«Così le Rsa hanno salvato gli anziani»: a Sora tutto chiuso prima del Decreto

Foto: Enrico Mancini

Dopo la strigliata dell'assessore alla Sanità contro chi "ha tradito gli anziani”. Le strutture che hanno funzionato. Come la "San Camillo" a Sora: zero contagi. Ha applicato protocolli rigidi prima ancora che il Governo li mettesse a punto. "È stato doloroso ma abbiamo salvato tutti”

Maurizio Patrizi

Rem tene, verba sequentur

È un nervo scoperto. Che provoca rabbia e sofferenza ogni volta che si tocca. Anche questa mattina l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato ha avuto parole durissime appena quel nervo è stato sfiorato. Ha detto: «chi ha tradito gli anziani non può stare nel servizio sanitario regionale. Su questo saremo molto severi». Nelle Rsa e nelle Case di Riposo del Lazio non tutti hannolavorato con coscienza, non tutti hanno fatto quello che si poteva. E si doveva. (leggi qui Lazio, via ai test sierologici: i più imponenti in Italia).

Barricati subito

L’ex convento dei Salesiani trasformato in Rsa San Camillo

«Non voglio giustificare nessuno ma è un dato di fatto che in Italia come nel resto del mondo il Covid-19 all’inizio sia stato sottovalutato. Noi siamo stati fortunati: c’è stato come un ‘sesto senso’ che ci ha detto di prendere tutto seriamente e subito»: Enzo Di Stefano è stato sindaco di Sora, consigliere regionale del Lazio, presidente delle Case Popolari. La politica come passione, la gestione della Rsa San Camillo di Sora come professione.

Lì le misure anricontagio sono scattate prima ancora che il Governo le codificasse e mettesse nero su bianco con il decreto del 9 marzo. Quando apparivano sulla Gazzetta Ufficiale, alla San Camillo stavano già barricati dentro da giorni: Enzo Di Stefano, dopo avere guardato un Tg nazionale e sentito della strage di anziani nella Bergamasca ha ordinato l’immediata sospensione delle visite dei familiari a Sora e l’isolamento totale con l’esterno.

Da quel giorno, colloqui con le famiglie tramite Skype e WhatSapp. Subito i corsi di addestramento del personale all’uso dei dispositivi di protezione individuale. A cui è stato anche chiesto di evitare luoghi affollati fuori dal lavoro. E siccome la prudenza non è mai troppa ci si è preparati allo scenario peggiore: con la realizzazione di un reparto separato e totalmente isolato dal resto della struttura, nel caso si fosse verificato qualche caso sospetto.

Zero casi

Il cancello d’ingresso con il messaggio scritto dagli anziani

Il manager dell’ex casa dei Salesiani nei primi giorni è stato preso per matto, per un esagerato. Invece ha avuto l’intuito di fare scelte antipatiche ben sei giorni prima del Governo. Sono risultate vincenti. Soprattutto hanno salvaguardato i circa 60 ospiti della struttura, totalmente privata, la cui gestione è stata rilevata nel 2016.

Dottor Di Stefano, come ha fatto a tenere il virus fuori dalla sua struttura? Quando ha compreso che era una cosa seria?

“Erano le 9.15 del 3 marzo quando ho deciso di alzare il livello di guardia della RSA. Non c’era bisogno di aspettare che qualcuno mi dicesse di farlo. Non c’era tempo di aspettare le decisioni del Governo che sarebbero poi arrivate il 9. I fatti delle Regioni del Nord parlavano da soli. Ho chiuso gli ingressi”.

“Ho spiegato ai collaboratori perché avevo vietato l’accesso a parenti e visitatori alla struttura per anziani, autosufficienti e non. Ho fatto capire a tutti che quanto stava accadendo al Nord prima o poi sarebbe arrivato pure da noi. E che se volevamo salvarci avevamo una sola possibilità: fare presto. Isolare tutto per prevenire la trasmissioni di infezioni. La situazione era talmente seria che per una volta mi sono permesso di andare sul lato personale: ho invitato i dipendenti a non frequentare luoghi affollati all’esterno per tutelare loro stessi, le famiglie e tutti noi. L’ho fatto pensando specialmente ai nostri pazienti anziani. Loro sono più a rischio. Era l’unica scelta da fare”.

Foto © Luigi Avantaggiato / Imagoeconomica
Quanto è stato difficile gestire gli affetti degli anziani?

La vita nella RSA è andata avanti nella normalità. Non potevamo far soffrire i nostri ospiti il trauma del distacco. Abbiamo fatto e facciamo tuttora le attività in piccoli gruppi e i nostri pazienti vengono seguiti dall’assistente sociale e dagli educatori. Ci ha aiutato molto il fatto che tutti i nostri ospiti siano stati consapevoli del rischio che si poteva correre. Hanno accettato questo isolamento sapendo che era per il bene di tutti. Sono stati i primi a comprendere che vietando gli accessi dall’esterno difendevamo la loro salute. Ha funzionato. Auspico che questo provvedimento diventi  una misura  di buona pratica per la difesa della salute di tutti”.

In che modo siete riusciti a tenere i collegamenti con l’esterno?

“Gli ospiti soffrono a non vedere i parenti. Ma questa mancanza viene colmata dai provvedimenti assistenziali, cioè dalle attenzioni in più che il personale ha dovuto concretizzare. Come soluzione e per colmare la distanza fisica è stata attivata una copertura Skype e WhatsApp nei reparti della struttura  con il supporto degli educatori. Del servizio ovviamente usufruiscono i pazienti che sono in grado di utilizzarlo. Mentre per i non autosufficienti le situazioni vengono gestite con l’aiuto degli educatori”.

Non ci vorrà dire che è bastato soltanto questo per uscire indenni dai contagio?

“Questi elementi sono stati fondamentali. Ovviamente, dopo un confronto, abbiamo redatto un documento informativo con tutte le procedure da rispettare ancora oggi”.  

In pratica?
Il personale della Rsa San Camillo di Sora

Un codice di comportamento. Il personale, prima dell’accesso e all’uscita del turno di lavoro, è sottoposto al controllo della temperatura corporea. Coloro che risultano con febbre non potranno iniziare il turno di lavoro. L’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5) o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria. Le pulizie e la sanificazione dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro (comprese tastiere, schermi, touch, mouse) vengono svolte due volte al giorno. Idem per le aree comuni e di svago e per i distributori di bevande e snack. C’è un’igiene maniacale delle mani: è obbligatorio che le persone presenti in RSA adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare il lavaggio continuo delle mani. Nella RSA sono presenti ed a disposizione idonei mezzi detergenti.

Qualora il lavoro imponga una distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l’uso delle mascherine e di altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici ) conformi. L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato. Il tutto con la previsione di una ventilazione continua dei locali e di un tempo ridotto di sosta. In più, con il mantenimento della distanza di sicurezza di un metro tra le persone.

Inoltre – spiega ancora Di Stefano – abbiamo limitato  i contatti con i fornitori esterni. Poi abbiamo rimodulato i livelli produttivi e i turni con orari di ingresso e uscita scaglionati. Questo in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi) . Abbiamo anche invitato i dipendenti a rimanere il meno possibile nelle aree comuni”.

Avete addirittura aperto un nuovo reparto di degenza …
Il reaprto di degenza allestito in 48 ore

“In questo momento di emergenza anche noi siamo riusciti a farlo in meno di 48 ore. Un grazie di cuore ai dipendenti. Per la RSA il cuore è la cosa più importante, soprattutto in un momento duro come questo”.

Personale ed ospiti sono stati sottoposti al tampone?

Gli anziani sono le persone più esposte al rischio connesso alla pandemia. È questo uno dei motivi per cui un grande numero di decessi è avvenuto all’interno di residenze che ospitano questa delicata fascia della popolazione. In virtù di simili considerazioni abbiamo voluto chiedere all’ASL di Frosinone una cosa specifica. Cioè di sottoporre a tampone, per rilevare l’eventuale presenza del Covid-19, tutti gli ospiti attuali della residenza e il personale dipendente.

Gli esami effettuati su ospiti, medici, terapisti, infermieri e su tutti gli operatori socio-sanitari della residenza hanno dato esito negativo.  E questo risultato ci rende ancora più determinati e convinti. Proseguiremo anche nelle prossime settimane, a curare e monitorare costantemente lo stato di salute degli ospiti della Residenza Sanitaria Assistenziale San Camillo di Sora”.

A Milano un strage. A Sora una pace…
Vista dall’alto

Siamo stati più fortunati o più bravi del nord? Un po’ fortunati sicuramente – e in questi casi la fortuna aiuta – ad essere stati raggiunti dal Covid-19 in seconda battuta. E in modo più leggero. Però penso che il nostro sistema sanitario territoriale ha dimostrato molto più preparazione e conoscenza del Nord. Questo si. Penso di poter dire che tutte le RSA della provincia hanno mostrato grande professionalità. A tal proposito vorrei ringraziare di cuore l’ASL di Frosinone e gli uffici di prossimità del distretto C, di grande competenza e professionalità, che si sono dimostrati pienamente collaborativi e consapevoli”.