Fratelli di Twiga e turismo una tantum: l’anno bicolore della Santanché

La ministra che non ha accusato colpo dopo i suoi guai ed un ruolo molto più che politico che l'ha "blindata" in un settore cruciale

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Per Daniela Santanché il 2023 è stato finora un anno bifronte: horribilis per certi versi e grandioso per altri. Partiamo da quest’ultima connotazione, meno evidente. La ministra per il Turismo del governo Meloni ha tenuto tutto sommato “botta”, il che pone questo lato positivo in diretta concausa con quello negativo. Le sue vicende finanziario-giudiziarie cioè non le hanno impedito più di tanto di essere La Ministra e magari anche di farla, anche al netto di faccende tuttora pendenti ma che non le hanno terremotato la casella istituzionale.

Ovviamente c’è il lato negativo che è lato di innesco. Quel che che è emerso di Santanché è comunque poco piacevole, anche se finora non penalmente rilevante (le Procure esercitano l’azione penale solo dopo una formale richiesta di rinvio a giudizio e Santanché è parlamentare). Perciò ed in questa situazione quanto meno di bonaccia “La Pitonessa” ha avuto tutto il tempo di far passare un’estate e tre quarti di autunno senza grosse onde di ritorno delle sue faccende.

Governo coscritto per il Forum

Arianna Meloni alle spalle della sorella Giorgia (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

E di fare mezzo esecutivo abile arruolato per il Forum Internazionale del Turismo che si è tenuto sul Lago Maggiore il 24 e 25 novembre.

La vetrina era grossa, i guai si sono attenuati e a Santanché tutto manca, meno che la resilienza politica e di società. Ma come è potuto succedere che una ministra finita al centro di un ginepraio di quella fatta possa aver goduto di un clima da pannicello tiepido così conclamato?

Enunciamo gli invitati al Forum, premettendo che ciascuno di essi ha un ruolo istituzionale per cui sì, andavano invitati innanzitutto in punto di protocollo. E’ arrivata ma solo in streaming Giorgia Meloni. Poi Gennaro Sangiuliano (Cultura), Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy) e Francesco Lollobrigida (Sovranità alimentare ed agro faccende che a volte mutano in faccende agre). Cioè tutti titolari di dicasteri che con il tema turismo sono saldamente interconnessi.

L’unicum evolutivo

Francesco Lollobrigida (Foto Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Ma non è solo il principio di contiguità ed afferenza a valere sul caso di specie, e questo ci riporta alla “immunità comunicativa” di Santanché e delle sue vicende. Spieghiamola: la ministra “Pitonessa” è di fatto un unicum evolutivo. E’ stata la prima e la sola che è riuscita a fare quel che perfino a Silvio Berlusconi veniva difficile: mettere a crasi populismo borgataro di pancia e salottismo figo di tartina. Più esplicitamente Daniela Santanché è stata colei che ha introdotto i riottosi e terragni colonnelli di Fratelli d’Italia negli ambienti milanesi.

E la sua non è stata solo una mediazione sociologica già di per sé fortissima. No, la ministra del Turismo di Giorgia Meloni è stata colei che ha spalancato a Meloni le porte che contano di una realtà territoriale dove o sei forzista o voti Lega. Pochi ci hanno fatto caso, ma salto di qualità e qualità dei sondaggi pro FdI in Lombardia, segnatamente nella ricca Brianza e nel Milanese sono andati di pari passo con tutta una serie di mediazioni di cui Santanché è stata garante.

Bisognava portare un partito “romano de Roma” ad uno stato tale per cui le spigolosità ataviche del suo battage venissero piallate e digerita da una società parallela. Di un gruppo che, tra impresa, jet-set e fighitudine estiva da tabloid era e resta più blindato di Fort Knox. E per lo più politicizzato nel conservatorismo liberal che in certi casi precede la stessa mistica di Arcore. In questo Santanché è stata insuperabile e molto più ambasciatrice che ministrante di un dicastero tra l’altro cucitole addosso per naturale vocazione del suo vissuto superficiale. Insomma, era quella adatta a “portare i Fratelli al Twiga”.

Open to… “ci riproviamo”

Daniela Santanché (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Ed a mettere il fard alla verve bucaniera del primo partito politico italiano: quello che colonizza i ministeri di Roma che è caput ma non porta mai il cappello giusto, quello del quale la premier ha la tessera numero uno. E quello di cui sono iscritti tutti i colleghi che hanno fatto massa dialettica al Forum. Vetrina che ha consentito alla premier di spiegare che sul settore “manca la mano d’opera per l’assistenzialismo del Rdc”. L’evento si è tenuto a Baveno, sul Lago Maggiore. Un mese fa e sotto lo sguardo sornione della Venere social-pop di Open to Meraviglia, praticamente un’esodata, era comparso l’avviso.

Era quello “per raccogliere le manifestazioni di interesse inerenti alla sponsorizzazione tecnica di forniture di beni e prestazioni di servizi”. Cioè di protocolli “necessari all’organizzazione e alla realizzazione del Forum internazionale del turismo 2023, appuntamento strategico per tutto il comparto. Poi lo spiegone: “La manifestazione, istituita dal ministero del Turismo, sarà occasione per un confronto trasversale sulla valorizzazione di un comparto che è impresa e cultura”. La chiosa era di quelle da “vietato mancare”.

Su un appuntamento “da vivere con professionalità e passione, insieme a tutto il governo nazionale, alle Regioni e agli operatori del settore”. In quelle poche righe non c’è solo un Paese che doverosamente segue la sua naturale e mai del tutto realizzata vocazione di settore. No, lì c’è anche Daniela Santanché che, senza troppi lividi, adesso schiera l’artiglieria e lancia la sua controffensiva.

Da Londra alla Ciociaria un tema clou

Poco tempo fa la ministra era al World Travel Market (Wtm) di Londra. Lì con orgoglio (condiviso) aveva spiegato che il padiglione italiano era stato “il più visitato dell’evento, e di questo dobbiamo essere contenti”. Poi aveva lanciato il G7 2024 del Turismo, da tenersi in “zona Twiga”, in Toscana cioè. Strategie di seggiola a parte, il tema è di rilevante importanza anche per la provincia di Frosinone e per il Pontino.

Guido D’Amico (Foto © AG IchnusaPapers)

In estate era stato il presidente di Confimprese Guido D’Amico a disegnare il quadro. Ed era un quadro che, più che sugli orpelli di lessico, puntava sui protocolli reali. Cioè sulle modalità con cui il turismo territoriale doveva essere rilanciato per Ciociaria, Cassinate e Riviera di Ulisse. La parola d’ordine era stata e resta “sostenibilità”. Perché è con essa che fai non solo i numeri, ma anche l’interesse di una terra. Il progetto innovativo è quello de “Verso un nuovo turismo sostenibile”.

La ricetta di Guido D’Amico

La mission invece è la “selezione e certificazione delle aziende sensibili alla sostenibilità”. D’Amico aveva tirato in ballo la tv e le sue icone di settore. “Nel programma cult ‘4 Hotel’ il conduttore Barbieri, nelle decisioni che matura, fa molta leva sulla sostenibilità”. Cioè? “Presenza o meno di bicchieri di plastica nelle camere come di altri materiali più o meno impattanti a livello ambientale. Sta ormai diventando Cultura nel sistema turistico italiano e internazionale, ma probabilmente non sono state considerate con sufficiente attenzione. Sono piccole e grandi accortezze che fanno la differenza”. Il messaggio è chiaro e potrebbe legarsi anche con gli esiti empirici del Forum di Bavegno.

Foto © Ciociaria Turismo

E addirittura scavalcare quel clima e qui toni da tartina, Twiga e Cispadania che la ministra Santanché ha dato a tutto il concertato, come diceva Guareschi. Tra l’altro chiedendo più truppe ed una nuova governance per Enit: sette dirigenti di prima fascia, 23 di seconda, più 208 funzionari e 86 assistenti.

Perché poi alla fine, in un paese come l’Italia, è ora che il turismo diventi una scomoda rotta e non più un morbido cuscino. Cuscino su cui far sedere la fine dei guai e la chiamata a raccolta di chi, magari solo un po’, un po’ te li ha evitati.