Rampelli: «Nessuno andrà in soccorso di Zingaretti» (di C. Trento)

L’analisi Il parlamentare di Fratelli d’Italia sulla mozione di sfiducia presentata nei confronti di Zingaretti: «Sono fiducioso sull’esito finale: dal centrodestra non ci sarà alcun sostegno al presidente della Regione Lazio»

Una mozione di sfiducia insidiosa per Nicola Zingaretti, quella presentata dal centrodestra. Perché i numeri dell’anatra zoppa ballano su una giostra politica. E il termine chiave è proprio “politica”.

Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e tra i leader più influenti di Fratelli d’Italia, guarda sempre con molta attenzione alle dinamiche della Regione Lazio. Era stato lui nei giorni scorsi a dire che la mozione di sfiducia del centrodestra serviva a «stanare chi vuole continuare a fare da stampella a Zingaretti».

Poi è cambiato tutto alla velocità della luce e adesso l’iniziativa può andare a dama.

 

I numeri sulla carta

Il centrosinistra, compreso il presidente Nicola Zingaretti, si ferma a quota 25 consiglieri su 51. Numero non sufficiente.

Le opposizioni, centrodestra e Movimento Cinque Stelle, sono a 26.

In questi mesi, attraverso il meccanismo del patto d’aula, sono stati Giuseppe Cangemi ed Enrico Cavallari a garantire la governabilità a Zingaretti. Il primo è stato eletto in Forza Italia, il secondo nella Lega. Poi lo strappo e l’uscita.

Sulla carta, se Cangemi e Cavallari si astengono, allora la mozione non passa. Ma se votano sì, la legislatura si interrompe. Tutti a casa.

Adesso però i pontieri sono al lavoro e il centrodestra vede la ricomposizione.

 

La posizione di Rampelli

L’onorevole Fabio Rampelli è uno abituato a soppesare le parole nei momenti decisivi. Argomenta: «Se sono fiducioso sull’esito della mozione? Beh, se tutti quelli che sono stati eletti nel centrodestra la votano, assolutamente sì. Alla fine il ragionamento non può che essere politico, perché poi i cittadini osservano e giudicano. Se una persona è stata eletta nel centrodestra e sostiene il centrosinistra, non funziona. Credo che alla fine sarà prevalente una considerazione di questo genere. Non ritengo che ci sia qualcuno disposto ad indossare la “giubba rossa” per sostenere Nicola Zingaretti. Per quale motivo dovrebbe farlo?».

Affinché la mozione di sfiducia passi, però, è necessario che venga votata anche dagli esponenti del Movimento Cinque Stelle. Su questo che idea ha Fabio Rampelli?

Spiega il parlamentare di Fratelli d’Italia: «Ho notato un certo cambiamento all’interno del Movimento Cinque Stelle. E mi sembra che anche in questo caso stia prevalendo l’impostazione politica. D’altronde loro si sono presentati alle regionali con un candidato alla presidenza della Regione diverso da Nicola Zingaretti. Anzi, alternativo. Mi riferisco a Roberta Lombardi».

Insomma, il centrodestra vede la meta.

 

Nervi tesi e strategie

Nel centrosinistra si trattiene il fiato. I numeri non ci sono e il tempo è tiranno. La mozione di sfiducia dovrà essere calendarizzata e poi discussa e deliberata entro il 13 dicembre.

Non solo: il voto in aula sarà palese e per appello nominale. Vietati i “giochetti” dunque. Certamente si potrà provare a puntare sulle assenze strategiche. Ma l’operazione ha il fiato corso.

Il capogruppo regionale del Pd Mauro Buschini sta sondando ogni terreno, ma finora ha dovuto prendere atto che gli spazi sono chiusi. Fra le altre cose Nicola Zingaretti è nel pieno della corsa per la segreteria nazionale del Pd e l’approvazione della mozione di sfiducia sarebbe un colpo durissimo.

Nel centrodestra c’è già chi vede elezioni anticipate a febbraio e pure questo sarà un terreno di confronto. Perché è evidente che tutti vorranno avere la garanzia di essere ricandidati. Non semplice di questi tempi.

Per quanto riguarda Forza Italia, il pressing su Giuseppe Cangemi del vicepresidente nazionale Antonio Tajani e del coordinatore regionale Claudio Fazzone è incessante.

Anche nella Lega si guarda ad una possibile crisi politica alla Regione Lazio. Soprattutto dopo che al Comune di Roma la sindaca Virginia Raggi è rimasta al suo posto. Con Enrico Cavallari potrebbe parlare il coordinatore regionale Francesco Zicchieri, magari su mandato diretto del leader Matteo Salvini.

L’offensiva politica è incessante da parte del Carroccio, che probabilmente vede la possibilità di poter indicare il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio.

 

Il summit dei Cinque Stelle

Ieri sera la riunione del gruppo regionale dei Cinque Stelle. Tante le domande che restano sullo sfondo. Perché i pentastellati dovrebbero affossare Zingaretti e spianare la strada al centrodestra a traino Lega?

Sicuri che tutti i consiglieri, anche quelli al secondo mandato (e quindi non ricandidabili) voterebbero la mozione di sfiducia.

Roberta Lombardi nei giorni scorsi su facebook ha lasciato intendere che il Movimento voterà la mozione di sfiducia. La sensazione, però, è che ci siano posizioni diverse. E da quello che filtra non trovano riscontro le indiscrezioni secondo le quali Luigi Di Maio (vicepremier, ministro del lavoro e capo politico dei Cinque Stelle) starebbe seguendo in prima persona la vicenda della mozione di sfiducia a Zingaretti.

Il che vuol dire che le decisioni saranno prese dal gruppo regionale, che conta dieci unità. Mauro Buschini sta osservando con attenzione le mosse dei Cinque Stelle, perché alla fine potrebbe essere soltanto questo il fronte sul quale il Pd può concentrare le trattative politiche.

 

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