Stellantis “Qui costa troppo”: il dopo è un nuovo modello di sviluppo

Le parole dette l'altro giorno dal Ceo Stellantis, Tavares. La riunione di Unindustria nelle ore successive. Occorre un nuovo modello di sviluppo: quello vecchio è al tramonto. Nuove energie, incentivi legati alla transizione ecologica. Ed una visione che veda unito tutto il Sud Lazio

Il tramonto è iniziato. Con le sue certezze e le sue ombre, i suoi limiti e le cialtronerie che le hanno consentito di tirare avanti tra crisi e riprese: la provincia di Frosinone sotto il profilo industriale non sarà più come prima. Le fabbriche che spuntavano come funghi intorno all’autostrada, l’indotto metalmeccanico al servizio della Fiat, la logistica ed i servizi legati all’Automotive: quel modello di sviluppo si avvia alla fine.

Così come il Governo Draghi, mettendo tutti insieme ha spazzato via un modello basato su centrodestra e centrosinistra andato avanti per trent’anni, allo stesso modo la rivoluzione Stellantis, mettendo insieme Fca e Psa ha avviato la cancellazione di un modello industriale sul quale si è retta per mezzo secolo l’economia ciociara con tutti i suoi schemi.

Fine delle certezza

Carlos Tavares

Stellantis e la sua presenza a Cassino nelle stesse forme viste fino ad oggi non sono più una certezza. Non ci sono più i presupposti.

È la fine del modello lineare. Quello che fino ad oggi aveva generato la falsa convinzione che Fiat non potesse andare via perché era troppo grande per cadere o spostarsi e perché troppe sovvenzioni aveva ricevuto dallo Stato. Oggi Stellantis è una società francese, lo stabilimento Cassino Plant è solo uno delle decine che può contare in Europa, il gruppo non è sovvenzionato dallo Stato. Soprattutto, il modello che governa l’economia è sempre più quello circolare.

Cosa significa? Che la sopravvivenza di Cassino Plant è legata ai numeri. Che non sono e non saranno più quelli degli Anni 70 (oltre 10mila addetti) né quelli degli anni Novanta (ottomila), né quelli di oggi. Ma sarà legato a fattori che fino ad oggi venivano considerati secondari.

C’è un dato che tutti hanno sottovalutato durante la visita compiuta dall’amministratore delegato Carlos Tavares a Cassino. Tutti hanno notato che faceva domande precise al management ed ai sindacati. Tutti hanno pensato che chiedesse e fosse profondamente curioso. Non domandava. Avvisava e nessuno se n’è accorto. Ha chiesto – ad esempio – quanto costa l’energia per produrre un’auto a Cassino, qual è il peso della fiscalità su ogni vettura. Non era curioso: diceva quello che ha ribadito appena nelle ore scorse nel corso di un altro intervento: fabbricare automobili in Italia costa troppo. È una sentenza condanna, se le cose non cambiano subito. (Leggi qui Tavares ed Elkann 7 ore a Cassino: la sfida è Grecale).

Se le cose non cambiano e subito l’Automotive è finito: nelle ore scorse Carlos Tavares ha detto che la stessa macchina si può produrre in Francia o Spagna ad un costo molto più basso. Ed il problema non è tanto il costo dei lavoratori. Quindi il problema è il costo dell’energia, il peso di tasse come Ecotassa ed Ecobonus calate nel modo folle in cui sono state introdotte in Italia. (Leggi qui Stellantis, Tavares: “Fabbriche italiane costano il doppio”)

Politica ferma, industriali in movimento

Angelo Camilli (Paola Onofri / Imagoeconomica)

Sta anche nelle parole di Tavares il motivo dei nuovi orizzonti tracciati lo scorso fine settimana dagli industriali di Unindustria Cassino, riuniti in assemblea. Via Zoom a causa della pandemia.

Non è stata una riunione di rappresentanza, non è stato un té con i pasticcini: né virtuali né reali. A quella riunione, oltre al presidente della sezione di Cassino Francesco Borgomeo c’era la sua collega che guida Frosinone Miriam Diurni, il presidente di Latina Pier Paolo Pontecorvo e soprattutto c’era il presidente regionale Angelo Camilli. Tanto per ricordarlo: Unindustria è la seconda organizzazione per peso economico all’interno di Confindustria, la sua posizione è strategica nell’elezione del presidente nazionale.

A quella riunione dello scorso fine settimana sono state dette alcune cose. Scomode. Che cambiano completamente la prospettiva sulla quale si è rimasti seduti per quarant’anni. La prima: non ha senso ragionare in termini di Unindustria Cassino, Unindustria Frosinone, Unindustria Latina. O le province di Frosinone e Latina accelerano il loro processo di integrazione oppure sono destinate ad essere sempre più marginali, hanno detto gli industriali.

Un esempio? L’attuale distretto Chimico Farmaceutico disegna il profilo ideale della provincia del futuro: Latina, Frosinone e Roma Sud. O si ragiona nell’insieme o si avranno tre debolezze al posto di un’unica forza nazionale. È per questo che i quattro presidenti degli industriali hanno ipotizzato una modifica alla loro organizzazione: in ogni Direttivo è buona cosa che sia presente anche un rappresentante delle altre aree. Perché ormai è tutto connesso.

La rivoluzione in atto

A Cassino Edison ha l’impianto Fenice

Il segnale più forte è dato dai primi nomi del nuovo Direttivo di Cassino che è in fase di definizione. Una rivoluzione: tra i volti nuovi ci sono Saf, Edison, Gruppo Lozza ed una serie di aziende innovative. Dove sta il segnale?

Iniziamo. Edison è una Spa che fattura 11,226 miliardi di euro ed ha 3.200 dipendenti. È presente a Cassino con l’impianto di cogenerazione dell’energia all’interno dello stabilimento Stellantis: una cosetta da svariati milioni di euro.

Il Gruppo Lozza è quello che tra le altre cose gestisce la discarica provinciale dei rifiuti a Roccasecca ma è solo una delle sue attività; meno note sul territorio ma ben più conosciute in Europa sono le sue imprese green che si occupano della produzione di energie attraverso i prodotti agricoli; una di queste è stata presa come modello tecnologico in Ue. È già un player regionale nella produzione di energie dal bio ed ha un grande know how sull’agricoltura per l’energia.

Saf è la Società Ambiente Frosinone: fino a due anni fa si occupava solo di rifiuti. Proprietà dei Comuni della provincia di Frosinone (tutti in parti uguali) ha avviato la realizzazione del più moderno impianto di recupero dei materiali che abbatterà quasi a zero ciò che va in discarica, ricaverà bio metano dagli avanzi di cucina e dagli sfalci in agricoltura.

Unindustria Cassino si prepara alla Transizione Ecologica, al nuovo modello industriale dell’economia circolare.

Quella in atto in queste ore non è una rivoluzione: bensì un’evoluzione.

Le forze da unire

Pier Paolo Pontecorvo

Unindustria Cassino si candida a guidare la transizione ecologica nell’area del Lazio che – è stato detto – “maggiormente potrà favorire ed interpretare il cambiamento epocale in atto: l’area Frosinone Latina”.

Una visione del tutto sganciata dal ruolo centrale vissuto fino ad ora da Stellantis. Dello stabilimento e delle gravi criticità messe a nudo da Carlos Tavares si è parlato durante la riunione ma non una parola trapela. Si sa solo che tutti condividono le cose dette dal Ceo del gruppo automobilistico. E per questo ne sono preoccupati: fare una macchina a Cassino costa più che altrove e non tanto per via del costo dei lavoratori; anzi la loro professionalità è un alto valore aggiunto. Allora cosa serve per rendere competitiva Stellantis a Cassino? I risparmi legati alle nuove energie, gli incentivi legati ad una visione più green della produzione. Ma occorre un lavoro di sistema. Al quale fino ad oggi la politica è rimastra estranea.

C’è poi una linea di orizzonte che è parallela e sganciata dall’economia sviluppata da Stellantis. Il presidente Francesco Borgomeo l’ha tracciata proponendo la visione di Cassino come “snodo per una nuova unità di intenti e di azione per un territorio che ha un milione di abitanti”.

Vincenzo Formisano

Che significa? Che bisogna mettere a sistema le potenzialità rappresentate dall’autostrada A1, dall’alta velocità e dalle due fermate Tav di Cassino e Frosinone ma soprattutto del nuovo scalo che nascerà a Ferentino con ripercussioni importanti sulle merci. Quelle rappresentate dal porto di Gaeta e dal polo di ricerca dell’Università di Cassino che proprio pensando a questa prospettiva già da qualche anno ha aggiunto al suo nome anche la dicitura e del Lazio Meridionale. L’area inoltre può vantare un solido sistema bancario, consolidato negli anni, con una conoscenza del territorio, delle sue dinamiche e dei suoi player che nessuna banca nazionale potrebbe mai avere, come evidenziato dal vice presidente nazionale di Assopopolari Vincenzo Formisano presente ai lavori nella veste di componente del nuovo Direttivo Unindustria.

Sono elementi che forniscono al territorio una vocazione industriale unica nel Centro Sud Italia, grazie alla ex Cassa del Mezzogiorno che ha per sempre determinato la vocazione industriale delle due province.

Pensare Frosinone e Latina

Nella visione di Unindustria, Frosinone e Latina si devono pensare come un un’unica grande area, fatta di eccellenza nel manifatturiero: settore che potrà dare ed ottenere il massimo beneficio nella transizione ecologica.

Una moderna batteria di server

Questo significa smettere di guardare a Roma come centro di interesse ed attenzione: poteva esserlo quando le imprese edili della Ciociaria andavano a costruire interi quartieri della Capitale; aveva un senso quando era necessario andare a Roma per portare avanti le pratiche. Oggi la vera autostrada è la fibra ottica: per questo Unindustria ha avviato già nei mesi scorsi la creazione di una serie di tutele con cui garantire la segretezza e la protezione dei dati sensibili affidati a quell’autostrada.

Nella moderna visione di Unindustria emersa dalla riunione di Cassino è venuto fuori che nel medio futuro saranno le fabbriche ed i lavoratori del Sud Lazio a favorire il cambiamento: la Sanità ed il Famaceutico, la mobilità sostenibile, l’economia circolare, la transizione energetica e quella digitale. 

La convinzione dei presidenti Camilli, Diurni, Pontecorvo e Borgomeo è che il futuro nascerà qui, a Frosinone – Latina. E che non sarà la Capitale ad attrarre gli investimenti della transizione ecologica, ma l’area industriale e produttiva della regione.

Per questo i direttivi dei due territori e dell’area comprensoriale di Cassino hanno deciso che lavoreranno in stretto raccordo. Per stringere una più forte intesa territoriale. Perché ormai il vecchio modello è finito.