Le Marocchinate furono crimine e il Ciarra aveva ragione

Il disegno di Legge di De Priamo di FdI sugli orrori perpetrati dai "goum" nel Cassinate e in Ciociaria e le prime battaglie sul tema. Che portò avanti un editore scomodo come Ciarrapico

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Come i negri! Vivono come i negri caro signore!”. L’ufficiale tedesco è sicuro di quella sua affermazione. Per lui il paragone tra i “negri” ed un modo di vivere bestiale non è paragone, è paradigma. Ecco, in quella concentrazione spaventosa di certezze cretine ed agghiaccianti ci abita tutta la quieta demarcazione tra buoni e cattivi. E con essa il grande equivoco comodo. Insomma, uno che parla in quel modo non può che essere, lui e la sua divisa, il simbolo del solo male possibile che calca la scena in quel momento. Scena ciociara.

Quando un angelo si toglie la maschera

Poi sulla scena appare un altro male che batte la bandiera degli amici. E che ti afferra, ti palpa, ti sbatte al suolo, si toglie la djellaba e ti violenta in mezzo al mentastro grugnendo come un porco. Poi ride perché tu sei totem di vittoria acquisita, non donna che della guerra è vittima comunque e dovunque. Tu non lo sapevi che anche quello era il male perché pensavi che ogni vessillo avesse le sue truppe: demoni da un lato ed angeli da un altro. Alle zone grigie non ci credevi, poi hai dovuto farlo. Farlo piangendo.

E quando un angelo ti violenta fa più male di quando ti stupra un demone, perché dall’angelo ci si aspettano solo benedizioni. Non certo la daga berbera e curva, sporca di formaggio rubato, sangue di mora secca e terra da rincalzo per dormire puntata sulle tue cosce. Cosce aperte per forza con te che urli e sai che chiuderle significherà vedere l’acciaio che balena fin nel sottogola. Conti quello stantuffare tremendo e poi svieni. E forse vivi ma da morta.

Ci sono aberrazioni che vengono messe nella casella della Storia con la placida serenità delle cose orribili e che provocano indignazione. Poi però il nulla. Quelle cose diventano parte di una mistica, di una cultura di massa. Nella misura in cui sono accadute quelle cose si fanno totem di quello che non deve accadere più e magari qualcuno ci scrive pure un romanzo potentissimo sopra.

I buoni e i cattivi, e in mezzo il male nascosto

Poi qualcun altro ci fa un film truce ed iconico e quelle cose sembrano essere definitivamente passate. Messe a bagno tiepido nel lavacro della Storia perché la Cultura se ne è appropriata e le ha messe nella teca degli orrori di maniera. Ma non funziona così, non è mai bastata La Ciociara su carta di Moravia o quella su celluloide di De Sica a guarire la ferite delle Marocchinate. Con ogni probabilità non basterà mai nulla per dare cerotto a cose che cose non sono.

Furono stupri, stupri talmente violenti ed indiscriminati, così barbaramente perpetrati che le loro vittime non ebbero più parola per anni. E sfintere per governare il proprio corpo. E quando iniziarono a parlare le loro parole cozzarono contro il muro di cemento della mistica di un’Italia liberata dai buoni a discapito dei cattivi. Dovemmo polarizzare la Storia e per decenni fummo nella pienezza del nostro manicheismo.

Un bipolarismo scemo foraggiato anche dalla spaventosa mole del Piano Marshall con cui venivano rimesse a dimora le fondamenta urbanistiche del nostro paese. Quando ti pagano gli sfasci e ti perdonano i Fasci è più facile dire grazie che dire “sì però”.

Di Montecassino ed altre aberrazioni

Foto: Sgt. McConville / Collections of the War Imperial Museum

Britannici, americani e neozelandesi fecero di Cassino e Montecassino un tappeto di macerie, aberrazione e lacrime ma era “necessario” farlo. I rincalzi del Cef del generale Juin erano gaullisti buoni a discapito degli sgherri filo-nazi di Petain e ci fu tutta una parte di mondo che venne lavata. Lavata dalle sue colpe specifiche perché aveva avuto in massa critica il merito di togliere il giogo di svastica e littorio da Europa ed Italia. Brutta cosa la massa critica, perché è il punto di non ritorno dopo il quale non vedi il particolare ma solo la somma prevalente.

Poi, piano piano, da posti come Esperia, Pontecorvo, Vallecorsa, Castro dei Volsci, Vallemaio, Sant’Apollinare, Ausonia, Patrica, Ceccano, Supino, San Giorgio a Liri, Coreno Ausonio, Morolo e Sgurgola, si alzò un mormorio. Non era ancora un grido, eravamo tutti impegnati nella caccia comoda dei cascami post fascisti dei missini. Ed avevamo troppe bende sugli occhi per capire che il Nemico spesso è ubiquo. E che l’orrore non ha colori, semplicemente ha la forza di esistere fin quando c’è una cultura supina che taglia le corde vocali a chi lo ha subito.

Quei mormorii divennero grida, le grida delle centinaia di donne, bambini e sì, anche uomini. Persone che vennero stuprate durante la Campagna d’Italia del 1943/44 dagli effettivi della quattro divisioni del Corps expéditionnaire français en Italie e dopo l’operazione Diadem lungo la Linea Gustav. Qui, da dove scriviamo e leggiamo, nelle stesse campagne e forre che vediamo dalle finestre di casa o ufficio o dai finestrini dei treni su cui stiamo viaggiando. Sotto le stesse chiome di carpine che usiamo per smaltire le sbornie delle sagre di questa estate 2023.

Il velo scostato dal “Ciarra” che però era scomodo

Giuseppe Ciarrapico (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Le vittime ebbero tutto il tempo di invecchiare mentre pian piano partiva la consapevolezza che no, forse non tutto era stato detto e non tutto era stato fatto per sanare quegli orrori. In arcione a quella battaglia scomoda ci si mise Giuseppe Ciarrapico, editore di destra, abruzzese trapiantato a Roma. Poi ex sultano delle acque minerali di Fiuggi, andreottiano “de fero” e amico di Giorgio Almirante.

Un uomo chiacchierato, un uomo duro e scomodo. Uno che dalle colonne dei suoi giornali si firmava Historicus e cazziava un’Italia che l’otto settembre del 1943 aveva tradito. Il battage di Ciarrapico non aiutò la battaglia buona sulle Marocchinate ma al tempo stesso divenne input forte. Il cimitero militare di Venafro, quello riservato alle truppe transalpine, divenne epicentro di una questione che “il Ciarra” ebbe il merito indiscusso di aver posto con tutta la potenza di fuoco di cui disponeva.

Alla fine di quella crociata cacio e pepe i media si accorsero che bisognava scrivere e iniziarono a comparire le prime testimonianze mainstream delle vittime. Erano più sistemiche e mirate. I loro racconti erano una canzone di barbarie ed orrore. Ma molte di loro erano già vecchie, altre rincoglionite ma memori, perciò delle Marocchinate si parlò con l’incedere scattista e frenato al contempo delle faccende con cui riempire una colonna mancante ad agosto. Non ci fu approccio sistemico e non ci fu approccio legislativo. Non subito almeno.

L’appello di Ruspandini quando era senatore

Nel 2020 fu Massimo Ruspandini, allora senatore di FdI, a sollevare la questione con forza. Lo fece cogliendo l’abbrivio di una delle decine di Giornate commemorative con cui il mondo ogni tot si lava la coscienza. “La Giornata internazionale per l’eliminazione delle violenze sulle donne sia anche occasione. Per ricordare quelle migliaia di donne stuprate e uccise nel corso della Seconda guerra mondiale dalle truppe coloniali francesi aggregate agli Alleati.

E ancora: “Le tristi e note ‘marocchinate’ raccontano il dramma di tantissime donne vittime della brutalità e della violenza di uomini senza scrupoli e senza dignità. Uomini che inferirono su chi non poteva difendersi dalla loro bestialità. Per troppo tempo, e ancora oggi, questa triste e drammatica pagina di storia nazionale è stata tenuta nascosta. E sacrificata sull’altare del politicamente corretto e del conformismo dilagante marchiando addirittura d’infamia queste donne”. Poi la chiosa: “Credo che sia necessario e doveroso ricordare anche questo dramma subito da migliaia di donne italiane. E per fare in modo che non si continui più nell’ignobile rimozione di questi tragici eventi che dura da oltre mezzo secolo”.

Il disegno di legge che arriva da De Priamo

Palazzo Madama

Oggi Massimo Ruspandini non è più senatore ma deputato e non sta più all’opposizione contro Giuseppe Conte ma al governo con Giorgia Meloni. Ed è stato il suo partito a riaccendere i riflettori sulle “Marocchinate”. Non per deprecare il non fatto, stavolta per normare il da farsi. Il che non è normalizzare ma almeno provare a far capire che non si è dimenticato. In agenda c’è un disegno di legge di iniziativa del senatore Andrea De Priamo. Lo scopo è istituire una giornata nazionale in memoria delle vittime degli stupri di guerra del 1943-44.

Ma non bastava, non è mai bastato in un Paese che ha memoria cortissima e cordoni della borsa strettistretti. Un Paese che voleva far pagare le vittime di un terremoto perché avevano avuto l’ardire di dormire in casa. Lo scopo è istituire un fondo per risarcire le vittime dei danni subiti, quelle ancora in vita almeno. Il testo è stato depositato a Palazzo Madama e dovrà promuovere “la memoria dei tragici eccidi perpetrati ai danni della popolazione italiana durante la Seconda guerra mondiale”. Eccidi “ad opera, in particolare, delle truppe coloniali, composte in prevalenza da marocchini, algerini, tunisini e senegalesi inquadrati nel Corpo di spedizione francese in Italia”.

Data sbagliata ma battaglia giustissima

Andrea De Priamo

Il senatore De Priamo è andato a silloge emozionale, un po’ ci sta, un po’ funziona così. Parlando di “punte di inaudita ferocia in Ciociaria” di un fenomeno che colpì tutta l’Italia centro meridionale a partire dall’operazione Husky, dallo sbarco in Sicilia degli alleati cioè. Donne di ogni età, ma anche uomini, subirono stupri spesso compiuti in gruppo e chi si opponeva veniva picchiato selvaggiamente o ucciso”.

Le denunce arrivarono negli anni a 60mila, un terzo delle quali ricorse alle autorità militari francesi e a quelle italiane. In buona sostanza due terzi di quegli orrori sono ancora sepolti nella memoria di chi li subì. O nelle bare in cui la memoria di chi fu vittima andò sepolta assieme a quei corpi violati.

Cosa c’entrano i polacchi con il Ddl

La richiesta recepita è stata quella dell’Associazione Nazionale Vittime della Marocchinate e Fratelli d’Italia individua questa giornata nella data del 18 maggio di ogni anno. La data è controversa, perché quello è esattamente il giorno in cui i soldati polacchi issarono la bandiera sulle rovine dell’Abbazia di Monte Cassino. E i coloniali inquadrati nel Corpo di spedizione francese in Italia sciamarono nella vallata dopo aver sfondato la linea Gustav”.

Ma la polpa del provvedimento non dovrebbe dividere nulla, perché andrebbe a chiudere una ferita che risale ad ottant’anni fa. Quando bastava un ufficiale tedesco che disprezzava i “negri” per far dimenticare che l’orrore da cui scappare non ha caselle, non ha colori e non ha steccati.

E che quando è libero semplicemente sciama e sperde il male in giro, nei posti, nel tempo e nella carne della gente. Fin quando chi ne è vittima non diventa misera, spesso postuma occasione di redenzione. Occasione tarda per una redenzione tardiva. Ma necessaria.