La cartiera che chiude perché usa i rifiuti come materia prima

La Reno De Medici è leader italiano ed europeo nella produzione di cartoncino da carta riciclata. A Villa Santa Lucia ha deciso di chiudere, ma non perché in crisi. Non le fanno recuperare la cellulosa dai fanghi industriali: solo e soltanto “rifiuti” da smaltire. Maura (FdI): «A breve arriva l’Aia». Battisti (Pd): «Non risolverà il problema». I sindacati: «Dramma per 300 famiglie». È anche tempo di confronti tra Sanità passata e presente. E si avvicinano le Elezioni Europee. Mica candidano qualche ciociaro per caso?

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Si vende eccome, in tutta Europa, quel cartoncino patinato fatto di carta riciclata. Eppure è stata annunciata la chiusura della cartiera Reno De Medici di Villa Santa Lucia. Oltre 160 dipendenti in cassa integrazione da dicembre scorso a maggio prossimo, nonché 120 lavoratori dell’indotto, vanno incontro ai licenziamenti. Nel territorio cassinate si perderebbero 300 posti di lavoro. (Leggi qui: Cosa c’è dietro alla chiusura di Reno de Medici).

A Cassino una manifestazione di protesta, ampiamente abbracciata anche da politica e sindacati e preceduta dall’ultima puntata di A Porte Aperte. È dagli studi di Teleuniverso che il consigliere regionale Daniele Maura sposta l’attenzione sull’imminente rilascio dell’Aia: l’Autorizzazione integrata ambientale, che consente anche il riciclo dei fanghi industriali per l’attività produttiva. Ma come rifiuti speciali, con tutti i controlli e vincoli del caso. Non come nuova materia prima, come ha sempre fatto e vorrebbe continuare a fare la Reno De Medici.  

La fabbrica cassinate non è affatto in crisi. Anzi, è una delle eccellenze della casa madre RDM Group di Milano: il leader italiano ed europeo del cartoncino riciclato. Oltre che nel Belpaese, è il più grande produttore in Francia, Paesi Bassi, Scandinavia e Penisola iberica. Il gruppo è costituito da dieci stabilimenti e quattro centri di taglio che in tutto hanno 2.300 dipendenti. È un colosso che nel 2022 ha prodotto 1.4 milioni di tonnellate di cartoncino riciclato, totalizzando un ricavo netto di un miliardo e 250 milioni di euro.

I fanghi usati per il cartoncino

Nell’estate scorsa, dopo quello di cinque mesi nel 2022, un nuovo fermo produttivo causato dallo stop giudiziario al depuratore consortile di Villa Santa Lucia. L’azienda, nel mentre, ha effettuato i lavori per un sistema di pretrattamento degli scarichi. Il tribunale le ha sbloccato la produzione, ma con una serie di prescrizione. Tra queste, elemento cruciale, c’è anche lo smaltimento di tutti i fanghi industriali.

Sono gli stessi fanghi che, in quanto contenenti cellulosa, vengono però utilizzati per la stessa produzione di cartoncino riciclato. L’RDM Group, pertanto, dovrebbe sobbarcarsi i costi di smaltimento di una materia prima che dovrebbe poi andare a reperire e acquistare altrove. Da qui, dieci giorni fa, l’annuncio della chiusura del pur fiorente stabilimento villese.     

In studio ci sono i consiglieri regionali Daniele Maura (FdI) e Sara Battisti (Pd). Davanti alla cartiera Reno De Medici, con i lavoratori a rischio di licenziamento, il sindaco di Villa Santo Stefano Orazio Capraro e tutte le principali sigle sindacali. Da Pasquale Legnante a Patrizia Fieri, nell’ordine segretari della Fistel Cisl Frosinone e della Slc Cgil di Frosinone e Latina (lavoratori dell’informazione). Da Marco Colasanti a Mauro Rea, rispettivamente segretario provinciale dell’Ugl e omologo organizzativo della Uilcom.

Maura (FdI): «Aia in arrivo a breve»

Daniele Maura

Daniele Maura, vicepresidente della Commissione Industria e membro della Commissione Ambiente, fa presente che «la Regione non ha messo alcun vincolo all’utilizzo dei fanghi, ma quelli primari devono essere trattati come rifiuti, come deciso da una norma europea». Il vicecapogruppo regionale di Fratelli d’Italia, inoltre, aggiunge che «a brevissimo, forse all’inizio della settimana prossima, verrà rilasciata l’autorizzazione ambientale alla produzione e al riutilizzo dei fanghi primari». Il vero problema, secondo Maura, è un altro: «Non ci sono altri investimenti da parte dell’azienda, dopo i cinque milioni investiti per il problema del depuratore. Ma proprio per questo non credo che ci sia realmente l’intenzione di abbandonare questo territorio».

La conferma arriva nelle ore successive dall’assessore regionale Elena Palazzo. Dice che  «gli uffici della Direzione Ambiente della Regione Lazio ci assicurano che in tempi brevissimi e addirittura molto prima di quelli previsti dalla legge, sarà emessa la variante necessaria alla prosecuzione delle attività dell’azienda, consentendole di recuperare fibra di cellulosa dai fanghi primari. Ma nel pieno rispetto e di tutte le norme in materia di ambiente».

Intanto, si protesta. Presente al corteo anche il segretario provinciale del Pd Luca Fantini: «Il ministero dell’Ambiente e la Regione Lazio – ha pressato – trovino immediatamente una soluzione per fornire risposte ai circa 300 dipendenti che rischiano di rimanere senza lavoro». Il Partito Democratico attiverà il deputato e referente Matteo Orfini, eletto nel Basso Lazio, per rafforzare «l’importante lavoro portato avanti dalla consigliera Battisti» e «tenere alta l’attenzione a tutela delle maestranze».

Battisti (Pd): «Non risolverà il problema»

Sara Battisti

La consigliera Battisti parla di «solidarietà e massimo impegno da parte di tutte le forze politiche su un terreno molto spinoso. L’equilibrio tra sviluppo del territorio e tutela ambientale, in mezzo al groviglio della normativa che a volte semplifica ma altre rende ancor più complessa la risoluzione di un problema».

Sottolinea, poi, «quanto Reno De Medici abbia dovuto investire per implementare l’impianto a seguito dell’indagine della Procura, che tra l’altro ha gettato ombre anche sul funzionamento del depuratore consortile, quando poi si è capito che lo scarico dei fanghi ha bisogno di un trattamento diverso».

Attende l’autorizzazione ambientale, ma non è convinta che il problema generale non si ripresenterà un’altra volta ancora. «Credo che la Regione debba anche assumere un impegno a favore di un ulteriore impianto di pretrattamento – così Sara Battisti -. Così si abbasserebbero i livelli delle sostanze ritenute non opportune».

Perplessità bipartisan

Enzo Valente

Le sue perplessità verranno confermate nelle ore successive dal vice Segretario nazionale di Ugl Chimici Enzo Valente. Per il quale «L’ostacolo alla riapertura non è dato dalla Regione Lazio, ma dalla Procura della Repubblica di Cassino. Il tecnico incaricato di seguire il cronoprogramma dei lavori così come da prescrizioni della Procura, ha evidenziato che gli scarti dei rifiuti, i cosiddetti fanghi, devono essere smaltiti all’esterno. E ciò provoca un doppio danno all’azienda: anzitutto il costo, che è esorbitante. E cosa ancora più importante, tutte le cartiere utilizzano quegli scarti come materia prima: se passa questo concetto dovranno chiudere tutte le cartiere d’Italia, non solo la Reno De Medici».

«Per questo – spiega Valente – è necessario che intervenga il Ministero dello Sviluppo Economico: occorre fare chiarezza una volta e per tutte a livello nazionale su questo aspetto, in modo che la Procura possa rivedere quelle prescrizioni. Altrimenti il solo rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione potrebbe non essere sufficiente». 

Cisl e Cgil: «Sono 300 padri di famiglia»

Pasquale Legnante (Fistel Cisl), dal presidio degli operai davanti alla cartiera, vede «una problematica seria che ci sta portando ad avere un atteggiamento collaborativo, ma anche a portare la voce degli operai nel corteo di Cassino».

Parla della cartiera: «Un’azienda sana, che investe, è un’eccellenza in Europa e vuole restare su questo territorio. Ma bisogna fare presto ad avere tutte le autorizzazioni per riprendere l’attività produttiva con la massima attenzione all’ambiente ma anche all’occupazione. Si parla di trecento padri di famiglia».  

Anche Patrizia Fieri (Slc Cgil) ritiene che «l’azienda abbia fatto un passo in avanti per risolvere il problema ambientale, quindi se ne può uscire. Sono trecento famiglie e alcuni lavoratori sono stati già allontanati, come le dipendenti part time della mensa, che non hanno ammortizzatori sociali e sono state trasferite in altre sedi a distanza di chilometri».

Ugl: «Dramma sociale». Uilcom: «Da 5 anni»

Reno De Medici. Foto: Marco Stanzione / Teleuniverso

Marco Colasanti (Ugl), intanto, accoglie «l’annuncio dell’onorevole Maura con moderato ottimismo, perché si sta perpetrando un dramma sociale ed economico per questo territorio, già con un’alta percentuale di disoccupazione, che schizzerebbe in alto con la chiusura della Reno De Medici. Noi non vogliamo ma pretendiamo risposte per questi lavoratori e le loro famiglie». Definisce «un paradosso, a livello ambientale, far smaltire ogni anno 36mila tonnellate di fanghi con i camion invece di farli trasformare nel cartoncino d’eccellenza».

Mauro Rea (Uilcom) pensa al post cassa integrazione: «Ci auguriamo tutti che dopo maggio riprenda la produzione, perché non è possibile solo immaginare la chiusura di questo stabilimento e le conseguenze su un territorio già fortemente penalizzato, viste una deindustrializzazione molto preoccupante e l’esclusione dalle Zes (Zone economicamente speciali, Ndr)». Ricorda, infine, che «questa vertenza, tra rimbalzi di responsabilità, va avanti sin dal 2018 e sono passati già cinque anni, un’enormità in un’economia globale che richiede tempi accelerati».      

Il sindaco Orazio Capraro, accolto dagli operai con gratitudine, crede che «far smettere l’attività ad aziende eccellenti è sempre una grande sconfitta – dichiara -. A trecento famiglie, oltre mille persone, quest’azienda dà modo di vivere. Inoltre, si verrebbe a perdere tutto il riciclo della carta e sarebbe anche complicato e costoso trasportarla altrove. Se sarà chiusa, la cartiera diventerà una bomba ambientale senza manutenzione».

Il capitolo di bilancio ancora vuoto

Sara Battisti e Daniele Maura nello studio di Teleuniverso

Se ne discute anche in Commissione Industria, di cui fa parte anche la consigliera Sara Battisti. «Negli uffici romani si sente parlare solo e soltanto di problematiche ambientali e crisi industriali – commenta il membro di maggioranza Daniele Maura -. È ora di invertire la rotta e offrire una prospettiva alla nostra provincia. Il presidente Rocca ha fatto tutto il possibile, ma quelle di Frosinone e Latina restano province di confine, senza nessuna agevolazione economica che hanno invece altre situate a pochi chilometri ma in altre regioni».

In Provincia, nel corso dei recenti Stati Generali, è emerso che undici dei tredici procedimenti autorizzativi sono sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Alti costi di produzione e tempi biblici della burocrazia fanno perdere vecchi e nuovi investimenti. Da allora il governatore Francesco Rocca ha fatto sì che si creasse un capitolo di bilancio riservato alla provincia di Frosinone per la lotta contro il declino industriale. Per ora, però, non ci sono risorse.

È allora già tempo di primi confronti tra la Regione del passato e quella del presente. «Noi, con la Giunta Zingaretti, abbiamo fatto una scelta – rivendica la consigliera regionale Sara Battisti, ieri in maggioranza e oggi all’opposizione -. Abbiamo eliminato i “carrozzoni” e creato il Consorzio industriale del Lazio. La vicepresidente Roberta Angelilli, oggi assessora all’Industria, ha preso gli stessi impegni del presidente Rocca dopo un’audizione richiesta dalla sottoscritta in Commissione a proposito della deindustrializzazione».    

Battisti: «Cambiare Mission al Consorzio»

Francesco De Angelis

La consigliera Battisti, nell’occasione, ha fatto una proposta: «Cambiamo la mission del Consorzio, perché servono dipendenti pubblici che vengano utilizzati unicamente e si dedichino giornalmente a dare le risposte alle imprese che vogliono arrivare sul nostro territorio. Nel Consorzio, oltre alle autorizzazioni, passerebbero investimenti, finanziamenti e collegamenti con l’agenzia Lazio Innova. Deve rientrare tutto in una macchina h24, una vera e propria task force, perché i dipendenti regionali sono insufficienti».

Chiede di rendere operativi gli strumenti attualmente a disposizione, a partire dal Consorzio industriale ereditato da Regione Lazio a guida Pd e presidenza di Francesco De Angelis. «Invece di aumentare le risorse, per stare vicino alle imprese e ai lavoratori – obietta la consigliera Battistila Regione lo ha ora definanziato il Consorzio unico che ha eliminato i “carrozzoni”. Ho presentato un emendamento, ma non si è potuto minimamente discutere del bilancio regionale, tra subemendamenti e dichiarazioni di voto, con noi che abbandoniamo l’aula perché impossibilitati a discutere gli ordini del giorno collegati agli emendamenti».

Persa la Zes nazionale, con i suoi sgravi fiscali e burocratici, è rimasta “soltanto” la possibilità della Zls regionale: Zona logistica semplificata, una sorta di comprensorio che fa rete per lo sviluppo strategico. Come quella nata due anni fa attorno ai porti di Civitavecchia, Gaeta e Fiumicino, gestite dall’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale. Dove il Golfo di Gaeta spicca per l’Economia del mare lanciata dalla Camera di commercio di Frosinone e Latina ancor prima della nascita del nuovo Ministero guidato da Nello Musumeci.    

Dalla Mission alla Governance

Il consigliere Maura, a proposito di Consorzio industriale, conferma che «a breve interverremo con la nomina del commissario che risponderà alle esigenze del territorio, anche perché le risorse ci sono, sessanta milioni che il Consorzio potrà utilizzare». Sono quelli sbloccati da novembre scorso a favore della competitività delle imprese e di programmati interventi sulle infrastrutture.

Secondo Battisti, però, «non si sta parlando di Governance ma di Mission». Di contro, in ogni caso, Maura è sicuro che «il Consorzio potrà sicuramente aiutare le aziende, anche per avere permessi e autorizzazioni. Sarà questa la linea del nuovo commissario». È così che si apre la classica parentesi politica di A Porte Aperte. Si arriva dal rinnovo del Consiglio provinciale, che ha visto il Centrodestra raggiungere un sostanziale equilibrio con il Centrosinistra, in seno all’ormai Governissimo territoriale guidato dal presidente Luca Di Stefano.   

Maura parla del risultato di FdI: «Abbiamo ottenuto un’ottima affermazione con tre consiglieri provinciali eletti, impegnandosi anche a coprire l’intero territorio provinciale». Il nord è rappresentato dal consigliere di Anagni Alessandro Cardinali, il centro dal sindaco di Ceccano Roberto Caligiore e il sud dal consigliere di Castrocielo Andrea Velardo.

Consiglieri di una Provincia svuotata

Luca Di Stefano

Sono consiglieri di una Provincia, quella depotenziata da dieci anni con la riforma degli enti locali, che in tanti vorrebbero di nuovo come prima: votata direttamente dai cittadini, non dagli amministratori a loro nome, e non limitata a livello di competenze e risorse. Come voluto nel 2014 dal Pd di Renzi con l’ormai famigerata “Legge Delrio”.

«I soldi non ci sono, ma il problema è che abbiamo dipendenti che nel mondo attuale non hanno le competenze richieste – così Daniele Maura -. Ci sono ancora dipendenti pubblici che non sanno utilizzare il computer». Il Governo dovrebbe trovare i fondi per l’assunzione di tremila dipendenti in tutte le Province d’Italia. «Serve un investimento mirato – si mostra ottimista Maura – per dare finalmente risposte a 59 milioni di cittadini».   

Sara Battisti, dirigente provinciale e già vicesegretaria del Pd regionale, contestualizza: «Dopo la sconfitta alle elezioni politiche e regionali, nessuno credeva che la nostra lista potesse eleggere cinque consiglieri provinciali». Con la lista civica “La Provincia dei cittadini”, campo largo con Pd, Azione, Italia Viva, Demos e Possibile, sono stati eletti cinque democrat: Antonella Di Pucchio (Isola del Liri), Alessandro Mosticone (Sora), Enrico Pittiglio (San Donato Val di Comino), Gino Ranaldi (Cassino) e Luigi Vittori (Ferentino).

Legge Delrio, non piaceva manco a tutto il Pd

Bruno Astorre (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

«Credo che per noi sia un risultato importante, sottolineato da vertici nazionali e regionali perché nessuno se lo aspettava, come De Luca in Campania – va avanti Battisti -. Rispetto alla Provincia, è chiaramente una legge che non funziona, perché ha appesantito ancora di più il livello regionale e forse dato alla Regione troppo potere. La vecchia Provincia aveva più contatto con la realtà territoriale, ma difficilmente si ritornerà indietro».

La Legge Delrio, in fondo, non piaceva neanche all’interno del Pd. Il compianto senatore Bruno Astorre, all’epoca Segretario regionale del Partito Democratico, «quella legge non la sostenne – rammenta la sua ex vice Battisti – ed è stato uno di quelli che, nel corso del tempo, ha sempre detto che bisognava cambiarla».

Chiuso il capitolo Provincia, si riparla di Sanità: in vista del Giubileo 2025, sono stati stanziati 155 milioni di euro per 34 interventi per l’ammodernamento degli ospedali del Lazio nonché a favore di pronto soccorso, sale operatorie e apparecchiature. (Leggi qui: Fondi alle Asl ecco quanto, a chi e per cosa).

«Manca la linea, non si sa che sanità si vuole costruire – controbatte Battisti -. Noi abbiamo avuto la responsabilità di portare il Lazio fuori dal commissariamento, riaprendo così alle assunzioni e riorganizzando il modello sanitario affinché avesse nosocomi specializzati e una sanità territoriale ramificata, su cui abbiamo investito grazie al Pnrr».

Sanità, 22 miliardi e 22 milioni

Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica

Ora non ci sono fondi regionali per altri investimenti, visto il debito monstre accertato di 22 miliardi di euro. «Si dice che non ci sono i soldi – critica Battistima, ad appena due mesi dall’elezione di Rocca, ecco una delibera di giunta con cui si danno 22 milioni di euro ai privati. Non potevano essere utilizzati per rispondere alla carenza di personale? Non siamo ancora neanche in grado di capire quando verranno realizzati ospedali e case di comunità finanziati dal Pnrr. Il tutto mentre stanno chiudendo vari reparti che sono eccellenze del territorio».    

«La sanità è uno degli argomenti che ci hanno aiutato a vincere le elezioni, con la condanna dei cittadini – pensa, invece, Maura -. Non abbiamo fatto nient’altro che continuare a dare i finanziamenti alla sanità privata come avveniva anche prima, ma con obiettivi diversi, quelli di farla lavorare. C’erano convenzioni fatte dal Centrosinistra che venivano attuate un po’ all’acqua di rose, andando a gravare anche sulla sanità pubblica. Le liste d’attesa era lunghe all’infinito anche perché le cliniche convenzionate non venivano fatte lavorare».  

La carenza di medici e altri operatori sanitari? «C’è a livello nazionale – dice Maura -. Per portare i migliori nella provincia di Frosinone, bisogna far modo che gli ospedali diventino attrattivi e si blocchi quel turismo sanitario che spesso è orientato verso Roma o le strutture sanitarie appena oltre i confini provinciali. Stiamo cercando di invertire la rotta, perché i cittadini ciociari devono avere gli stessi servizi offerti nella provincia di Roma e nelle altre regioni».  

«Sanità di prossimità? Un fallimento»

Foto © Imagoeconomica / Marco Cremonesi

Poi le perplessità su ospedali e case di comunità: strutture sanitarie a metà tra il classico ospedale e l’assistenza domiciliare. «Stiamo valutando se vale la pena farle – argomenta Mauravisto che è stato già fallimentare il progetto dell’Ambufest (Ambulatorio di cure primarie, Ndr). È stato finanziato dal Centrosinistra in maniera cospicua, ma di sabato e domenica non si sono registrati cali nei pronto soccorso».

Gli Ambulatori, prima di finire nel dimenticatoio, erano stati lanciati prima della pandemia per affidarli ai medici di famiglia. Sono stati poi oscurati dal nuovo modello fondato sulla medicina di prossimità.

«Che la Regione di Rocca favorisca la sanità privata è totalmente campato in aria – la difende il consigliere Daniele Maura -. Stiamo facendo investimenti su nuovi ospedali. Si parla di chiusura, ma all’ospedale di Alatri verrà assegnata una nuova missione, visto che ci sono sempre meno nascite e più anziani». Ne deriva che la “Casa della maternità” diventerà una “Casa dell’anzianità”.

Europee, mica candidano qualche ciociaro?

La campagna elettorale permanente si concentra sempre più sulle ormai prossime Elezioni Europee, in arrivo a giugno 2024. FdI e Pd presenteranno mica candidati della provincia di Frosinone?

«Se il Partito ci dà la possibilità, sicuramente indicheremo un nome per rafforzare la lista e coinvolgere maggiormente la provincia – risponde Maura -. Sicuramente ci impegneremo sulla terzina che ci verrà data, in attesa di sapere se Giorgia Meloni sarà candidata».  

Il Pd provinciale, invece, è pronto a confrontarsi il 27 gennaio con la sua leader: la segretaria Elly Schlein. «Ha scelto di aprire la campagna elettorale per le Europee a Cassino nella Giornata della Memoria, sempre più necessaria affinché certe storture culturali non riportino alla guerra – accentua Sara Battisti -. Comporremo una lista forte, che vedrà parlamentari uscenti e rappresentanti autorevoli di questa regione. La sintesi sarà affidata alla segretaria nazionale Schlein e al segretario regionale Daniele Leodori».  

Guarda qui tutta la puntata