Mazzocchi: “Ecco cosa c’è dietro al congresso Pd”

Una vita a sinistra. In tutte le sue declinazioni. Prima come militante, poi come dirigente. Ora come storico e attivista. Ermisio Mazzocchi analizza il momento. E sul congresso fornisce una chiave di lettura diversa

Una vita a sinistra. Ermisio Mazzocchi è stato funzionario del Pci e dirigente del PdS prima e dei Ds poi. Ha alimentato il dibattito nel Pd sia all’interno della federazione di Frosinone che in quella del capoluogo. Si occupa di avvenimenti economici e sociali. È il custode della storia della sinistra locale. Ha pubblicato volumi come Lotte politiche e sociali nel Lazio meridionale (2003), Partiti e società nel Lazio meridionale (2011), Frosinone. Una provincia al voto 1946– 2013.

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I delegati al congresso
Il congresso del PD è alle porte. E’ un fatto eccezionale o di prassi?

Chiariamo. Cosa è un congresso. Si fa sintesi del passato, si esamina il presente, si propone il futuro.  Un congresso deve rappresentare esigenze, bisogni e diritti delle categorie più disagiate di quelle che oggi pagano il prezzo più alto a una crisi persistente. Deve sapere definire i connotati di una nuova condizione sociale che impedisca il ripetersi di situazioni drammatiche in cui ci troviamo da molti anni in questa provincia. Gli ultimi studi statistici ne danno una conferma.

Un congresso di contenuti e non una conta tra le correnti. Nei fatti di cosa ha bisogno questo congresso?

Questo congresso si svolge in una realtà e in un momento particolare, di cui dobbiamo tenere conto. Costruire un nuovo partito capace di conquistare il consenso e l’impegno attivo di lavoratori, disoccupati, donne e uomini, studenti che in questo momento sono in cerca di prospettive e di speranza. Definire un progetto che ne qualifica la sua identità politica.

De Angelis ha affermato che “si cambia o si muore”, niente correnti, bisogna costruire “il partito di tutti”. E’ una posizione che rimescola le carte della politica del PD. E’ possibile questo cambiamento?

De Angelis porta a conclusione quanto era inevitabile che avvenisse per dare una diversa configurazione del PD, nel solco di quella delineata da Zingaretti. Un partito ridotto a logiche correntizie e autoreferenziali, che per anni lo ha logorato, è destinato al fallimento e alla sua decadenza politica. Ho sostenuto questa tesi in molte occasioni. 

Questo vorrebbe dire libertà di azione?

Se si deve considerare quanto sostenuto da De Angelis, possiamo pensare un congresso svincolato dalle correnti. Questo metterebbe in moto maggiori energie che nel passato, perché consente una definizioni di proposte politico-programmatiche non subalterne a logiche di parte, ma sostenute da una libero confronto su contenuti e progetti. 

Francesco De Angelis
A cosa servirebbe?

E’ un modo per verificare le capacità di quanti, e non sono pochi nella stessa area di Pensare Democratico, vogliono misurarsi con il governo del partito, assumendosene la responsabilità in prima persona e in modo autonomo. 

Quindi non un congresso preconfezionato

Non è utile, non è giusto e non conviene a nessuno. Dare l’impressione di svolgere un dibattito sterile, trattare il congresso come una tappa politica sfumata, presentare decisioni già prese, apparire autoreferenziali, porta direttamente a un ridimensionamento del PD e l’abbandono dei cittadini verso di esso. Si perde tutto e abbiamo già perso molto, se passiamo in provincia dal 30,3% alle elezioni del 2008 al 14,4% in quelle del 2018.

E’ la fine delle correnti? Pensare Democratico ha fatto la sua scelte. E le altre, Sinistradem e Base Riformista, anche se sono di minoranza, cosa faranno?

Le diverse sensibilità e culture politiche, così come le loro aggregazioni, rimangono. Il punto è come esse vengono utilizzate, soprattutto in momenti decisionali come elezioni e congressi. Sono riferimenti positivi se finalizzati ai contenuti politici, contrariamente sono negativi se si ricorre a un loro uso interno e alla conquista di spazi di posizione di potere.

Le diverse aree del PD come si confrontano?

Ritengo che il PD non si riduca a tanti appezzamenti di terra con tanti proprietari in una vasta pianura. Esiste una comunità di iscritti e di simpatizzanti che vogliono essere parte di un progetto. Non esiste un partito bifronte, ma è un partito con diverse articolazioni e presenze. Se Pensare Democratico decide di non presentare né candidati né liste per il congresso, lasciando chi è interessato a giocare la partita congressuale senza coperture di schieramento di corrente, compie una scelta che contribuisce a una rigenerazione del partito, che è auspicata fortemente da Zingaretti, sempre più orientato a una rifondazione del partito.  

Tutto questo rimane una dimensione interna che poco può interessare ai cittadini. Non le sembra?

Non credo. Se si vuole avere un partito legato alla società, questo deve necessariamente avere una sua identità politica su i temi sociali ed economici. Se un partito è strangolato dal correntizio sterile e conflittuale, è finito. Per questo ritengo che l’universo del partito è più vasto e va oltre le aree di maggiore rappresentanza, che deve trovare ascolto e interesse. Il congresso deve risolvere questo problema. Zingaretti ha indicato, come anche ha fatto a Bologna, i punti cardinali su cui deve orientarsi il nuovo partito.

Luca Fantini
Ma è così in questa provincia?

Si è obbligati a esserlo, altrimenti i risultati sono quelli avuti alle ultime elezioni politiche e di avere un partito che restringe sempre di più la sua forza organizzata e di quella dei suoi iscritti. L’obiettivo è quello di sprigionare nuove energie, libere e senza condizionamenti. O si rilancia o si sparisce, dipende da noi.

Si rivolge ai giovani? 

Sarebbe riduttivo. E’ indiscutibile che ci sia la necessità di un ricambio generazionale. Altrimenti sarebbe un partito sterile. E fortunatamente non lo è, visto che il PD ottiene una partecipazione e una aumento di dirigenti giovanissimi.

E’ una porta aperta alle nuove generazioni?

Se cadono i vincoli soffocanti di corrente, come da più parti si auspica, il mescolamento di idee, progetti, proposte diventa più vivace e fruttuoso, in un rapporto costruttivo, senza steccati, con l’insieme del partito, tra quelli che c’erano prima e quelli che sono venuti dopo, i più giovani. La trasmissione di valori della sinistra e delle culture fondanti il PD alle nuove generazione è più veloce e libera. Il legame con la società si realizza se in questa direzione si muove unitariamente tutto il partito.

Non le sembra una descrizione idilliaca?

No, anzi il contrario. Se non ho più il cerchio della casta e se il confronto non è più tra le parti, l’uno armato contro l’altro, che guardano a se stessi, ma si sposta su un terreno alla pari, il congresso diventa più veritiero ed efficace. Se vuole anche più combattivo, perché chi si candidata a fare il segretario della Federazione deve avere la capacità di convincere su un programma per il futuro del partito, con la forza e la sua credibilità, e non perché è l’emissario di una corrente e quindi da essa garantito. Mi sembra una buona partenza.

Prima Pompeo, poi altri, come Antonio Di Nota, esprimono critiche durissime alla gestione del partito e rivendicato una condizione affinché tutti si sentano a casa nel PD. 

Nel PD vige il sistema democratico. Vale a dire che si forma una maggioranza e una minoranza. Il rapporto tra queste due componenti, dovrebbe avvenire su i contenuti e non su timori e sospetti. Nessuno nega che l’utilità della presenza e del contributo delle diverse anime, sia necessaria e vitale.

Alessandra Maggiani
Questo può apparire scontato.

A maggiore ragione il confronto deve avvenire su idee, progetti, obiettivi. Questo è il contenuto per sentirsi a casa propria, svolgendo il proprio compito qualunque esso sia. Alla pari, senza richieste di concessioni pietistiche. Confrontiamoci su i progetti e non se devo sapere, da chi?, se sono accolto nella mia stessa casa.

Questo varrebbe per tutte le componenti da quella di De Angelis, Pensare Democratico a quella di Alessandra Maggiani, Sinistradem.

Certo. E il congresso sarà utile per conoscere, confrontare le diverse convinzioni e aprire una nuova stagione del dialogo e del confronto tra le diverse sensibilità del PD. E non solo questo. Sarà l’occasione di un bilancio del lavoro svolto dalle rappresentanze istituzionali del PD, all’Asi, all’Amministrazione provinciale, alla Regione. Qui ci confrontiamo su ambiente, sviluppo economico, servizi. E questo dovrebbe essere la regola, non l’eccezione dovuta al congresso.

Si dice che bisogna ripartire dai territori e dalle buone amministrazioni locali.

Il partito è il centro della politica del PD. Senza di esso non si saprebbe chi propone, chi ascolta, chi realizza. Senza un soggetto, il Partito Democratico, che fa sintesi di una politica per il futuro del paese con una connotazione chiara dei valori di uguaglianza, diritti, solidarietà, non si ottengono risultati di un consenso dei cittadini. Questa è l’identità di un partito.

E gli amministratori? Alcuni sostengono che sono loro il vero perno della politica, perché sono in prima fila a combattere per risolvere i problemi dei cittadini. Condivide?

No. Senza partito non ci sono amministratori. Gli amministratori passano, il partito resta. La teoria che gli amministratori sono i veri portatori del consenso, è sbagliata e infondata. Basta un congresso di soli amministratori e avremo risolto tutti i problemi. Ma non è cosi.

Francesco De Angelis e Antonio Pompeo
E allora cosa sono gli amministratori?

Gli amministratori, quelli del PD, sono la rappresentanza di un progetto-programma che il PD ha definito nella sua politica per una Italia giusta ed europea. Siamo un partito che deve sapere incarnare la volontà di riscatto sociale e sapere trasformare le tante energie in un impegno positivo, anche nelle sedi istituzionali.  

Pompeo intende presentare una candidatura alla segreteria provinciale con una espressione della sua area.

Non ho detto che non possano esserci altre opzioni e visioni del partito. Ho detto che sono favorevole a un campo congressuale, ma non solo per il congresso, aperto, libero da recinti, cosa che sostengo da tempo. Pompeo ha fatto una diversa valutazioni che lo ha portato, per quanto è dato sapere, alle scelte che ha compiuto. Rispettabili. Ma le ritengo inefficaci ai fini di un partito che Zingaretti ritiene di rifondare e liberarlo dalle soffocanti correnti e da metodi inutili e dannosi.

Chi potrebbe essere il segretario e con quali caratteristiche?

Il segretario di un partito deve essere il risultato di un percorso di confronto su le linee guida politico-programmatiche. E non il contrario, prima il segretario e poi i programmi. Una necessità ancora maggiore oggi, dal momento  che abbiamo bisogno di un partito nel pieno della sua funzione di forza di governo.

Ma ci sono molti nomi che vengono citati, qualcuno con più determinazione.

Inevitabile. Ma non è questo su cui si deve spalmare tutta l’iniziativa per il congresso e per essere proiettati in un futuro di valorizzazione del ruolo del PD. Il congresso deve indicare le strategie per rimodulare le condizioni di risposta alle precarietà e criticità di questo territorio e contemporaneamente orientarsi verso chi si ritiene che abbia capacità per raccogliere questo mandato e renderlo fruttuoso per il partito.

Dovrebbe essere un congresso vivo e calato nella società?

Se la discussione è aperta, non invasa da aspettative correntizie, si muovono forze e energie, da tempo sopite, per individuare obiettivi di sviluppo del territorio. Se si aprono tavoli di discussione in questa fase congressuale, come è avvenuto a Bologna, anche promossi dai singoli iscritti e simpatizzanti, diamo una connotazione politica di grande valore per il PD. La partecipazione è democrazia.

Mauro Buschini © Imagoconomica, Stefano Carofei
Un carico di responsabilità notevole per il nuovo segretario

Certo, gravoso più di quanto si possa immaginare. Ed è proprio per questo che deve essere chiaro e condiviso un programma non di belli propositi, ma realisticamente aderenti all’attuale realtà. Se riduciamo il tutto e unicamente alla definizione, se non all’essere mio di area, di un segretario, siamo destinati al fallimento politico. Chi si candidata deve sapere coniugare le esigenze della realtà sociale con un programma definito e con il ruolo del partito. Non basta candidarsi, ma è doveroso dimostrare per esperienza, cultura, progettualità, di sapere guidare un partito.

In questi giorni sono avvenuti due fatti eclatanti. L’incontro De Angelis e 5S e la vivace polemica Pompeo – Zingaretti. Sono destinati ad avere effetti sul congresso o quanto meno sulla politica del PD?

Dobbiamo distinguere. Sono piani politici diversi. De Angelis in qualità di presidente Asi incontra i rappresentanti istituzionali di questo territorio. Non si può ritenere che è anche una occasione per scambi su i rapporti tra il PD e 5S. Ma non basta questo incontro.

Si deve fare altro?

Bisogna andare verso una relazione tra i due partiti sulla base di un confronto su obiettivi per la rinascita di questa provincia. Ne consegue che per quanto riguarda il PD con lo stesso congresso dovrà definire il suo campo di alleanze e di interlocutori. Solo in questo modo potrà essere più incalzante il confronto, anche e non solo con 5S, su questioni vitali per questo territorio.

Mentre Pompeo?

In questo caso gli interlocutori sono dello stesso partito e hanno medesime funzioni e medesimi obiettivi, come governati di enti territoriali, Regione e Amministrazione provinciale. Questo presuppone che il dialogo sia facilitato e abbia delle corsie preferenziali, che devono essere curate e accorte nella loro gestione. Le questioni poste da Pompeo, ottimo amministratore, hanno una loro ragione d’essere, che avrebbero dovuto essere rappresentate in occasioni opportunamente ricercate. Non è concepibile che non ci sia un filo diretto, preferibilmente meno eclatante, tra due persone di impegno rilevante.

Ha commesso una imprudenza, Pompeo?

Dico che la gestione delle problematiche territoriali dal momento che siamo al governo della nazione, della regione, della provincia, e di numerosi comuni, richiedono una regia di coordinamento, che certamente dovrebbe svolgere il partito, ma che non esclude una corresponsabilità degli amministratori. Non lavoriamo a compartimenti stagno. La querelle mi sembra superata.

Quindi tutto finito?

No, perché quanto è avvenuto pone un problema. Questo partito o ritrova una sintonia tra le sue rappresentanze istituzionali oppure corre il rischio di entrare in uno stato confusionale. La distinzione tra amministratori e partito è nella funzione, ma la matrice politica è la stessa. Questo è un problema che deve risolvere il congresso. 

Nicola Zingaretti © Imagoeconomica / Canio Romaniello
Lei farebbe una proposta per i contenuti di un congresso?

Sarà il congresso a stabilire l’agenda dei contenuti. La vera questione sarà la definizione di un nuovo assetto delle strutture sociale e produttive della provincia. Gli indicatori statistici ci danno tra gli ultimi. Se non abbiamo un progetto che ribalti questa condizione, perdiamo credibilità e forza attrattiva per il consenso dei cittadini.

Come intervenire?

Abbiamo due problemi. Il rapporto con Roma dovrebbe essere rivisto secondo uno schema come quello di Berlino e di Parigi. Il territorio provinciale e il rapporto al suo interno sono cambiati. Credo che dobbiamo pensare ad aree omogenee su cui intervenire per sostenere uno sviluppo che garantisca lavoro e servizi efficienti. Sarei propenso a pensare, ad esempio, a una area del Lazio Meridionale costituita dai territori a sud delle due province di Frosinone e Latina. Si potrebbe tenere in considerazione una presenza strutturata del partito per coordinare questo processo di integrazione.

Vuole dividere la provincia?

Nessuna divisione. Solo una migliore cooperazione tra i territori che hanno una specificità e delle affinità economiche e sociali simili. Vedo con favore un’asse Cassino – Gaeta. Su questa ipotesi il PD deve aprire un confronto per verificare le reali possibilità di realizzazione.

Sarà possibile una nuova gestione del PD?

Sì, è possibile. Ci sono le condizioni per definire un progetto per ridare fiducia e speranza ai cittadini e ci sono forze nuove che possono assumere il governo, capaci di connettersi con le realtà sociali, immettendo linfa nuova agli ideali di giustizia e di democrazia.