Top e Flop, i protagonisti di sabato 23 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 23 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 23 dicembre 2023.

TOP

FRANCESCO DE ANGELIS

Francesco De Angelis con il neo Consigliere provinciale Luigi Vittori

In Italia il Partito Democratico abbaia alla luna, perde tutte le sfide, sbiadisce. Nel Lazio invece manda segnali di vita: direttamente a Via della Scrofa e Via della Pisana, senza fare tappa dal Nazzareno.Da Frosinone parte un chiaro segnale per Giorgia Meloni e Francesco Rocca: l’alternativa esisteha mandato a dire nella notte tramite l’agenzia Ansa la consigliera regionale Sara Battisti. Può dirlo forte: il Pd nella notte ha eletto 5 Consiglieri provinciali, uno in più della scorsa tornata, un terzo degli amministratori ciociari sta o con lui o nella sua area. È la principale forza politica nel nuovo Consiglio.

Un risultato che porta la firma del gruppo dirigente guidato dal presidente Pd del Lazio Francesco De Angelis. C’è lui dietro la strategia che ha portato a tirare fuori dallo sgabuzzino un Campo Largo messo da parte con troppa fretta. Lo ha sfrondato, modellato, adattato alla situazione. Ha eletto consiglieri di tutte le sensibilità interne e di tutte le aree geografiche.

Il messaggio che parte da Frosinone è un telegramma politico per un Pd che nel Lazio ha inaugurato da alcuni mesi una stagione diversa. Edificata sulle macerie di una folle stagione conclusa con la catastrofe delle elezioni Regionali: passate da trionfo potenziale a tonfo reale per via di un Movimento 5 Stelle che non ha voluto ripetere il Campo Largo, preferendo trovare in zona Cesarini una candidata usata solo per i manifesti, che non ha messo piede in Regione nemmeno un solo secondo, centrando però il risultato di consegnare il Lazio al Centrodestra. Un capolavoro che fa il bis con il veto grillino alla candidatura del dottor Mauro Vicano a sindaco di Frosinone: ora sta in municipio ma dal fronte opposto.

Osservando la situazione dall’alto dei 5 Consiglieri provinciali eletti, Sara Battisti ha detto che è un segnale per Meloni e Rocca perché un’alternativa esiste. Senza pronunciare parola, Francesco De Angelis ha detto al Pd che un altro modo di essere partito c’è. Ed è vincente.

Il segno del Patriarca.

MATTEO SALVINI-CLAUDIO BORGHI

Matteo Salvini a Firenze

Ieri è stata la giornata buona per metabolizzare quanto accaduto poche ore prima alla Camera sul Meccanismo Europeo di stabilità. E come accade in tutte le cose in punto di tecnica economica quello che alla fine ha pesato di più è stato… la politica in purezza. Cosa vuol dire? Che Matteo Salvini ha vinto.

E che per la terza volta in un anno ha fatto la magia-metamorfosi, cioè da levriero che insegue si è trasformato in lepre da inseguire. Il tutto a discapito di Giorgia Meloni che lepre lo dovrebbe essere per numeri e battage ma che (anche) stavolta ha ceduto. Disegniamo il quadro di insieme: come sempre in queste occasioni, cioè quando Salvini deve mettersi di traverso all’amica-alleata, lui non lascia impronte digitali dirette.

Perciò scatena i suoi sicari più efficienti. Sul caso di specie l’uomo con la pistola sotto il cappotto era Claudio Borghi. Per formazione, collocazione e pubblicistica mainstream costui è tra i leghisti il no-euro più ortodosso. Alla vigilia del voto scatta una mitraglia di telefonate con Giorgia Meloni. L’argomento dell’ultima telefonata censita ieri da Repubblica e per ammissione dello stesso Borghi, è il Salva Stati.

Le telefonate vanno avanti e non c’è alcuna possibilità di mediazione. Che significa? Che Salvini, che il Mes lo ama come l’orchite, non ne vuole sapere di ratificarlo. Alla fine un accordo c’è ma non è mediato, è una vittoria per il Capitano che ieri si è svegliato generale in attesa del responso a Palazzo Madama. FI si astiene imbarazzato e FdI non vota il Mes, come il M5s, del resto, ma con basi differenti. I “Fratelli” sono emanazione diretta della premier in equilibrio tra europeismo coatto e sovranismo in purezza.

E con la mezza complicità del malumore per l’accordo sul Patto di Stabilità a cui hanno pensato le solite Francia e Germania scatta la tagliola. Meloni sceglie il sovranismo come opzione, Salvini se lo tiene come stella guida perenne. Ed Antonio Tajani con Forza Italia sembra l’amico colpevole di aver fatto imbucare ad una festa ai Parioli due punkabbestia sfasciati di vinaccio scadente.

L’asse Ppe-Ecr “morbido” accusa quindi colpo grosso e lui, Matteo Salvini, ancora una volta dimostra che a volerlo lui sa essere molto più delle “sole” che tira sui social. Uno che sa quel che vuole e che sa come farlo accadere.

Grezzo ma “peffinta”.

ANTONELLO IANNARILLI

I carciofini per il commissario

La Politica è una di quelle attività che può rendere cinici. È un po’ come la Medicina e la Cronaca. Tutte mettono in contatto con i dolori delle persone, i loro drammi umani, le loro tragedie ed i loro trionfi. Quelli di ciascuno, moltiplicati per l’infinito numero di persone che si incontrano. E per non esserne travolti, poco alla volta inizia a formarsi una specie di scorza. Che serve a proteggere. Se è così, il commissario Ater di Frosinone Antonello Iannarilli sarebbe legittimato ad avere una scorza spessa quanto un tramezzo.

Perché in questi anni è stato Consigliere regionale, assessore nella giunta Storace, deputato, ultimo presidente della Provincia eletto dai cittadini, consigliere nella sua Alatri. Ed ora guida l’azienda delle Case Popolari. Con una costante: non ha cambiato il numero di telefono, è rimasto sempre lo stesso 335 e continua a rispondere a tutti.

Sulla sua bacheca Facebook è comparsa nelle ore scorse una strana foto. È scattata nella sua stanza di commissario. Mostra un vasetto trasparente in vetro, riempito con olio d’oliva a proteggere il vero contenuto.

In questo periodo ricevo, come tutti, dei regali. Ognuno di questi ha un enorme valore… Ma i doni fatti da chi non può non hanno eguali. Sono circa 10 anni che ricevo da un Amico questo tipo di regalo (asparagi selvatici e carciofini). Una volta mi disse: “Io posso questo Preside’ e sono fatti da me”. Non servono le grandi firme o i regali più ricercati: la semplicità e l’umiltà vincono sempre su tutto. Li mangerò la sera di Natale in onore del mio Amico. Grazie del pensiero che hai avuto per me”. Senza scorza e dritto al cuore.

L’elemento umano del Politico.

FLOP

LUIGI SBARRA

Luigi Sbarra (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

Premessa doverosa: le scelte “a pacchetto” in azione sindacale non sono mai deprecabili in sé, anzi. Vale a dire che è (quasi) sempre atto di oculatezza valutare le singole circostanze e poi decidere come, quando e perché agire. I trattori che si portano avanti tutto indiscriminatamente non sempre vanno bene (una delle marche più note guarda caso si chiama “Landini”).

Ci sono però contesti in cui è impossibile non fare dei raffronti, anche a costo di scadere nel qualunquismo, perché il mondo e l’Italia a volte quello sono. Posti in cui le cose basiche ed affrancate dalla dietrologia analitica sono quello che sono, senza fronzoli.

Ecco perché l’atteggiamento del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra in ordine ad uno sciopero che si è tenuto ieri un po’ di saporino amaro in bocca lo lascia. Quale sciopero? Quello “natalizio” per il contratto che ha visto fermarsi i lavoratori di terziario, distribuzione moderna organizzata, distribuzione cooperativa, alberghi e pubblici esercizi.

Ed anche di ristorazione collettiva e commerciale, agenzie di viaggi e aziende termali. Si parla, in numeri di comparto, di circa 5 milioni di persone. A lanciare la mobilitazione sono state Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, in pratica i tre ex “confederali” in una insolita veste unitaria per intenti e mission. E luigi Sbarra ha fatto bene a definire lo sciopero “legittimo e sacrosanto”.

Il tweet del leader Cisl ha spiegato che “quando il filo del dialogo si interrompe è giusto mettere in campo tutti gli strumenti di mobilitazione. E qui scatta la perplessità, abbastanza soft da ricadere nelle pelose distinzioni tra sciopero generale e di settore ma non abbastanza da non risaltare comunque.

Se per le iniziative messe in atto contro la manovra c’era stata solo l’adesione di Cgil e Uil, perché sul terziario si è scesi (giustamente) in campo? Perché su quel settore che è una delle parti chiamate in causa proprio dalla manovra (e dal tema sul salario minimo) la Cisl si è ricordata di essere pronta alla lotta? In un’Italia in cui domina ancora il claim vecchiotto di Nanni Moretti sull’esserci o non esserci il dubbio permane.

E’ tornata la memoria.