La mappa dei liberi professionisti e la sfida della buona occupazione

(Foto: Can Stock Photo / Edharcanstock)

Il Covid ha decimato le attività dei professionisti. Nel Lazio invece sono aumentati. E sono cresciuti più che altrove. L'osservatorio di Confprofessioni ed i suoi numeri

Alessio Brocco

In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo

Popolo di santi, poeti e… liberi professionisti. In Italia, seppur in diminuzione, sono ancora oltre 1,4 milioni, mentre nel Lazio, che viaggia in controtendenza rispetto alla media nazionale, più di 200mila. I numeri, elaborati dall’osservatorio sulle libere professioni di Confprofessioni, servono a delimitare il campo di una fetta importante di lavoratori che ha cercato di tenere botta agli effetti economici derivanti dal Covid. Una pandemia che ha acutizzato malesseri già esistenti se consideriamo che nel raffronto tra il primo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020 il numero di liberi professionisti era sceso di 18mila unità a livello nazionale.

Il report evidenzia che il calo maggiore si osserva in tre regioni del Nord Italia: Lombardia (-27.311), Piemonte (-15.233) e Liguria (-6.613). Mentre nel Lazio il dato procede nella direzione opposta con la crescita maggiore: +20.306 liberi professionisti.

L’assessore Claudio Di Berardino (Foto: Rocco Pettini / Imagoeconomica)

“Si tratta di un’istantanea – commenta Claudio Di Berardino, assessore al lavoro della Regione Lazio che ci restituisce l’immagine di un anno durissimo, ma che descrive un settore che ha saputo reagire alla crisi pandemica. L’impatto del Covid nell’ultimo anno si è fatto sentire su tutto il Paese, ma con il Lazio in controtendenza e che registra la crescita maggiore in Italia con il +11,1%”.

In valori assoluti “Passiamo dai 182.423 professionisti del primo trimestre del 2019 ai 202.729 del primo trimestre del 2020″.

Le sfide: politiche attive, sicurezza, gender gap

L’osservatorio sui liberi professionisti dà il la a considerazioni più ampie. Dalle sfide per il miglioramento della tutela dei lavoratori, alla sicurezza sul posto del lavoro passando per il tema del gender gap, ovvero la disuguaglianza sociale e professionale esistente tra uomini e donne (leggi Tutti sono uguali. Ma gli uomini sono più uguali delle donne).

“Questi dati – afferma Di Berardino – sono importantissimi per pianificare delle politiche del lavoro attive in cui i lavoratori siano trasversalmente tutelati. Recentemente, a tal proposito, in Regione Lazio abbiamo firmato un protocollo con le parti sindacali e datoriali che prevede ventuno diverse azioni per promuovere la formazione e la buona occupazione. Un protocollo che punta a tutelare i giovani, le donne, le persone con disabilità, i disoccupati e i percettori di ammortizzatori sociali. Abbiamo messo in campo 250 milioni di euro.

Le partite sono diverse e si giocano su più fronti. L’assessore fa il punto della situazione.

Lavoratore con mascherina (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Il lazio è la prima Regione a voler abolire la differenza di stipendio tra uomini e donne. “In campo – spiega l’assessore – c’è anche una legge sulla parità salariale tra uomo e donna in cui proponiamo un nuovo piano per le politiche attive del lavoro, mettendo un particolare accento sul sostegno della buona occupazione femminile”.

In che modo si può abolire quello scalino? Agendo su alcuni elementi che poi fanno la differenza di salario. La Regione punta allora “alla formazione e all’occupazione delle donne, con contributi all’assunzione, all’avvio di impresa e alla formazione. Senza tralasciare la promozione e aiuti per l’adozione di modelli organizzativi per la conciliazione vita/lavoro”. Perché è questo molte volte a costringere le donne a fare rinunce sul lavoro: la necessità di conciliare l’impiego e la famiglia.

“Recentemente – prosegue Claudio Di Berardino abbiamo anche approvato la proposta di legge Disposizioni per la promozione della salute e della sicurezza sul lavoro e del benessere lavorativo. Prevede la realizzazione del Piano strategico regionale sulla salute e la sicurezza sul lavoro. E il Lazio è la prima regione a farlo”.

L’importanza di fare squadra

Accorciare le distanze per centrare gli obiettivi comuni. Gaetano Stella, presidente nazionale di Confprofessioni, e Andrea Dili, presidente Confprofessioni Lazio, mettono in luce un cambiamento nei rapporti tra mondo associativo e istituzioni regionali. Nello loro premessa del rapporto sulle liberi professioni sottolineano l’importanza del lavoro di squadra e registrano una maggiore propensione al dialogo in una fase così delicata per il Paese.

Gaetano Stella, presidente Confprofessioni

“La pandemia – scrivono in un passaggio – è stata una calamità non prevista e non prevedibile che, tuttavia, ha imposto un profondo cambiamento nei rapporti tra il mondo associativo e le istituzioni. Potremmo affermare che ha (ri)aperto un solco nei rapporti tra il mondo associativo e le istituzioni regionali”.

Sul fronte della salute pubblica, del lavoro e dello sviluppo delle attività economiche e produttive abbiamo registrato in molti casi l’apertura al dialogo e al confronto da parte delle amministrazioni locali. Questo ha favorito un’azione politica inclusiva e condivisa. Allo stesso tempoha contato la rapidità di intervento delle nostre delegazioni territoriali. Nel rappresentare le criticità del settore professionale ha saputo fornire proposte e idee per superare un’emergenza che sembra non finire mai”.

Per Stella e Dili si tratta dell’inizio “di un percorso virtuoso per gettare le basi di una nuova fase politica, soprattutto a livello regionale. La profonda conoscenza del territorio e delle problematicità del suo tessuto sociale e produttivo sono oggi una risorsa preziosa. Viene custodita dal sistema associativo professionale e messa a disposizione dei decisori politici locali. È un valore che va oltre la pandemia. Per scrivere un nuovo capitolo di quel patto sociale tra professionisti e istituzioni finalizzato allo sviluppo del lavoro e del territorio. Senza ritardi, inefficienze e sprechi.