicesegretario regionale, riesce ad avere una visione unica e questo “collegamento” tra la Ciociaria e il resto del Lazio può risultare prezioso per il Pd locale. Obiettivamente rimasto “orfano” di Nicola Zingaretti. (Leggi qui Dalle Regionali al Campidoglio: l’anno più lungo di Zingaretti).

Poliedrica.

GIOVANNI ACAMPORA

Giovanni Acampora e Lorenzo Tagliavanti (Foto su base Imagoeconomica)

A Roma non se l’aspettavano. Nemmeno nella sede di Unioncamere Lazio. Da decenni sono abituati a vedere scattare sugli attenti i referenti delle province. Ma il mondo è cambiato e Giovanni Acampora, presidente della Camera di Commercio di Latina e Frosinone, ha alzato la voce.

Dicendo che all’interno del Consorzio unico industriale regionale è la Camera di Commercio ad avere la maggioranza relativa con oltre il 10% di partecipazioni azionarie. Tutti gli altri soci sono a distanza siderale. E allora come pensare di tenere fuori l’ente camerale dal consiglio di amministrazione? Per fare posto a rappresentanze di associazioni che non hanno lo stesso peso? Nessuno discute sull’autorevolezza di Unindustria e Federlazio, ma alla fine esisteranno anche dei criteri oggettivi. (Leggi qui Fumata nerissima, scontro con Roma per il controllo del Consorzio).

Fatto sta che a Roma non se l’aspettavano. Acampora si è alzato e ha fatto presente che se la Camera di Commercio verrà tenuta fuori dal cda, lui considererà questo atto un “golpe”. Cosa succederebbe? Il Vietnam in assemblea.

Massiccio e incazzato.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

È quello che obiettivamente ha più da perdere da questa tornata elettorale. Sinceramente non può neppure essere tutta sua la responsabilità di un tracollo annunciato del Movimento Cinque Stelle, che sicuramente perderà Roma e Torino. E che faticherà non poco ovunque.

Anni e anni di scontri interni, di strappi, di espulsioni e di tutto il resto hanno indebolito i pentastellati. Ma di tutto questo la responsabilità politica è di Beppe Grillo, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna, Virginia Raggi. Di quella stessa classe dirigente che però fa parte del collegio dei Garanti.

L’errore di Giuseppe Conte è stato quello di dare la sua disponibilità a diventare capo del Movimentp prima delle elezioni del 3 e 4 ottobre. L’avesse data dopo sarebbe stato il salvatore della patria. Così invece rischia di trasformarsi in agnello sacrificale.

Mossa sbagliata.

GIORGIA MELONI

Carlo Fidanza e Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Se anche la leader coraggiosa e tosta di Fratelli d’Italia si mette a gridare al complottismo ed evoca polpette avvelenate, c’è poco da nutrire speranze per il futuro.

La domanda semplice è una sola: il video di Fanpage è vero? Sì. E allora Giorgia Meloni deve solo rammaricarsi di non aver fatto i conti con quel fascismo da operetta (che non fa ridere) con il quale davvero non c’entra nulla. (Leggi qui I tormenti di Salvini e Meloni su Fanpage spiazzano il centrodestra).

Giorgia Meloni ha portato i Fratelli d’Italia dove mai nessuno aveva condotto la Destra italiana. Sul piano delle percentuali dei sondaggi ma anche dell’autorevolezza internazionale. Giorgia Meloni è tra i leader più apprezzati dei Conservatori a livello mondiale. In Europa, ma anche dall’altra parte dell’Oceano. E ha raggiunto questo risultato parlando di temi attuali. Non certo di fascismo.

Ma in Fratelli d’Italia certe manifestazioni non sono sporadiche e in tantissimi faticano ad accettare che l’apologia di fascismo è un reato. Non si può fare. Inoltre bracci tesi, “a noi” e “presente” riescono in pochi secondi a distruggere tutto ciò che si è costruito. Mandando il messaggio che il Partito non ha classe dirigente per governare un Paese come l’Italia. Per questo la Meloni non deve minimizzare. Ma mettere fuori da Fratelli d’Italia chi si tuffa nel fascismo da operetta.

Manca lo scatto.

MATTEO SALVINI

Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

L’attacco frontale di Giancarlo Giorgetti, ma anche di Massimiliano Fedriga e di Luca Zaia, cambia la prospettiva all’interno della Lega. Il Capitano potrebbe essere messo in discussione e perfino “ribaltato” per quanto riguarda la guida del Partito.

La vicenda di Luca Morisi in altri tempi avrebbe visto tutto il Carroccio schierato dalla parte di Salvini, che invece è rimasto solo a difendere il suo spin doctor social. Stessa cosa era successo con la vicenda di Claudio Durigon. A parte la coraggiosa difesa di Francesco Storace, nessun altro aveva fatto sentire la sua voce.

Sono segnali evidenti e forti. All’interno della Lega non c’è più solo la linea di Matteo Salvini. Se domani i risultati non dovessero essere buoni, il congresso anticipato di avvicinerà.

Accerchiato e isolato.