Valutatore o sicario? Il mistero… Fitto del Dl Energia saltato

Le bordate della premier dopo il caso Giambruno e il sospetto che Cologno Monzese abbia avuto una strategia, ma è roba... da Interstellar

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango. La frase la pronuncia Cooper nello splendido Interstellar, di Christopher Nolan, giudicato uno dei pochi film di fantascienza con altissima plausibilità scientifica. Lasciamo un attimo quanti e universo e restringiamo il campo all’Italia.

C’è una narrazione ufficiale che fino a prova contraria è e resta quella più attendibile. Ed è quella per cui il Dl Energia impalcato dal ministro del governo Meloni Gilberto Pichetto Fratin non sia (ancora) andato a meta perché confliggente con alcuni obiettivi del Pnrr. C’è poi una narrazione ufficiosa che fino a prova contraria è esercizio di letteratura. Ed è quella per cui il “no” temporaneo al Dl Energia di un ministro forzista sia la risposta formale ma forte di Giorgia Meloni agli azzurri. A coloro cioè che per qualcuno potrebbero averle mandato in vacca pubblicamente la relazione con Andrea Giambruno.

Due premesse: le ucromie, cioè le cose plausibili ma non provate a volte sono fuffa. Altre sono la realtà ctonia e vista sotto altra lente e quel matto geniale di Nolan a questa cosa ci ha fatti affezionare, è vero. E ancora, e qui la chiudiamo con il giornalista-pavone e ravanatore di pudenda: Andrea Giambruno probabilmente e per la sua indole piaciona stava sulla strozza della sua compagna da molto prima che quell’urticante vellicare diventasse scoop di Antonio Ricci.

“Servivano approfondimenti tecnici”

Arianna Meloni alle spalle della sorella Giorgia (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Tornando al Dl Energia il dato politico è che l’esecutor della sua “bocciatura in attesa di pialla” è stato Raffaele Fitto, il ministro per l’Europa che ha sudato settantasette volte sette camicie per incassare le rate del Pnrr senza fare diventare cippi funebri. C’è e fa fede una versione ufficiale riportata da un caustico Simone Canettieri su Il Foglio: “Necessitava di approfondimenti tecnici su alcune misure”. E ci siamo.

Ecco la versione in punto squisito di tecnica: “La bozza del decreto presentava nella sua versione originaria l’ennesimo rinvio di un anno della liberalizzazione del mercato elettrico (ovvero la proroga della cosiddetta ‘maggior tutela’) e altri rinvii in materia di concessioni idroelettriche. Entrambe le norme, soprattutto la prima, sono in contrasto con il Pnrr”.

O meglio, “annullano due obiettivi già conseguiti, sulla cui base è stata già erogata la terza rata. Quindi anche a contare che Fitto è di Fratelli d’Italia, vicinissimo alla premier “ferita” e più ciambellano del Wali di Tangeri la versione in purezza regge e non ha stampelle pruriginose. E tuttavia ci sono stati altri segnali che un po’ spostano l’usta verso una versione in cui giustizia e vendetta sembrano coincidere, alla Mattias diciamo. E per la quale il Governo di certo non non traballa ma un po’ cede.

Giustizia, vendetta e il loro punto di incontro

Silvio Berlusconi

Quali? Innanzitutto il “giallo” che tanto giallo non è del post con cui Meloni accusava terzi di aver provato a sabotarla in casa con il caso Giambruno. In questi giorni analisti, ospiti di talk, giornalisti e spulciatori social si erano torti le meningi come panni bagnati per capire con chi ce l’avesse la premier. Due versioni, puntualmente impugnate a vessillo dall’Italia politica e polarizzata di sempre.

Versione uno del destra centro che teme un crash di alleanza: Meloni ce l’aveva con le opposizioni che sulla faccenda ci hanno pucciato. Lì però c’è un timing debole a contraffortare, perché ove mai fosse successo le opposizioni ci hanno pucciato dopo, non prima di un post che è stato più tempestivo del meteo di Giuliacci.

Versione due delle opposizioni e di quel destra centro che timidamente prova a stare dalla parte giusta ma senza indicare: Meloni “ce l’aveva” con Forza Italia. Ecco, fermiamoci, rimbocchiamoci le maniche e andiamo a sudato preambolo. Da vivo Silvio Berlusconi non aveva lesinato chiarezza, goffa e voluta al contempo, nel far sapere che a lui Giorgia Meloni stava sulla strozza assai.

Due versioni e il “vissuto” con Forza Italia e Cav

Fedele Confalonieri (Foto Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Non c’è bisogno di rivangare episodi noti a tutti. Poi il Cav era passato a miglior vita ed aveva lasciato gli azzurri come cambiale alla sua famiglia, nella quale Pier Silvio è capoccia di Mediaset che ha Striscia in palinsesto. Mediaset è asset della famiglia e la tassa sugli extraprofitti era diventata spina nel fianco. Ricci rivendica autonomia assoluta ma qualcuno, Italo Bocchino dalla Gruber in primis, insinua che Fedele Confaloneri “non poteva non sapere”.

Forza Italia oggi è un Partito diviso in punto di intenti: ci sono i filogovernativi che fanno capo ad Antonio Tajani ed una fronda “arcoriana” che vorrebbe di nuovo un centro destra liberal al posto del destra centro “di coratella”.

Economicamente il Partito è ancora della famiglia del Cav, praticamente un asset. Ma politicamente è “franco” e proteso verso un nuovo corso che con il congresso vedrà il segretario guidare le truppe alle Europee verso una crasi tra Ppe ed Ecr, il partito di cui Meloni è presidente.

Il teorema di Interstellar e il “segnale” a Giorgia

Giuliano Amato (Foto Alessia Mastropietro / Imagoeconomica)

Insomma, è fantapolitica in purezza ma ha i toni scientificamente plausibili di Interstellar di Nolan la lettura per cui la Meloni debordante di questi mesi andava un po’ “ridimensionata”. D’altronde “non serviva” (è retorica, il giornalismo serve sempre) la puntata di Report che non è piaciuta agli azzurri per svelare la stizza di Marina Berlusconi verso la tassa che azzoppava un camion di soldi in ingresso a Banca Mediolanum.

Che questo ridimensionamento dovesse accadere proprio con un blitz di insider, attenti a dare una spallata-segnale ma non a fare crollare il castello, un po’ ci sta. La premier, dal canto suo, un paio di bordate interne non se le è risparmiate.

Il Foglio parla di “due segnali a Forza Italia colpita come da un elastico ben tirato. Il primo: stoppa il decreto Energia annunciato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin. Il secondo: fa sapere di essere ‘irritata’ per la nomina di Giuliano Amato. Il già “Dottor Sottile” è stato infatti scelto come uomo di punta del comitato sull’intelligenza artificiale. Da chi? Dal sottosegretario con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini, “forzista e già giornalista Mediaset”.

Amato, l’AI e Meloni che “non sapeva nulla”

Francesco Lollobrigida (Foto Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Pare che Meloni abbia preso d’aceto con un secco “non sono stata avvisata”. La premier infatti non ha gradito e lo ha fatto sapere. In questi giorni per lei l’azzurro “Cologno Monzese” sarebbe il colore della kryptonite, altro che Blu Estoril. Ci sono elementi aggiuntivi? In realtà la risposta è un “Ni”. Perché i colonnelli della Meloni un po’ lanciano segnali che paiono bordate contro gli azzurri a trazione arcoriana, un po’ nicchiano perché non sanno cosa dire e come dirlo senza buscare boomerang sul setto nasale. Francesco Lollobrigida ad esempio sul tema sembra il portaborse di Diliberto quando da guardasigilli si andò a prendere il curdo del Pkk Ocalan sotto il muso di Ankara.

E spiega che l’azienda della famiglia Berlusconi non “ha mai ricevuto vantaggi e mai ne riceverà da questo governo”. Sì, ma che significa? Che Mediaset non è privilegiata solo perché ditta afferentissima all’alleanza? E chi lo avrebbe mai messo in dubbio se non qualcuno che quel dubbio ci teneva a scioglierlo?

Il prequel era stato quello di Giovanni Donzelli ai cronisti domenica al teatro Brancaccio, solo che lì il parlamentare aveva parlato come se si stesse preparando una rappresaglia e lui fosse il ghandiano della situazione: “Non ci sarà nessun riguardo”. Un’altra excusatio non petita, insomma.

Lollo e Donzelli duri, Papetti “accigliato”

Che è un po’ come dire che Cologno Monzese resta fuori dai sospetti ma a Cologno Monzese “sappiano che qui nessuno è fesso”, anche a fare la tara al lessico zoppicante dei due. Dal teatro Brancaccio Cristiano Papetti, uomo forte di FdI a Veroli e dato da molti come papabile candidato sindaco del destra centro per il voto amministrativo del 2024, ha postato una considerazione tutta da decifrare. “La nostra coerenza, il nostro essere fieri incondizionatamente del nostro simbolo, senza nasconderci dietro a pseudo realtà, è la ricetta che ci permetterà di continuare ‘a volare in alto’”.

Quali sarebbero le “pseudo realtà” a cui Papetti alludeva? Ovvio che il “fumus benefico” di un concetto generale che rimanda alla purezza in punto politico dei Fratelli resta tutto. In pillole: Papetti potrebbe avercela avuta con chiunque o qualunque cosa non necessariamente aggiogata al “trend-topic”. Tuttavia la sensazione è che il clima sia quello da “serrate i ranghi ché gli scorpioni ce li abbiamo anche in condominio”.

Per adesso c’è solo e soltanto un quadro severo ma giusto in purezza tecnica. Quadro in cui Fitto che ha delega boccia una cosa bocciabile e Meloni che ha il comando cassa una scelta cassabile. Tutto chiaro, tutto perfetto. Tanto perfetto di risultare, magari, anche un po’ sospetto. Ma solo in fantascienza, come con Nolan ed Interstellar, che però è piaciuto tantissimo a pubblico e critica.

Specie con la chiosa di Tars: “La terza legge di Newton. L’unico modo che gli umani hanno trovato per andare avanti è lasciarsi qualcosa alle spalle. O qualcuno.