Le imprese delle donne e l’impresa che tocca alle donne

Hanno contribuito al 75% del totale di sviluppo ma sono ancora risultati d'ambito: la lotta non solo femminile per correre alla pari

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Più del triplo di quelle maschili e con un trend di crescita costante. Va tutto bene e finalmente le donne che fanno impresa possono diventare simbolo delle donne che fanno tutto e senza percorsi sdruccioli? No, affatto, ma un segnale positivo lo si può analizzare in due modi. O come segno di lento cambiamento o come sintomo di una lentezza che al cambiamento vero non porterà mai. (Leggi qui: Occupazione, a Frosinone nessuna Festa della Donna).

Confimprese Italia ha fatto il punto nella giornata che dovrebbe servire a qualificare tutti i giorni del Creato. Lo ha fatto con un post social del Presidente Guido D’Amico, che sottolinea due cose. Come e quanto sia importante fare della parità di genere un target pratico e non una banderuola ideologica pro tempore. Poi come, a livello di categoria che Confimprese ha in mission, i toni siano in chiaroscuro.

Toni in chiaroscuro e segnali positivi

Le donne imprenditrici hanno dato polpa al 75% del settore ma lo hanno fatto e lo stanno facendo in un Paese che nella riduzione del gender-gap è paleolitico fanalino di cosa europeo. Ha spiegato D’Amico nelle sue considerazioni: “In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Confimprese Italia si unisce alla celebrazione globale per onorare il contributo delle donne nel progresso sociale, economico e politico.

D’Amico dal preambolo “doveroso” passa subito al piano operativo. Lo fa con l’associazione che guida che “rinnova l’impegno per la parità di genere e l’eliminazione delle discriminazioni. E fa il punto della situazione sul gender gap anche all’interno della categoria di appartenenza.

I cenni tecnici a suffragio della considerazioni di D’Amico non hanno un esordio roseo. “Nel 2022, in Italia, il tasso di occupazione femminile si posizionava come il più basso tra gli Stati dell’Unione europea. Risultando inferiore alla media europea di 14 punti percentuali”. E, mutuando report terzi, “secondo l’ultimo rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere sono circa 1 milione e 340mila le imprese guidate da donne”.

L’analisi di Confimprese Italia

(Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Si tratta del 22% del totale e c’è un dato di timing che fa ben sperare ma non abbastanza da considerare avviata una rivoluzioni che l’Italia attende da decenni. A volta invano. “Queste imprese, che sono il 22% del totale, negli ultimi 5 anni sono cresciute a un ritmo molto più intenso di quelle maschili: +2,9% contro +0,3%. In valori assoluti l’aumento delle imprese femminili è stato più del triplo rispetto a quello delle imprese maschili.

I numeri parlano chiaro: quelle femminili sono andate in upgrade del “+38.080 contro +12.704. In pratica, le imprese femminili hanno contribuito a ben il 75% dell’incremento complessivo di tutte le imprese in Italia, pari a +50.784 unità”. Rosa su rosa? No, perché come sempre accade da noi e nel mondo esistono delle caselle concessive che i concetti di parità e start unico per creare sviluppo li rendono sdruccioli.

“Anche se ancora fortemente concentrate nei settori più tradizionali, le imprese di donne stanno crescendo soprattutto in settori più innovativi e con una intensità maggiore delle imprese maschili”. Poi i dati di settori specifici: “E’ il caso delle Attività professionali scientifiche e tecniche (+17,4% contro +9,3% di quelle maschili) e dell’Informatica e telecomunicazioni (+9,1%,contro il +8,9% delle maschili).

Mood giusto, ma deve essere stimolo

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D’Amico non demorde e parla sì di “un gap positivo che deve stimolare ancor più istituzioni ed imprese a sviluppare modelli di lavoro con maggiore equità di genere”. Ma al contempo mette la spunta a quello che ha fatto, può fare oggi e deve fare domani l’associazione che guida. E da fare ce n’è ancora tanto, anche se il mood pare quello buono.

“Confimprese Italia sta facendo la propria parte, con una rappresentanza preponderante nei ruoli di vertice sia nella compagine nazionale che territoriale. Insomma, più donne per fare impresa e meno ostacoli alla vera impresa delle donne: essere tali senza essere indietro preconcettualmente.

Ed essere forti, in gamba e produttive senza dover più arrancare su una corsia a parte. Quella dove ci sono più buche che rettilinei. Quella che sta alla base di una Giornata Internazionale che in un mondo normale dovrebbe ricordare come andavano le cose prima, non come vanno ancora oggi.

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