La marcia di avvicinamento alle candidature a sindaco di Roma. Di Maio cerca di tenere unito il M5S. Ma la fronda interna contro il Raggi bis c'è. Calenda registra l'interesse di Base Riformista. Tajani vede presto 'un candidato vincente'
Il cerchio inizia a stringersi. Al centro ci sono i nomi che i Partiti schiereranno alle prossime Comunali di Roma. Il Movimento 5 Stelle assicura che sosterrà ancora Virginia Raggi ma il fronte interno ostile alla sindaca si fa sempre più agguerrito. Nel Centrosinistra semplifica lo scenario il presidente del Parlamento Ue David Sassoli che lancia il segnale chiesto nelle ore scorse da Carlo Calenda. Taglia in maniera definitiva i ponti verso una sua candidatura e lascia il campo libero all’ex ministro. (Leggi qui Calenda, amore e stizza sulla via per il centrosinistra unito).
Su Carlo Calenda iniziano a convergere i diversamente renziani del Pd e Mario Adinolfi. Mentre in serata Antonio Tajani fa capire che anche il centrodestra non sta a guardare.
Il fronte interno di Virginia
La giornata politica comincia quando il capo del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio va nello studio di Lucia Annunziata su Rai Tre. Sostiene che «per spendere bene i fondi del Recovery dobbiamo puntare su candidati sindaci in sintonia con il governo. Questo richiederà un tavolo di governo il prima possibile, ma non mi fossilizzerei su Raggi o su Sala che sono sindaci uscenti. Per me Raggi ha lavorato bene, dobbiamo affrontare insieme il tema delle alleanze programmatiche in tutte le città senza scaricare nessuno».
Roba da far impallidire Aldo Moro ed i suoi equilibrismi lessicali. La frase di Luigi Di Maio va allo stesso tempo sia in direzione di una conferma per Virginia Raggi che in direzione di una sua sostituzione sull’altare delle alleanze.
La sostanza è che in attesa degli sfidanti esterni Virginia Raggi deve guardarsi soprattutto dal fronte interno M5s. Negli ultimi giorni più di qualcuno ha fatto sentire la sua voce con i dubbi su una ricandidatura per la sindaca. Il vero ostacolo sulla via dell’intesa con il Pd è lei: i Dem non la vogliono nemmeno sentire nominare, ricambiati dalla titolare del Campidoglio.
Primo, niente scissioni
Allo stesso tempo, la sostanza è che Luigi Di Maio deve tenere unito il Movimento 5 Stelle evitando in ogni modo scissioni che potrebbero essere fatali al Governo.
Dal fronte critico di Alessandro Di Battista parte l’ex ministra Barbara Lezzi. Attacca Di Maio dicendo “Non si tratta di fossilizzarsi ma di coerenza, la Raggi merita il rispetto di tutti“. Il ministro degli Esteri continua a fare aerosol di moroteismo e fa partire la smentita dallo staff: “Il ministro ha sostenuto e sostiene la sindaca, troviamo becera la strumentalizzazione delle sue parole molto chiare e nitide“.
I dubbi sul bis della sindaca non è solo nazionale. Oggi si registra la ‘fronda’ di cinque consiglieri grillini romani di peso. Hanno annunciato per sabato prossimo un incontro nel quale aprire un percorso. È la conferma dei dubbi avanzati dal Gruppo M5S ormai da settimane sulla ricandidatura della Raggi. Dubbi che potrebbero portare a far mancare la maggioranza in Aula alla sindaca sugli ultimi voti importanti messin on agenda per questi mesi.
Sassoli sgombra il campo
Intanto sgombra definitivamente il campo David Sassoli. Lo aveva detto, ripetuto e confermato in ogni sede: non è disponibile a candidarsi come sindaco di Roma. Torna ancora sul tema perché era stato chiaro che Carlo Calenda attendesse da lui un pronunciamento chiaro e definitivo. Lo aveva fatto capire sabato (leggi qui Calenda, amore e stizza sulla via per il centrosinistra unito).
E la risposta è arrivata. “Presiedere il Parlamento europeo è un grande onore e una grande responsabilità. Ringrazio le tante persone che mi esprimono fiducia auspicando una mia candidatura a sindaco di Roma, ma ribadisco, per chiarezza e correttezza verso tutti, che l’ipotesi non esiste“. Lo ha scritto su Facebook.
Ha dato anche una spiegazione ineccepibile. “La responsabilità di un democratico si misura sul suo grado di rispetto per le istituzioni. E le istituzioni a mio avviso non vanno mai piegate a interessi personali o di parte. Questo ci hanno spiegato le generazioni che hanno fatto la Repubblica, e io mi sento intimamente e politicamente legato a tale insegnamento”.
Insomma: ne andrebbe della sua reputazione. E di quella dell’Italia. Nella storia del Parlamento, una sola volta un Presidente ha rinunciato all’incarico per candidarsi nel suo Paese. A Bruxelles ancora oggi la considerano una figuraccia.
Convergenza su Calenda
Accoglie con favore l’ipotesi Calenda Mario Adinolfi del Popolo della Famiglia, candidato a sindaco di Roma nel 2016. Chiede un chiarimento: “La candidatura di Calenda a Roma è interessante, ma ha un’ambiguità di fondo. Il leader di Azione punta all’alleanza con il Pd o più coerentemente la candidatura nasce contro tutte le forze di governo che Calenda ha duramente contestato in questi anni? Se non scioglie questo nodo siamo al solito ballon d’essai che non chiarisce il quadro politico della corsa nella Capitale“.
Più sostanziosa l’apertura di Base Riformista. Per i diversamente renziani del Pd parla Patrizia Prestipino. “Se Calenda, persona competente, manifestasse la volontà di candidarsi a Sindaco, sarebbe un valore aggiunto al confronto”.
Ma lancia un monito: se vuole i voti Dem la candidatura deve avvenire all’interno del percorso unitario. “È evidente che, se lo facesse fuori da un percorso condiviso dalle principali forze di centrosinistra, nascerebbe un problema, come abbiamo già visto in Puglia. Sarebbe ipocrita nasconderlo. Come altrettanto ipocrita sarebbe non sottolineare che la possibile candidatura di Calenda emerge anche a seguito delle incertezze del gruppo dirigente del PD romano“.
Su Twitter incoraggia Calenda anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. “Viste le condizioni in cui la città è ridotta, la prima qualità richiesta ad un candidato sindaco di Roma dovrebbe essere la capacità di gestire situazioni molto complesse. Su questa base, la disponibilità di @CarloCalenda andrebbe accolta dal #Pd come un’insperata buona notizia“.
Calenda non scioglie i dubbi
In serata interviene anche Carlo Calenda. “Non pensavo di candidarmi. E ancora non ho deciso. Avrei appoggiato un candidato forte. Ho fatto dei nomi. Ma possiamo scappare tutti dalla più difficile sfida amministrativa che c’è in Italia, mentre sosteniamo che l’Italia può ripartire solo attraverso la buona amministrazione?“. Twitter continua ad essere il suo strumento di comunicazione preferito.
“Ho sempre pensato che sarebbe uscito un nome forte che avremmo potuto appoggiare. È uscito? No. Si pone una questione nei termini che ho spiegato nei tweet precedenti? Sì. Punto. Mi pare abbastanza consequenziale“, scrive l’ex ministro in una conversazione con un utente.
Attende i numeri del sondaggio che ha commissionato. E mette subito in chiaro: “Se c’è una cosa che una mia eventuale candidatura comporterebbe è evitate la saldatura PD-Raggi“.
Il Tg di Tajani
Si muove anche il centrodestra. In serata al Tg4 il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha mosso le acque.
“A Roma serve un candidato che aggreghi il più possibile. Un candidato veramente capace di governare la città di Roma dopo aver sconfitto la sinistra. Capace anche di raccogliere, magari al secondo turno, consensi al di là dei confini del centrodestra, stiamo lavorando, ci sarà un’altra riunione durante questa settimana, contiamo di avere presto un candidato vincente“.
Spariglia le carte l’ex sottosegretario Francesco Giro. “Luigi Di Maio praticamente vorrebbe il via libera congiunto per Raggi-Sala su Roma e Milano da parte dell’asse Pd-5 Stelle. Incredibile ma vero. A questo punto mi chiedo perché la candidatura di Calenda a Roma non potrebbe essere una formidabile espressione trasversale della città che si ribella al patto scellerato salva-Raggi. Pensiamoci. Una ribellione ‘capitale’, civica e super partes“.