Online vs bottega e mercato selvaggio: Confimprese sprona forte la politica

Le aziende su Internet sono cresciute di 14 volte e quelle fisiche pagano pegno. Per Guido D'Amico servono soluzioni concrete. Ecco quali

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Un mondo che cambia ed una politica che non sa stare al passo. Nemmeno quando su un tema cruciale come il commercio si registra lo strapotere di quello online su quello tradizionale. E il fatto che non sia un male sta tutto appeso alla capacità dei decisori di tenere in equilibrio due filoni economici fondamentali. Il primo che rappresenta un futuro che è già ineluttabile presente, il secondo che incarna un presente affacciato sul passato ma ancora decisivo nel sistema complesso dell’economia italiana.

Questo specie a contare che l’Italia è quasi tutta composta da realtà provinciali piccole, multiple e di straordinaria valenza sociale nonché di Pil. Realtà come la provincia di Frosinone, da cui arriva un richiamo di responsabilità a livello nazionale. Lo ha lanciato Confimprese Italia secondo una consolidata ricetta di equilibrio e buon senso. Il sunto dell’associazione presieduta da Guido D’Amico?

Nessuna nostalgia e nessuna anarchia

No alla nostalgia miope e no all’anarchia sfrenata, al darwinismo economico. Cento volte sì invece ad una impalcatura normativa che tenga insieme due diritti: quello del commercio online di consolidare il suo posto nel mondo e quello del suo omologo tradizionale di non essere scalzato da nuove voracità senza regola alcuna. Per mettere a regime questa soluzione serve però la politica, quella attiva che norma, non quella ridondante che proclama. E Guido D’Amico è esattamente il tipo di pungolo che serve per questa bisogna, perché è un pratico che fa retrocedere la logorrea rispetto al concetto di “fabbricare le condizioni” dello sviluppo.

Lo ha già dimostrato con la sua linea sugli Stati generali e sul turismo sostenibile, perciò sta sul pezzo come non mai. Il dato è che, come spiega una nota stampa di Confimprese Italia, “il commercio on line è in crescita esponenziale. Servono strumenti per rilanciare le attività commerciali ed artigianali. Il dato analitico è crudo: il commercio on line cresce “ogni anno in maniera esponenziale sia in termini di numero di imprese che di fatturato”.

Ancora lei, la “ricetta D’Amico”

Guido D’Amico (Foto © AG IchnusaPapers)

E per approntare un quadro di lavoro oggettivo “Confimprese Italia ha voluto evidenziare l’andamento sia in termini di fatturato che di crescita delle imprese nel periodo compreso tra il 2006 e fino al 31 dicembre 2022. Perché il 2006? Perché quello fu l’anno “della prima legge di recepimento delle liberalizzazioni istituite dalla Comunità Europea, la legge Bersani”. Ecco, per Confimprese quella è la forbice temporale su cui ragionare, e poi agire, in endiade però, senza sconti dialettici.

“In questo periodo le aziende che trattano solo Internet sono passate da 2.765 a 38.867 (14 volte in più dal primo rilevamento), mentre il fatturato è passato da 3,3 miliardi a 75,9 miliardi arrivando a 23 volte il dato iniziale. L’incremento è stato mostruoso ma nel settore del commercio ed in ogni sistema complesso ogni upgrade di settore è figlio di un calo evidente della versione precedente d quel comparto. Perciò se da un lato “questa crescita è indicativa di un settore in salute ed in grande espansione e per il commercio on line per il 2023 è prevista un ulteriore crescita del 13%” dall’altro ci sono dolori.

Felice: “fermare la decrescita del commercio fisico”

Li ha messi bene a regime il vice presidente vicario di Confimprese Italia Giovanni Felice. Così: “Questa crescita avviene in larga parte a danno del commercio in sede fissa. Commercio che vede una continua decrescita sia in termini di numero di imprese, di occupati e di fatturato. E ancora: “Nell’ambito del commercio fisico la crisi colpisce in maniera sempre più preoccupante le microimprese commerciali ed artigianali. E lo fa con effetti collaterali importanti poiché il numero di aziende commerciali che annualmente chiudono sta mettendo a rischio la coesione sociale del Paese.

Il tutto poi “per non parlare degli aspetti non meno gravi quali la diminuita sicurezza causata dalla desertificazione commerciale”. Il Frusinate è un caso paradigmatico: in termini di sicurezza nel 2023 era risultata 96ma su 106, tuttavia un commercio fisico che langue è permeabile esattamente alla tipologia di crimine che da noi pare aver attecchito meglio. Cioè l’usura organizzata in scalmana di reato associativo di secondo livello, quello cioè che “spara poco” e punta alla giugulare l’economia.

La spending review che fa “morti e feriti”

Foto: Darko Djurin © Pixabay

Guido D’Amico sa benissimo che da anni ormai gli strumenti per agire sono molto meno delle occasioni per deprecare. Per lui tutto è cominciato con quella maledetta spending review che “ha fatto morti e feriti”. Però per incentivare il commercio fisico bisogna fare qualcosa, in termini di tutele e di paracadute. “Questa transizione epocale dal commercio fisico al commercio virtuale che causa sconvolgimenti nei rapporti sociali, economici e culturali del Paese, è lasciata in balia delle regole del mercato”.

Non va bene affatto perché “invece dovrebbe essere guidata dalla politica”. Poi D’amico precisa, ove ve ne fosse bisogno, che la sua non è un’ode all’economia retrò, ma una bussola per farla prosperare assieme alla sua “figlia” contemporanea. “Nessuno immagina di fermare il tempo e la tecnologia che sarà sempre più on line, ma occorre rideterminare le regole del confronto tra commercio on line e commercio off line”.

I soliti mali: burocrazia e chiacchiere

E come sempre l’Italia Giolittiana e burosaura sta sul banco degli imputati. ”Questo per liberare da tanti cappi burocratici, da costi aggiuntivi il commercio tradizionale al fine di consentire una competizione commerciale ad armi pari”. Lo scopo è evidente dunque: “Senza danneggiare il commercio virtuale, per le conseguenze sociali che comporta bisogna dare supporto e strumenti innovativi al commercio fisico. Servono rotte concrete e D’Amico le disegna, in volume tridimensionale, non in mera superficie. “Favorire l’aggregazione delle attività commerciali ed artigianali, ma anche degli operatori dei mercati”.

Contratti di rete e linee di credito sociale

Questo “per costituire dei ‘contratti di rete’ finalizzati alle operazioni di marketing collettivo ed alla realizzazione, ove possibile, di piattaforme on line comuni da affiancare ai punti vendita fisici a sostegno delle attività ordinarie”. E le tutele per chi dovesse pagare pegno ad un futuro che è già presente ma che segna step troppo competitivi? D’Amico chiosa senza alcun dubbio. Per lui bisogna “creare ‘linee di credito sociale’ basate sul curriculum vitae dell’imprenditore per potere fronteggiare momenti di crisi di liquidità temporanee”.

Che significa? Che se sei nei guai e devi superare una bonaccia e sei parte consolidata ed attiva del meccanismo produttivo deve esserci un protocollo che ti traghetti oltre la bonaccia e di nuovo a prender vento nelle vele. La proposta di intervento di Confimprese Italia prevede “anche sgravi fiscali che equiparino le microimprese ai trattamenti previsti per le aziende che operano all’interno delle Zone Economiche Speciali.

Come con le Zes ma senza le Zes

Cioè di quelle Zes che in provincia di Frosinone e Latina sono mancate e che sono “destinatarie di sgravi fiscali”. Includere settorialmente i casi di necessità sarebbe un ponte vero tra la critica fine a se stessa e la soluzione concreta. Come concreto sarebbe, per D’amico e Confimprese, “elevare, per commercio ed artigianato, il limite del regime forfettario a 200.000 euro”.

Per non dover scegliere chi “buttare dalla torre” e considerare l’idea di sviluppo in tutte le sue accezioni. Quella che ci proietta in avanti e quella che di andare avanti ci ha consentito. A tutti. Anche alla politica.