Les Cretes e la viticoltura eroica in Val d’Aosta

La Val d'Aosta che ti aspetti ma che ti stupisce lo stesso. E' quella della vinicoltura in purezza della famiglia Charrère. Dei sapori di una terra bellissima e del calore di un'azienda che per crescere ha seguito i ritmi del tempo. Che con il vino sono i ritmi giusti.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

Il primo impatto con la Val D’Aosta lascia subito il segno: ti lasci alle spalle un mondo appena superi il casello autostradale di Ivrea ed entri in un altro completamente diverso. Le prime montagne ti danno il benvenuto, tu le attraversi incredulo e a bocca spalancata. La regione più piccola della nostra nazione è uno scrigno di tesori. Castelli sulle colline e massicci montuosi che si stagliano nella loro maestosità, cascate che bagnano persino le strade e verdi pascoli.

Per non parlare dell’antica Augusta Praetoria:

«…la vecchia Aosta di cesaree mura

ammantellata, che nel varco alpino

èleva sopra i barbari manieri

l’arco di Augusto…» 

Così la descriveva Carducci, Aosta, piena zeppa di testimonianze romane. L’arco di Augusto, la Porta Praetoria, il Criptoportico e la facciata esterna del Teatro Romano. Uno che vive nel Lazio, può farsi meraviglia di cotanta romanità? Si, perché il contesto è completamente diverso. Tra le arcate del teatro romano si vedono montagne, tra le più alte d’Europa e lo spettacolo visivo è incredibile

La viticoltura eroica

I vigneti

La vegetazione di queste vallate è rigogliosa, il verde domina incontrastato. Ai piedi di questi enormi massicci montuosi si possono ammirare fazzoletti di terreno sparsi pieni di vigne.

Ai piedi dei monti certo ma siamo già ad altitudini considerevoli e la maggior parte delle vigne è disposta in terrazzamenti. Ecco perché qui in Val d’Aosta si parla di viticoltura eroica.

Gli appezzamenti, come detto, non sono enormi ma piccoli e frastagliati, non impongono la loro presenza ma si adattano alla montagna. Qui la cura delle vigne e la vendemmia richiedono particolare cura ed attenzione. Bisogna adattarsi alle escursioni termiche e alle conformazioni dei terreni alcune volte davvero ripidi.

Dalle noci al vino, in due secoli 

Da anni punto di riferimento per il mondo del vino in valle è sicuramente l’azienda Les Cretes, diventata ormai capace di “gareggiare” con i grandi. Ma anche di conservare cuore e qualità di una piccola azienda. Merito di una gestione familiare attenta ed efficace.

La famiglia Charrère mi attende al completo in cantina, Costantino, la moglie Imelda e le figlie Elena ed Eleonora. Mi accolgono nello shop dove c’è un’ampia e luminosa sala degustazione con vista sulla valle e sui vigneti. Siamo ad Aymaville, appena fuori Aosta.

Costantino, Imelda e le figlie Elena ed Eleonora

Ed è proprio qui che più di due secoli fa inizia la storia d’amore tra la famiglia e il territorio. «Tutto ebbe inizio da Bernardin Charrère che si trasferì in zona nel 1750. Qui costruì il primo immobile (ancora oggi esistente) e vi mise un frantoio per noci. Il figlio Etienne proseguì la sua attività ma iniziò a pensare anche all’evoluzione del mercato e alle nuove “tendenze”.

Fu così che gli antenati iniziarono anche la produzione di sidro. Louis a sua volta costruì una macina per frumento, orzo e segale perché il mercato si stava spostando su quella direzione». 

Si arriva dunque all’inizio del secolo scorso con un bagaglio di esperienze agricole non indifferente. Ma qualcosa stava per cambiare. Siamo negli anni 50 e in valle iniziarono ad arrivare oli e macinati anche da altre regioni.

Antoine, padre di Costantino, inizia a capire che il tempo di una nuova evoluzione stava per arrivare. «L’idea di puntare sul vino nacque proprio sul finire degli anni 50. Mio padre andò alla ricerca di vitigni autoctoni molto rari e in via d’estinzione. E ha tramandato questo bagaglio colturale e culturale a me». 

Les Cretes, vinificare in purezza

Les Cretes

Costantino è stato il vero propulsore di questa lunghissima evoluzione. Dopo aver recuperato le uve come la Premetta (Prié Rouge), il Fumin, il Petit Rouge, il Tinturier, inizia a tracciare il percorso. Percorso che porta a Les Cretes di oggi. Selezione accurata delle uve, rispetto per la natura ed il suo ecosistema. E vinificazione in purezza degli autoctoni per dare un sorso vero ed autentico della Val d’Aosta.

Certo la cantina è diventata grande, gli ettari vitati sono circa venti e la produzione annuale si aggira intorno alle 180.000 bottiglie. Ma, come scritto su, il cuore resta quello della piccola azienda, attenta e scrupolosa. 

Ed io non vedevo l’ora di assaggiarli questi autoctoni, conoscevo lo Chardonnay dell’azienda, il Cuvée de Bois che tanto mi aveva incantato. Ma i vini locali volevo assaggiarli e degustarli proprio in cantina, per ascoltare dalla famiglia Charrère storia e caratteristiche. Anche questo aspetto è molto curato, mi siedo e vengo guidato da Imelda, moglie di Costantino, e le figlie. In un percorso di degustazione davvero completo. 

I vini: Rosé Valle d’Aosta D.O.P.

Come detto, ero curiosissimo di assaggiare gli autoctoni e quindi iniziamo subito con un bel Rosé di Petit Rouge. Al calice si presenta rosa tenue, elegante. Naso delicato, fruttato e floreale, note di pesca e melone. In bocca è fresco e di medio corpo, nel finale emerge una bella sapidità. Niente male come inizio degustazione. Infatti è proprio un vino “d’entrata”, da aperitivo, da bere con qualche tartina. Con un antipasto di salumi non troppo speziati o con qualche formaggio di breve stagionatura.

Chardonnay Cuvée de Bois Valle d’Aosta D.O.P.
Chardonnay Cuvée de Bois Valle d’Aosta D.O.P.

Questo è il primo vino dell’azienda che ho assaggiato. Qualche mese prima di partire chiesi consiglio ad un caro amico intenditore. Lui mi consigliò questo vino, lo comprai online e me ne innamorai subito. Piacevolissima conferma in azienda, un vino elegante, complesso e ricco di sfumature. Frutto di un lavoro certosino che parte dalla selezione delle migliori uve, refrigerazione e pressatura soffice a grappolo intero delle uve.

Fermentazione in barriques di rovere francese da 300 lt. Tostate a fuoco vivo e affinamento “sur lies” di 12 mesi nelle stesse, con bâtonnages settimanali. Affinamento in bottiglia di 1-2 mesi

Si presenta al calice di un giallo dorato, un naso fine, aromi di frutta secca, mandorle, nocciola. Dopo qualche minuto emergono note di vaniglia e agrumi. Al palato è una goduria. Sorso pieno, fresco, avvolgente, di buon corpo ed estremamente equilibrato. Le conferme, quelle belle!

Fumin Valle d’Aosta D.O.P.
Fumin Valle d’Aosta D.O.P.

Altro autoctono che non vedevo l’ora di assaggiare, il Fumin è il grande sopravvissuto della viticoltura Valdostana. La sua presenza ora è dovuta al duro lavoro che hanno portato avanti i vignerons della valle per tenerlo in vita. Uno sforzo che ha portato il Fumin ad avere un posto di rilievo tra i rossi locali. Prima come uva da taglio, da qualche decennio a questa parte anche e soprattutto vinificato in purezza. Il suo nome deriva dal colore grigio fumo dei suoi acini, tra l’altro ricchi di pruina.

Si presenta al calice di un colore rosso rubino intenso con riflessi violacei. Al naso frutti rossi, spezie e col passare dei minuti emergono sentori riconducibili al cuoio. Sorso pieno, buon corpo, fragrante e deciso. Possiede una buona persistenza che lo rende abbinabile a piatti importanti e strutturati. Cioè carni rosse e selvaggina, formaggi di media e lunga stagionatura.

Io l’ho bevuto a cena in una trattoria poco fuori Aosta, mangiando la Zuppa Valpellinese, piatto tipico locale con pane di segale, fontina, verza e brodo di carne. Una prelibatezza unica!

Fleur – Petite Arvine Valle d’Aosta D.O.P.
Fleur – Petite Arvine Valle d’Aosta D.O.P.

In realtà il Petite Arvine lo abbiamo bevuto dopo il rosé. Ho voluto descriverlo alla fine per darvi testimonianza del mio personale big climax della degustazione. Certo il Cuvée de Bois e il Niege D’or sono i due Cherdonnay punta di diamante dell’azienda. Ma come mi ha colpito questo Fleur non potete proprio immaginare.

Un vitigno di origine Svizzera ma che ha trovato nella vicinissima Val D’Aosta il suo habitat naturale. Fleur è il risultato di una vinificazione attenta, con grappoli di una piccola parcella nella zona vocata di Montjovet in bassa Valle. Con fermentazione di 12 giorni in acciaio inox a temperatura di 14 °C. Affinamento “sur lies” di 9 mesi.

Al calice si presenta di un brillante giallo paglierino, leggerissime sfumature tendenti al verde. Un naso straordinario, ginestra, fiori bianchi convivono con note di frutta secca e agrumi. In bocca è pieno, ottima acidità ed una discreta sapidità, il finale è lungo ed intenso, lo sento al palato che gira e rigira dopo più di un minuto. Un vino che davvero mi ha conquistato. E se ne sono accorti, proprio in queste settimane,  anche i giudici della guida “Vini Buoni D’Italia” dando a questo vino la Corona come massimo riconoscimento.

Abbinamento facile e a tutto pasto, può reggere anche dei primi piatti non troppo strutturati. Cioè carni bianche, sicuramente pesce e crostacei. Tuttavia credo che abbinato ad un bel tagliere di formaggi locali ci stia benissimo.

Professionalità e amore

La degustazione a Les Cretes finisce in chiacchiera, Imelda mi fa assaggiare altri rossi (e ci sarebbe da parlarne a lungo. Torrette Superiore (davvero notevole!) ed il passito. Elena ed Eleonora ci fanno compagnia spiegando bene tutti i tipi di vini. Insomma professionalità e amore per la propria terra sono caratteristiche che la famiglia ha tramandato sicuramente alla grande. Grazie alla Famiglia Charrere e grazie a Sergio, amico ed orgoglioso Valdostano che mi ha accompagnato a scoprire le meraviglie di quest’angolo di paradiso!

Consiglio di bere i vini della cantina Les Cretes con “Atlas Falls” degli Shinedown in sottofondo. Canzone che ci ha accompagnato per tutta la settimana in valle. (Leggi qui le altre recensioni di Nunc Est Bibendum)